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Bubble
In seguito non si seppe mai se il bambino si stancò del gioco, o se la presa della sua mano paffutella si allentò per errore ma, fatto sta, che Bubble si ritrovò a volare libero nel cielo e a sorvolare il Luna Park, con le sue giostre e i suoi banchetti che vendevano zucchero filato, sogni e altri palloncini colorati uguali a lui.
Pensare che, poco meno di trenta minuti pima, egli non era altro che una vescica di plastica sgonfia, che se ne stava in un cassetto, in mezzo ad altri mille piccoli, flaccidi e colorati suoi fratelli gemelli, stipati alla rinfusa.
Poi, un uomo, perché certi miracoli li possono fare solamente gli uomini, gli soffiò dentro la vita, e disegnandogli con un pennarello due occhi felici e un gran sorriso, così tanta allegria che il filo con cui lo avevano legato, faceva fatica a trattenere.
Il vento di quel settembre inoltrato lo spingeva verso sud, e la brezza, leggero com'era, ci mise un attimo a fargli attraversare la città, e trasportarlo sin sopra i campi, che si stendevano a perdita d'occhio oltre la periferia del centro urbano.
Il sole lo riscaldava e, perciò, Bubble iniziò a prendere quota.
Sin ora aveva faticato a sollevarsi oltre l'altezza dei palazzi e dei condomini di città, e aveva rimbalzato tra finestra e finestra, sinché si era lasciato alle spalle l'abitato.
Bubble era felice.
Dal cassetto in cui l'avevano rinchiuso mai avrebbe immaginato che il mondo fosse tanto bello,
e poi, quando alla nascita ti stampano un sorriso in faccia e la prima cosa che incontri è il sorriso di un bambino... non è che hai tante altre alternative ad essere felice di natura, perché quello è decisamente un bel modo di venire al mondo.
Poi aveva scoperto che l'uomo gli aveva donato la magia del volo e, sin da quando il suo padroncino l'aveva tenuto al laccio per la prima volta, Bubble aveva cominciato a dare piccoli strattoni nel tentativo di salire su su nel cielo.
E ora!!!... che spettacolo!!!
Sotto di lui i campi, gli alberi, le fattorie... più in là un orizzonte così vicino da poterlo quasi toccare.
Sotto quell'orizzonte una sottile linea azzurra... forse il mare.
Mentre Bubble osservava con schietto entusiasmo quell'immensa quantità di meraviglia, qualcosa lo urtò facendolo scaracollare in là di qualche metro dalla sua rotta originaria... poi subito un altro urto, ed un altro ancora, sino a che cominciò a roteare su sé stesso, mentre andava alla deriva.
Uccelli... molti... uno stormo in volo verso sud... i migranti volanti.
Da migliaia e migliaia di anni, senza che nessuno gli abbia chiesto mai un permesso di soggiorno o uno straccio di passaporto, anche se a dire il vero, sono stati spesso presi a fucilate ancor prima di toccare terra.
Da migliaia di anni mai stranieri in nessuna terra, come dovrebbe essere per gli uomini, così come è per i palloncini volanti.
Uno di quei volatili, passandogli accanto gli grida:
- ehi!... pallone gonfiato, chi ti credi di essere? Stai più attento e mantieni la rotta e la quota giusta, per quelli come te, che qui non si scherza. -... Noi abbiamo da Migrare.
- Ma lascialo stare che non dà fastidio a nessuno, non vedi che è un pischello appena soffiato. - disse un altro pennuto che passava di li -
- Si, si... dici bene tu... ma se non stai attento e non gli dai un giro di vite, vedrai come se ne approfittano 'sti cosi. Se ora imparano pure a volare, dopo aver inquinato mari, laghi e fiumi, potrebbero cominciare a farlo persino con l'aria. -
- No no... mi scusi. - balbettò Bubble- Non è mia intenzione intralciare il vostro viaggio e, men che meno, pensare di inquinare il mondo... Io... Io proprio no. È così bello questo nostro mondo che è impossibile volerlo sporcare. -
L'uccello sgarbato lo squadrò un istante, come se di lì a poco volesse replicare, ma, invece scosse solo leggermente il capo e volo via, in direzione di un altro suo simile che percorreva una rotta un po' più bassa di quella del grosso dello stormo, e che si distingueva dai suoi simili per una taglia decisamente ridotta, ed un volo un po' incerto e poco lineare.
Bubble lo guardò ruotando la sua facciona rosso fragola, un poco verso il basso e, mentre ne seguiva la traiettoria, il secondo volatile gli si avvicinò nuovamente e, in tono consolatorio, gli disse:
- Non prendertela, "coso di plastica", Piuma Grigia è in un brutto periodo e ha le sue preoccupazioni, ma, in fondo è un buono e non ce l'ha con te. È per via di suo figlio Piuma Piccola... quello da cui è andato ora. Non è un fulmine di guerra nel volo, e ora poi ha pure una ferita all'ala sinistra e fatica a tenere il passo dello stormo. Piuma Grigia teme che non potendosi riposare un po', possa non farcela a sostenere la traversata che lo attende
- Mi dispiace. - disse Bubble, perdendo per un istante un poco della sua allegria- Vorrei fare qualcosa per aiutarli. - aggiunse, mentre la sua espressione disegnata con il pennarello si modificava da: "un velo di tristezza", a "muble muble... ci rimurgino su", per passare ad un "Eureka... ho tovato!!!" e finire con un sorriso da mezza circonferenza che testimoniava la sua ritrovata allegria.
Poi, senza pensarci due volte, allentò un poco la chiusura del laccio che ancora gli penzolava sotto, e il prezioso elio al suo interno prese a scaricarsi, emettendo un rumorino poco edificante e tragicamente simile ad una rumorosa flatulenza.
