Mi sono reso conto da molto tempo che il confine tra credente, agnostico e ateo è molto più vago e indistinto di quanto credessi al principio. La definizione di ciascuno dei 3 concetti varia a seconda dell'angolatura dalla quale vengono esaminati. A mio giudizio queste angolature sono riducibili a due: quella filosofica e quella religiosa.
Da un punto di vista filosofico la distinzione è relativamente semplice. Il metro consiste nella negazione o meno dell'esistenza della (o delle) divinità. In quest'ottica solo l'ateo nega e deve per forza asserie "Dio non esiste". L'agnostico non sa e dunque non risponde. Il credente da una risposta positiva; ma attenzione può non essere corretto definirlo sempre "credente". Da un punto di vista filosofico è + corretto dire "deista". Infatti ammettere la sola esistenza di un Dio non comporta necessariamente la fede in una qualche confessione correlata. Molti filosofi illuministi erano ascrivibili a questa categoria: al di là della loro convinzione nell'esistenza di un creatore o di un demiurgo, avevano un approccio profondamente razionalista e materiale a tutto il resto.
In un'ottica religiosa la sfumatura tra i 3 concetti va incontro a notevoli variazioni. Non basta la sola fede nell'esistenza della divinità a fare di un deista un credente. Bisogna credere nella parola della divinità e quindi alla sua benevolenza nei confronti dell'umanità (prendo ad esempio i monoteismi). In questi termini è sufficiente non "credere" per essere atei; in tal caso il termine per me + appropriato è però "miscredenti". In base a queste congetture risulterebbe possibile l'esitenza di individui contemporaneamente deisti e miscredenti. Per queste ragioni sembrerebbe scomparire la categoria degli agnostici. Io credo che in termini religiosi si potrebbe almeno preservare questa definizione per coloro che rimangono profondamente dubbiosi e non hanno smesso di cercare una via d'uscita (possibilmente in positivo, cioè verso la fede).
Si può dedurre da tutto ciò che definirsi in uno dei tre modi porta inevitabilmente a contraddizioni alla luce dell'idea che gli altri si fanno dell'interessato.
Per chiarire ancor meglio il concetto che ho fin'ora esposto prendo me stesso ad esempio. In termini filosofici giudico la questione dell'esitenza di un Dio del tutto insensata. Altrettanto insensata sarebbe dunque x me una risposta positiva o negativa alla domanda cruciale. Non è dunque difficile dedurre che in un'ottica religiosa la categoria alla quale mi autoascrivo è quella dell'ateo (meglio ancora del MISCRDENTE); mentre in termini filosofici rimarrei agnostico...