Così prese a scendere volontariamente di quota, direzionandosi verso quella parte di cielo dove stavano volando padre e figlio.
- Dove vai? - chiese il terzo uccello che di nome faceva Pennino, e che inizialmente si era scansato, temendo che la pernacchia sonora che aveva emesso Bubble fosse di altra natura. -
- Vado a dargli una mano- rispose Bubble, con naturalezza e senza rallentare la sua discesa.
- Ti ci porto Io. - Replicò Pennino mentre, affiancandolo, stringeva nelle zampe il legaccio e iniziava a trascinarlo- Se vai avanti così, prima che tu riesca a raggiungerli ti sarai afflosciato come un supply mal riuscito. -
Con l'aiuto di Pennino ci misero veramente poco a raggiungere la quota utile per incrociare Piuma Grigia e Piuma Piccola.
Piuma Piccola era veramente allo stremo delle forze, e la sua ala sinistra, ancora ferita, non riusciva ad imprimere delle battute regolari, facendo si che, adagio adagio, il duo si staccasse dalla coda dello stormo e, nel contempo, poco alla volta perdesse di quota.
- Che volete voi due? - chiese in malo modo Piuma Grigia, quando si accorse dell'arrivo di quella coppia improponibile.
- Io nulla, -. Rispose Pennino- ma il "Coso di plastica" pensa di potervi aiutare. -
- E come pensa di poterlo fare, 'sto genio di un pallone gonfiato? -
In tutta risposta, e mentre Pennino faceva spallucce, per palesare il fatto di non saperne un accidente di niente, Bubble invece si avvicinò a Piuma Piccola e, grazie ad un'altra piccola pernacchietta, con un movimento rapido, riuscì a far passare il suo laccio intorno alla vita di Piuma Piccola che, come per incanto riuscì a rimanere sollevato in aria con il minimo sforzo delle sue ali.
- ... E Per mille piume da giacca a vento e mille penne stilografiche!!- esclamò Pennino- Ma guarda tu che genialata t'ha pensato 'sto figlio del silicone!!-
- Guarda Papà! Guarda ora come volo in alto e veloce! - gridò Piuma Piccola, che prese con entusiasmo a svolazzare all'impazzata su e giù, trascinandosi dietro a rimorchio un divertitissimo Bubble.
Piuma Grigia non era certo la rappresentazione ornitologica dell'espansività, ma non era certo difficile capire che, sotto alla sua onomatopeica grigezza, si sentisse felice e grato per quell'inaspettato aiuto.
Certo... a volte è difficile ammettere di aver avuto torto, e di essere stato prevenuto e scortese, ma gli uccelli, a differenza degli umani, sono noti per l'autocritica e la riconoscenza e, anche Piuma Grigia, non ne faceva difetto, perciò senza indugiare disse:
- Grazie "coso gonfiabile" o come accidenti ti chiami. Ci sei stato di grande aiuto e hai sacrificato un po' di te stesso, senza pensarci due volte, per darci assistenza, anche se ti avevo trattato con sgarbo. Ti sono riconoscente e grato. - e sottolineò queste sue parole con un leggero reclinamento del capo a mo' d'inchino.
- Puoi chiamarmi Bubble, amico pennuto. - replicò il palloncino - Non c'è di che. Mi pare così naturale dare una mano a chi è in difficoltà, che il tuo ringraziamento, per quanto gradito, mi pare superfluo. Mi basta avere la tua amicizia per essere abbondantemente alla pari. -
- Ci vorrebbero più pensieri come questo tuo, nel mondo. - replicò Piuma Grigia - Il rispetto e la gentilezza fanno parte di un circuito chiuso. Più né dai e più ne ricevi, ma se non sei capace di darne, si innesca un degrado progressivo della convivenza, ed è importante che qualcuno, prima o poi, riesca a spezzare questo ciclo vizioso come hai fatto tu, rispondendo al mio disprezzo con il tuo amore. -
Così Piuma Grigia insieme a Piuma piccola, sempre appeso al sostegno fluttuante dell'elio di Bubble e aggrappato a quello altrettanto utile del sorriso del palloncino, accompagnati dal fido Pennino, percorsero quel pezzo di strada, che va da dove ci si è incontrati a dove si può arrivare viaggiando insieme.
In quel caso, sino ad una vasta prateria di erba altissima, dove un vento contrario e cattivo sconsigliò il volo della coppia uccello-palloncino, per via dell'eccessiva fatica che sarebbe toccata al pennuto per trascinare l'altro, opponendosi al vento.
Così lo stormo fece una sosta al limitare della prateria, giusto prima di attraversarla ed arrivare al mare.
Nel frattempo, comunque, Piuma Piccola era completamente guarito e, ora, se la sarebbe potuta cavare egregiamente da solo.
Venne quindi il tempo dei commiati.
- Ciao Bubble. - dissero quasi all'unisono Piuma Grigia e Piuma Piccola, mentre uno piangeva, e l'altro provava orgogliosamente a non farlo, e provate Voi a indovinare chi dei due fosse. - Non ti dimenticheremo mai. Ci spiace tu non possa proseguire il viaggio con noi. Non vorremmo lasciarti qui da solo, ma, e tu lo sai, non possiamo sfuggire al nostro istinto di migrare, fa parte della nostra natura. -
- No, no... tranquilli, lo so bene, me la caverò, e sono convinto che prima o poi ci rincontreremo, magari quando ritornerete alla prossima primavera. - rispose Bubble sempre ottimista
- Penso di avere un'idea. - disse Pennino, interrompendo quel malinconico salutarsi- Ho una conoscenza in questa zona che, forse potrebbe farti compagnia e magari, da questa, trarne reciproco beneficio. -
- Spero stia ancora da queste parti. Ora vado a vedere se lo trovo. - aggiunse alzandosi in volo
Volò avanti e indietro lungo il bordo della savana, effettuando piccole planate sino a sfiorare la sommità delle erbe più alte.
Durante una di questa planate, sembrò aver trovato qualcosa e, dopo una breve sosta, lo videro ritornare.
- Si... l'ho trovato... sta ancora qua. - disse Pennino, appena poggiate le zampette sul ramo più basso del faggio sotto il quale avevano fatto sosta- Devo dire, per essere sincero, che non è che sia poi così entusiasta di avere la tua compagnia. - aggiunse poi, rivolgendosi direttamente a Bubble.
- E perché mai? - chiese Piuma Piccola esternando la sua perplessità che era poi la medesima di tutto il gruppo.
- Per le stesse ragioni che aveva tuo Padre, prima di conoscere meglio Bubble.- rispose Pennino - dice che non gli piacciono i "cosi di plastica", perché non si sa bene di cosa sono fatti, che inquinano, che sono dannosi e portano malattie... mah?... un po' come la pensano in tanti, insomma... come sempre, quando non sai o non conosci, avvicini le cose con paura e pregiudizio, e se poi qualcuno inizia a parlarne male, per partito preso o per altre ragioni magari non proprio sincere, diviene inevitabile, per chi non ha voglia o tempo, o non ha modo di avere più informazioni, che tutti i problemi si pensa debbano per forza dipendere da quel che non conosci. -
- E tu?... gli hai spiegato invece come stanno le cose? - replicò Piuma Grigia - sei riuscito a fargli capire che non è proprio così? -
- Certo che c'ho provato. ribatté Pennino- Gli ho fatto presente che, Io stesso, ho visto "Cosi di Plastica " simili a Bubble, salvare le persone malate, aiutandoli a respirare quando non riuscivano più a farlo da soli, e altri oggetti, diversi ma della stessa natura, diventare arti artificiali per consentire, a chi li aveva persi, di camminare di nuovo, oppure piccole lenti da mettere negli occhi, per far vedere la bellezza del mondo, con tutti i suoi colori, ai bimbi che non vedevano quasi nulla... Insomma ho cercato di fargli capire che, usata bene, anche la plastica può essere utile. Gli ho spiegato, per fargli un esempio, che grazie alla plastica, ed alle sue varie applicazioni, si è potuto produrre beni necessari al mondo, senza usare le materie che precedentemente si ottenevano dagli animali, come il cuoio, il pellame, gli oli e i grassi, risparmiando così la vita di innumerevoli esseri viventi, Gli ho anche raccontato di come Bubble ha aiutato Piuma Piccola, quando era in difficoltà, ma è rimasto ancora prevenuto. Spero che conoscendo Bubble di persona possa ricredersi. -
- Ci proverò. - disse Bubble - Andiamo ad incontrare 'sto... come hai detto che si chiama? - chiese poi, mentre si rivolgeva a Pennino, che in risposta disse:
- Otto... si chiama Otto, ed è un cane. Più o meno un Pastore Tedesco. -
- Ha, ha... Hi, hi...- ridacchiò Bubble (se i palloncini ridono così, non è mica colpa mia) e che poi aggiunse- Il Cane Otto... UN CANOTTO!!!... E ci credo che poi non gli piacciano i cosi di plastica... Ci credo sì! Un nome così gli deve sembrare una presa per il... per la coda. -
- Buona questa!!- sbottarono all'unisono Piuma Grigia e Piuma Piccola, che intanto salutavano, con un cenno d'ala, Bubble e Pennino che, nel frattempo avevano iniziato ad allontanarsi.- Ciao... Ciao Amico... ciao ciao!!- lo salutavano e, solo allora... mentre il palloncino rosso si allontanava da loro, videro che, probabilmente, sgonfiandosi un poco per poterli aiutare, la figura di Bubble ora aveva assunto la forma di un cuore... un piccolo cuore color rosso fragola che padre e figlio avevano imparato ad amare-
Quando arrivarono all'accampacuccia di Otto lo trovarono che abbaiava isterico alle erbe alte, nell'ipotetica direzione in cui, una volpe, se ne era scappata, dopo averlo derubato del mezzo wurstel e del tozzo di pane che il cane si era procurato saccheggiando i bidoni dell'immondizia dell'autogrill.
- Bau Bau!! Maletetta latrona... sì... sì... latrona- abbaiava il povero cane che aveva un difetto di pronuncia della lettera D e della V, che, puntualmente, sostituiva con la "T", e la "F", e che, insieme a una dizione molto cruda della "C", simile a una Kappa, e qualche "Sì, Sì" sparato a casaccio, dava un'inflessione vagamente teutonica al suo modo di parlare - Io kreto ke, quanto io ti akkiappo, tu farai taffero una brutta fine... si.. si brutta fine- urlava all'erba alta, senza ottenere risposta.
- Che ti succede amico cane? - Chiese Bubble, appena i latrati ebbero una pausa e, dopo che, nel frattempo, aveva salutato Pennino, che, vista l'isteria del momento, aveva deciso di andarsene, salutandolo frettolosamente. -
- Tu defi stare buono e trankuillo... sì... si... ke atesso Io tefo spafentare la folpe, poi fengo a parlare kon te... si. - Rispose Otto un po' riOTTOso - e poi non kiamarmi amiko, che io non sono amiko... vero si... tei "kosi ti plastika". -
Dopo duecentosettantun abbaiate, ventisei ululati e quattro minuti di ringhiate all'erba, condite da qualche corsetta avanti e indietro e a destra e sinistra, Otto, dando un'ultima occhiata di sdegno verso un punto imprecisato nel folto dell'erba, smise la sua esibizione Can... ora e, avvicinandosi a Bubble disse:
- Ora tu koso gonfiato stammi bene a sentire... si. - disse guardando Bubble in cagneso(bah???) - l'uccello Pennino è un mio grante amiko e mi ha kiesto il favore di tenerti kon me. Bene si... si. Però a me i Kosi come te non piacciono, perkè mi rikorto ke miei patroni umani ticevano ke la plastika è tannosa e inquina il nostro ferde monto, ed Io so ke è fero, fero si perkè nel mio fiaggio sin qui, vero... si... ne ho vista tanta ti plastika, lungo le strate, nei fiumi... buttata in giro ofunkue.-
- Mi spiace se tu pensi questo di me. - replicò Bubble senza perdere il suo sorriso - ma Io non ho colpa di questo. -
- Tutti ticono di non afere colpa ti nulla, ma intanto il monto è sempre più sporko, e questo è fero si... si. - sb... ottò Otto. (riBah???)
- Va bene. - disse bubble cercando di non agitare il suo interlocutore che sembrava essere soggetto a prendere fuoco un po' troppo facilmente- Hai ragione Otto. Ne parleremo con più calma durante il viaggio che, a quanto pare stai intraprendendo, e che dovremmo fare insieme. -
- Si fiaggio!!! Fiaggio... che accidenti di fiaggio... sono sei mesi ke sono inkiodato qui al limitare del grante mare t'erba. - sbraitò Otto che pareva fatto apposta per far Cas... Otto. - Ho davanti a me questa immensa distesa ti erba, e non veto da ke parte defo antare.. non veto niente... si. Ogni folta ke profo ad attrafersarla, alla fine... si, senza akkorgermene... si... si, faccio un girotonto e mi ritrofo alla partenza. -
- Ma... alla fine, dov'è che dovresti andare? - chiese Bubble, interrompendo il cane nel suo frenetico straparlare
- Tai miei Kari patroni. - rispose Otto, con una faccia sorpresa al limite dello stupore- tefo ritrofarli... li tefo ritrovare... si... si... non li rifeto più ta quanto mi hanno rapito all'autogrill dell'autostrata e saranno certamente in pensiero per me, molto in pensiero.. certo ke si.-
- Ti hanno rapito??- domandò il palloncino con una faccia ancor più sosrpresa, e ben oltre il limite dello stupore. - Ma chi è stato? ... e perché poi? - aggiunse come logica domanda conseguente.
- Non lo so e... non lo so.- rispose Otto con rabbia - Io ero lì ke Stavo tormento... si... sul setile posteriore tell'auto... si... si... tei miei patroni, e mi hanno infilato ti sorpresa in un sakko, poi mi hanno scarafentato giù dall'auto e, quanto mi sono liberato, non c'era più nessuno... fero ke si! -
La faccia perplessa di Bubble divenne ancor più perplessa, e il suo stupore divenne presto ben più che stupore, passando rapidamente al dubbio, che divenne subito ben più che dubbio, sino a trasformarsi in sospetto e poi... in ben più di un sospetto.
- Scusa Otto. - disse Bubble, mentre il cane faceva avanti e indietro a velocità forsennata, abbaiando a casaccio. - Tu mi stai dicendo che te ne stavi a dormire tranquillo sul sedile dell'auto e, all'improvviso, qualcuno, ha aperto la portiera... ti ha infilato in un sacco, e ti ha rapito senza che i tuoi padroni se ne accorgessero?... ma per caso erano scesi dall'auto e si erano allontanati? -
- Ha tire il fero no...- disse Otto arrestando di colpo la sua corsa, e prendendo in prestito quell'espressione più che sorpresa, che diventa sospetto, che poco prima aveva assunto il palloncino- Erano già tornati tall'autogrill, e stafamo quasi per ripartire... si. Rikorto che, stranamente il Patrone maskio si setette akkanto a me e, attirittura mi fece una karezza. Kosì io mi attormentai felice... molto felice si. -
Il ricordo di quella tenerezza gli trasformò il ringhio in un sorriso, e suoi occhi irosi gli divennero teneri.
Ma ormai il dubbio si era insinuato ed ora, i fatti, liberati dal velo dell'illusione, e dell'amore incondizionato per i suoi umani, apparivano più chiari e dolorosamente tristi.
- Ora ke ci penso... mi rikorto ke il sakko tove mi hanno rinkiuso, stafa già sul setile... si, si è fero ke si... e non mi rikorto infece ke qualkuno aprì la portiera prima ti infilarmici tentro...- ormai l'espressione di Otto non era più né perplessa né dubbiosa, e il sospetto si stava trasformando in una atroce certezza
La faccia del povero cane era quanto più addolorata si possa pensare... così addolorata che a guardarla, non si poteva far a meno di coglierne l'infinita tristezza, l'enorme delusione... la stessa tristezza e delusione... lo stesso dolore e sconforto, che si mescola con la paura e la disperazione... la stessa faccia terrorizzata che hanno tutti quei cani che, come Otto, uscendo da un sacco dove pensano di essere stati rinchiusi per gioco, scoprono che, invece, sono stati traditi da chi amavano più di ogni altra cosa al mondo... ed ora sono soli e abbandonati, come immondizia lungo il ciglio della strada.
- Mi sa che ti hanno abbandonato. - disse Bubble, con disarmante schiettezza
- Mi sa anke a me... è fero si. - rispose Otto, mentre una lacrima gli spuntava nell'angolo dell'occhio destro
Il cane restò poi un attimo in silenzio. Si diresse verso ciò che restava di una vecchia cassa di legno, che stava buttata in mezzo all'erba... raccattò con i denti un ramoscello nodoso e, con uno sguardo infinitamente triste, si accucciò sul legno marcio della cassa, e restò così, immobile, sinché giunse la notte e si addormentò.
- Buon giorno, - disse Bubble quando un bel sole venne a svegliarlo, oltrepassando con i suoi raggi caldi la sommità dell'erba alta- Come stai oggi? - Chiese poi, rivolgendosi nuovamente ad Otto che, nel frattempo, aveva aperto un occhio
- Meglio... si. - rispose Otto- Sono ankora un po' triste, ma in kompenso mi è fenuta una gran fame. -
Il cane si stiracchiò ben bene e, poi, sporse il muso peloso dietro alla cassa, come fosse alla ricerca di qualcosa.
- Quà ci tofrebbero essere ankora un paio di pagnotte... si... si, ed anke un pezzo di wursel ke ho naskosto prima che me lo fregasse la folpe... mi ricordo si... Però... accidenti... accidenti... non li trofo. - disse ancora Otto, mentre nelle parole e nel suo cercare sempre più agitato, si evidenziava una crescente preoccupazione
- Non sono più li. - disse Bubble, interrompendo la fenesia di Otto- Ho spostato tutto io stanotte, mentre dormivi. -
- E perkè l'hai fatto!?- domando contrariato il cane- kome ti sei permesso di tokkare la mia roba? -
- Stanotte è venuta la volpe. - rispose semplicemente il palloncino - Voleva rubarsi tutto, ma io ho nascosto bene il cibo, e poi, siccome si sa che le volpi sono delle fifone, gli ho fatto una delle mie pernacchiette che assomigliava a un colpo di fucile, e così è scappata a gambe levate. -
Il pastore tedesco non è l'espressione cinofila dell'espansività ma, come gli uccelli, e a dir il vero, anche, i gatti, le scimmie, gli orsi, i lupi, gli agnelli, le mucche, i cervi, i tassi, i delfini, i koala, i canguri, i formichieri, gli ornitorinchi ecc ecc, e quindi praticamente tutti gli animali della terra, e a differenza degli umani, anche i cani sono noti per l'autocritica e la riconoscenza e, anche Otto, non ne faceva difetto, perciò senza indugiare disse:
- Grazie "Bau-bble" o kome accitenti ti kiami. Mi sei stato di grande aiuto e hai sakrificato un po' di te stesso, senza pensarci tue folte, per aiutarmi, anke se ti avevo trattato con sgarbo. Ti sono riconoscente e grato. - e sottolineò queste sue parole con un leggero reclinamento del capo, a mo' d'inchino... e propinandogli una vigorosa leccata, che gli cancellò un pezzo dell'orecchio che gli avevano disegnato col pennarello
Il palloncino scoprì così che Otto, per i suoi problemi di dizione, non riusciva a pronunciare correttamente il suo nome e, così, per tutto il tempo in cui poi proseguirono insieme, il cane continuò a chiamarlo Bau-bble.
Così i due si misero in viaggio insieme, con Otto che procedeva attraversando l'erba alta davanti a sé, e Bubble legato alla punta della sua coda, che innalzandosi il più possibile, sino a sovrastarne le foglie più alte, gli indicava la direzione da prendere.
Era ormai qualche giorno che camminavano insieme e, quel non avere un orizzonte da inseguire, faceva si che i due si avvicinassero l'un l'altro, prendendo a conoscersi sempre più intimamente, sino a che il tutto non sfociò in una sincera amicizia.
Al tramonto di uno di quei giorni, Bubble chiese ad Otto:
- Senti "Quattro Per Due". - usando quel nomignolo con cui, da quando erano diventati amici, ogni tanto lo chiamava- Mi spieghi perché, Tu e tanti altri odiate così tanto noi "Cosi di Plastica"? -
- A tire il fero me lo hanno insegnato i miei patroni, ke ticevano ke foi "kosì ti plastika" siete tannosi, è fero ke si... ke inquinate e ke sporkate il monto... siete antati tappertutto, nei boski, nei fiumi nei laghi e nei mari. Sono tutti pieni di bottiglie e ti skifezze di plastika... e questo è ferissimo ke si-
Il palloncino restò un attimo in silenzio, mentre il disegno della sua faccia fatto col pennarello, mutava espressione, inseguendo le reazioni allo sviluppo del suo ragionamento.
Poi, con una semplicità e un'ingenuità disarmante, fece una domanda apparentemente assurda:
- Otto, scusa, Io no, ma Tu, hai mai visto una bottiglia con le gambe? -
Ke fuoi tire? - chiese in tutta risposta il cane, un poco sorpreso dalla strana domanda
- Che se le bottiglie non hanno le gambe, Io non capisco come facciano ad andare in giro per il mondo. - rispose il palloncino Bubble, con una faccia da "Mubble?? Mubble??"
- No... non ho mai fisto una bottiglia kon le gambe.- rispose Otto con un'espressione di chi, comprendendo improvvisamente ciò che mai avrebbe voluto comprendere, passa istantaneamente dallo sgomento al rassegnato.- Mi sa ke qualkuno ce le ha buttate... fero ke sì?.-
- È un po come è capitato a te "4 Per Due". Ribatté il palloncino-
- Scusa...???- rispose Otto a mo' di domanda
- Volevo dire che anche tu sei stato buttato in mezzo alla strada, ma non è mica colpa tua... è stato qualcun altro. -
- Questi kattifi umani! Sono stati loro! E questo è molto più di Fero si. - esclamò Otto in tutta risposta e con delle nuove e più vere, anche se tristi, convinzioni nel cuore. - Non si può aver fitucia ti quei tratitori. Sanno solo tire menzogne. Non mi fiterò mai più di loro... e questo lo giuro si.
- Ma no, dai. - commentò Bubble- Magari non sono tutti proprio così cattivi come pensi tu. -
I due continuarono a camminare nella savana dalle alte erbe, ancora per qualche giorno, poi, Bubble, scrutando in lontananza, vide una lunga fila di alberi disposti orizzontalmente, che tracciava il limite dell'erba selvatica.
Dopo un altro po' di cammino, i due amici sostarono proprio sotto ad uno degli alberi più grandi di questa lunga fila, oltre la quale si stendevano sterminati campi di grano.
Ora, fino a questo punto della storia, abbiamo sentito parlare alcuni uccelli, un palloncino e un cane, mentre la volpe non ha avuto il tempo di fermarsi a far quattro chiacchiere, perché se n'è dovuta scappare ma, avrebbe parlato pure lei. Quindi... in una favola così strampalata, non vorrete mica pensare che l'unico a non saper parlare fosse l'albero?...
Infatti, anche lui parlò.
Non appena i due amici arrivarono a tiro della sua voce bassa da tenore, disse loro, con un bel po' di ironia:
- Ma guarda che razza di duo!... ah... certo che fate proprio una bella coppia voi due. -
- Sei bello Tu, Kafolo ti un albero. - rispose acido Otto che, essendo originario di Bergamo, era sempre ruvido e aspro come un Bergam-otto
- Certo che sono bello! - rispose con sicurezza la pianta - Io sono un FICO! - e ciò... in ogni caso, chiuse qualsiasi altra discussione possibile
Quando si furono presentati ed ebbero raccontato un po' della loro avventura, Bubble, che era sempre un curiosone, rivolgendosi al grosso albero, che stranamente si chiamava Nico (e che fantasia!! 'sti alberi.), gli chiese perché mai lui e i suoi simili, se ne stessero tutti li, in fila, tra la savana e i campi.
- Siamo i superstiti. - rispose Nico- Siamo gli ultimi rimasti di quella immensa foresta che, un tempo, si stendeva al posto di quella grande savana che avete attraversato. -
- Davvero??- Disse incredulo Otto- Davvero eravate così tantissimi tanti si??- e mentre formulava la domanda, aveva solcato con lo sguardo quell'enorme vastità, che un tempo era coperta dalla foresta
- Eravamo centinaia di migliaia... c'era un mondo verde di foglie e frutti, che si stendeva a perdita d'occhio. - rispose l'albero con un velo di malinconia nella voce.
- Che accadde? - chiese Bubble, con un sincero smarrimento che gli strizzava il cuore- dove sono finiti tutti gli altri... che gli è accaduto?
Li hanno abbattuti... fatti a pezzi e bruciati. Ne hanno fatto mobili e sedie, tavoli e persiane, barche e pontili... li hanno usati in mille modi, fino a quando non siamo rimasti che noi soli- e mentre raccontava quegli accadimenti, lontani nel tempo, e che avevano provocato quell'immane disastro, qualcosa di simile ad un pianto sommesso, faceva stillare gocce di resina appiccicosa dalla sua ruvida corteccia.
Il Fico stava piangendo!!??... passi il Salice... ma un Fico Piangente non si è mai visto.
Eppure la si poteva quasi toccare quell'infinita tristezza che pervadeva quella fila interminabile di alberi solitari.
Quegli alberi che erano arrivati sin li attraversando le ere della terra.
Attraversando il Tempo in cui, i loro simili, quella stessa Terra, l'avevano ricoperta, nutrita, colorata, popolata in lungo e in largo, da oriente ad occidente e dai Monti alle Pianure... come solo gli unici veri signori e padroni del Mondo avrebbero potuto fare e, poi, alla fine del loro viaggio, dopo quella favolosa e interminabile epopea, si erano voltati indietro e non avevano più visto nessuno, ritrovandosi soli, in fondo in fondo al loro doloroso ricordo, e innanzi ad un futuro che non li avrebbe mai più previsti come attori principali.
- E voi? Come ve la siete cavata? - chiese Bubble, che aveva l'innata capacità di formulare sempre quella domanda che tutti avrebbero voluto fare
- Siamo stati fortunati. - rispose Nico. - Non è mica stato merito nostro se l'abbiamo scampata, non è che noi alberi siamo famosi per essere particolarmente sfuggenti, o essere dei lottatori accaniti. Per opporci, si... Per opporci ci opponiamo, ma non è che ci mettiamo a far caciara... al massimo facciamo presidio. Per fortuna accadde che, all'improvviso, gli umani, scoprirono che con altri materiali, come la plastica e l'alluminio, si potevano costruire mobili e oggetti di ogni forma e colore, che costavano di meno, e quindi, in fin dei conti, che non era poi così necessario abbattere tutti gli alberi della terra... bontà loro. -
- Ma guarda! - esclamò Otto- Guarda se i parenti del mio amiko Bau-bble... in fin della fine si va a finire, ke in fonto in fonto ti tifentano tegli eroi... è questo e feramente ferissimo che è fero ke si... e questa non me l'aspettafo. - (lasciate perdere che Otto si era emozion-otto così tanto che sembrava arrivato a Nove, ma non riusciva più a mettere insieme un discorso sensato che fosse uno per arrivare a Dieci. Così alla fine, per non saper né leggere né scrivere, e infatti era analfabeta e per giunta aveva una brutta calligrafia, perché scriveva da cane, aveva parlato di b-Otto ma ne era uscito solo un 40rant'Otto... in pratica aveva dato i numeri.)
- Te lo avevo detto, amico peloso, che ogni cosa nel mondo può essere buona o cattiva a seconda dell'uso che se ne si fa.
Quella sera andò via così... con il vecchio Fico che raccontava e raccontava... e raccontava, Bubble, che, appigliato ad una radice, non smetteva un attimo di guardare un mondo che continuava inspiegabilmente a non volerlo, con quei suoi due dolci occhi, disegnati in mezzo al suo testone rosso fragola, che, proprio perché erano stati disegnati, egli non era in grado di chiudere, ma... in fin dei conti... anche se avesse potuto... per quale motivo avrebbe dovuto smettere di guardare?
E poi c'era Otto, con la lingua stesa fuori ad asciugare, e questo forse poteva spiegare perché ogni tanto si incantasse o funzionasse male, ma il suo cuore no... quello funzionava proprio bene.
Talmente bene che, se avesse cercato con cura, proprio in fondo in fondo... in quei posti dell'anima un po' dimenticati, ma in cui, ogni tanto, ti ritrovi a passeggiare.
In quei posti, dove quasi ormai non cerca più nessuno, in quei posti dove, a volte, butti gli affetti che ti hanno tradito e che vuoi dimenticare... proprio in quei posti lì... Otto ci avrebbe trovato, con il suo naso da segugio... nonostante tutto... un pezzo d'amore.
Il mattino dopo Otto e Bubble lasciarono la fila dei superstiti, e proseguirono il loro viaggio addentrandosi nei campi.
Erba o grano, erano la stessa identica cosa, per Otto.
Anzi, ad essere precisi, occorrerebbe ribaltare il concetto di quanto desunto sin ora...
Forse, prima, non è che fosse l'erba ad essere alta, così come non lo è, ora, il grano, forse è Otto ad essere Basso... un BASS-Otto.
Comunque, erba alta alta o grano lungo lungo, la giornata era spettacolare.
Il cielo pareva colorato con l'uniposca e il grano si era mangiato tanto di quel sole, che quasi scottava in quello splendore giallo.
Bubble faceva da vedetta sul ciglio delle spighe, a guadare il là... verso quel che li aspettava.
Otto lo seguiva a passo lento, svincolandosi come un serpente dall'abbraccio degli alti steli che si contorcevano alla base.
Ogni tanto scartava in una corsetta isterica all'indietro.
Ogni tanto faceva un balzello, per provare ad acchiappare un moscone, e poi brontolava e bofonchiava, bofonchiava e brontolava, scartava, correva e borbottava, saltava, bofonchiava e correva... insomma... nulla di realmente intelligente, proprio come un buon cane dovrebbe fare... bofonchiare, saltare, scartare, correre e brontolare... null'altro... ah!... che vita meravigliosa.
Erano arrivati nei pressi di una graziosa fattoria dal tetto rosso e dalle pareti di legno appena verniciate.
Pareva una di quelle immagini pubblicitarie dei pastifici, con le sue staccionate perfette, la stalla tutta in ordine, il fienile, il recinto con le mucche, il pollaio, l'orto dietro la casa dove stava anche la rimessa con gli attrezzi, il trattore e tutti macchinari per lavorare i campi.
Ed evidentemente tenevano lì anche la trebbiatrice, perché, con un rumore fragoroso la sentirono avviarsi nella rimessa, per trasferirsi poi a compiere l'unico dovere che dovrebbe compiere una mietitrice che si rispetti, e cioè mietere.
Otto capì subito che c'era qualcosa che non andava per il verso giusto, perché Bubble, per lo spavento e la sorpresa, aveva ammollato una pernacchietta, e facendola seguire da un "OH!... OH!
che non faceva presagire nulla di bono.
- Ke succete?- domandò Otto, come sempre già agitato- Nulla ti buono fero, quanto tu suoni tua trombetta.. e fero si?.-
- Si si... proprio niente di buono... mi sa che è meglio che ti trasformi in 4&4Otto se vuoi riuscire a tenere intera la tua pelliccia. - gli rispose il Palloncino mentre a tutto gas cercava di invertire la direzione
- Kosì brutta? - domando il cane, subodorando un grosso grosso guaio
- Bruttissima!!!- urlò Bubble, scappando all'impazzata
Ormai la fiducia nel suo amico plasticoso era totale, e quindi, al povero Otto, non restò di meglio che piroettare su sé stesso, premere le zappette sul terreno, e prodursi in una di quelle sue proverbiali sgrattate degne di Lewis Hamilton.
Purtroppo però fece cilecca... e la sua corsa finì prima di cominciare.
Una radice di frumento contorta, in cui aveva posto erroneamente il piede, si era attorcigliata strettamente attorno alla sua zampetta, con il risultato di trasformare una splendida e liberatoria "Sgommata Canina" in un tragicomico ruzzolone, con tanto di legaccio vegetale strettamente legato alla caviglia... completamente bloccato!
La trebbiatrice ormai incombeva, e il rumore assordante copriva tutti suoni della natura, copriva i latrati disperati di Otto, che tra breve sarebbe diventato uno Spag-Otto.
Copriva il muggito delle mucche che tornavano alla stalla, copriva anche le pernacchiette e la voce di Bubble che urlava al Fattore che stava là, sulla mietitrice.
Ma, il Fattore, Bubble non lo sentiva, perché i fattori non sanno sentire le voci delle favole, ma, il Fattore, non sentiva neppure l'abbaiare di Otto, che era nulla, di fronte alla voce della mietitrice... ma, allora cos'è che sentono 'sti Fattori? ... Si domandava Bubble... cos'è che sentono? ... non sentono nulla?... e allora, disperato, pensò: "ah! Si, e allora ti faccio vedere Io!".
Così quell'impavido palloncino, spernacchiettando più forte che poté, sfuggì alla presa disperata di Otto che, impaurito, lo stringeva a sé.
Scavalcò d'un balzo, manco fosse un pallone da calcio, le spighe di quel grano maturo, di quel bel giorno di fine estate, e si parò... rosso come una fragola e sorridente come il sole, in faccia a Quel Fattore sordo, che non sapeva ascoltare la voce delle favole.
Il rumore cessò come per incanto.
Di nuovo le cicale, di nuovo il rumore del vento e il canto degli uccelli... di nuovo quell'abbaiare sciocco e spaurito di quel povero cane tra le spighe di grano.
Bubble non si accorse neppure che stava precipitando.
Una pagliuzza di grano sparata dalla trebbiatrice lo aveva preso in pieno.
Crollò atterra, proprio sotto al muso di Otto, che lo guardava con sgomento.
- Bau-bble!.. FFhh!!... Ffhhh!!- gridava, mentre, soffiandoci dentro, cercava disperatamente di rigonfiare il suo caro amico - Bau-bble!!! FFFhhh!! ... amiko mio tu non defi antare. Tu resta resta kon tuo amiko Otto!!!-
Il palloncino era orma "magrissimo" e la sua voce era ormai poco più che un bisbiglio, però quello straordinario sorriso era ancora tutto là.
- Non fa nulla Otto... non fa nulla. - disse quasi illuminandosi di grazia- la mia è stata una vita meravigliosa, tanto quanto ad un palloncino non sarebbe mai stato dato sperare. Sono nato portando felicità. Ho visto il mondo, con la sua meraviglia. Gli uccelli sono stati miei amici ed ho volato con loro sino quasi al sole. Ho visto gli alberi e mi ci sono riposato. Ho conosciuto Te ed ora so cos'è l'amicizia... quando si è un palloncino, cosa mai si potrebbe chiedere di più? -
- Karo amiko mio... Io ti foglio bene... giuro ke si. - disse Otto che ormai non tratteneva più le lacrime
- Lo so, 4x2... lo so, ma ora devi farmi un grande favore- disse il palloncino al suo amico cane.
- Kosa? - chiese Otto
- Fai la cosa giusta e buttami nella raccolta differenziata. - e, prima di sgonfiarsi completamente, con orgoglio, aggiunse - Reparto plastica. -
Otto, stava li... in mezzo al grano... e non abbaiava più.
Il sole era sempre quello spettacolare di quel meraviglioso settembre.
I campi erano lì... Anche gli alberi, con tutta probabilità, erano ancora dove li avevano lasciati... quasi certamente, anche la volpe, sarebbe stata da qualche parte, lassù, più a nord.
Però Bau-bble non c'era più, e questo gli faceva male.
Il Fattore era sceso dalla trebbiatrice e aveva con sé suo figlio.
Era lui che aveva sentito una voce strana, poco fa, come quella dei folletti... e aveva fatto fermare la trebbiatrice.
- Bello questo cane Papà. - gli disse, rivolgendosi al Fattore
- Ti piace? - domandò l'uomo, mentre raccattava Otto per la collottola.
- Si. - rispose il bambino - Possiamo tenerlo?
Il Fattore soppesò quel mezzo botolo, e decise che non fosse né troppo brutto né troppo pericoloso, per poter diventare un problema, e quindi, rispose "Si."
- Portalo a casa, dagli una pulita e una ciotola di cibo. Domani gli faremo una cuccia, però, prima, levagli dalla bocca quell'inutile pezzo di plastica. -
Otto sapeva che il Fattore non poteva rendersi conto di quanto fosse lontana da lui la verità, ma, se avesse potuto, gli avrebbe volentieri lasciato i suoi denti nel posteriore.
6 mesi dopo
Otto camminava distratto al fianco del padroncino che, a sua volta, stava attaccato attaccato a quel marcantonio di suo padre.
Otto aveva scoperto che, quel rude Fattore, non era poi così rude e che, indubbiamente, era un buon padrone, che aveva sempre una carezza per il suo buffo cane, ma, cosa anche più importante, era veramente un buon padre, che si prendeva sempre un po' di tempo da dedicare a suo figlio.
Quella volta lo aveva portato alla fiera...
Al ragazzo piaceva un sacco la fiera... con i suoi colori, i suoi giochi e la sua musica.
Anche ad Otto piaceva molto, e poi, a lui, in fin dei conti, bastava solo stare col ragazzo, brontolare, bofonchiare, scartare e correre un po', per essere felice.
Stavano passando in mezzo ai banchetti del mercato, e Otto annusava felice qualsiasi cosa che gli arrivasse a tiro.
Ora ad esempio aveva infilato il muso dentro ad un banchetto di un ambulante, dove sotto c'erano, abbandonate, delle grosse ciabatte odorose... una vera leccornia.
All'improvviso, una voce, che avrebbe riconosciuto tra altre mille, lo raggiunse piovendo dall'alto.
- Ciao Quattro per Due! -
Otto tolse velocissimamente il muso dal morbido delle ciabatte... guardò in alto, dalla parte del sole e... in controluce, sullo sfondo azzurro del cielo, vide qualcosa color rosso fragola, ed allora esclamò:
-Questo si ke si dice, feramente, Riciclo... fero ke si. -
Era il banchetto del venditore di palloncini.
Fine
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