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Il giardino di Livia

"E qui voglio degli affreschi floreali ", Livia Drusilla aveva ordinato a Ennio Libone anni prima. "Anzi no, voglio un giardino, il mio giardino."
Il povero artista aveva pensato che si trattasse di una richiesta assurda, nettamente fuori luogo e difficile da realizzare in quel locale sotterraneo, con poca luce e aria. Ma non aveva osato avanzare alcuna obiezione, non poteva discutere i desideri della moglie di Augusto.

"Voglio tante piante, fiori e uccelli, infiniti uccelli" aveva proseguito Livia "e tanto alloro, la mia pianta."
Anche l'insistenza sull'alloro gli era parsa alquanto stravagante, ma non aveva osato dar voce ai suoi interrogativi. Con la sua maestria era però riuscito a creare l'affresco del più bel giardino che si potesse immaginare. Non appariva qualcosa di illusorio, ma vivo, palpitante: se ne potevano quasi percepire i profumi, i fruscii.
Quell'orto magico era un'oasi di pace e Livia vi si rifugiava spesso per meditare e riposarsi dai mille impegni domestici e di stato in cui il marito la coinvolgeva.

Ennio era riuscito anche a scoprire qual era il significato dell'alloro. Si narrava che, nel giorno delle sue nozze con Ottaviano, un'aquila le aveva fatto cadere in grembo una gallina bianca che teneva nel becco un rametto di alloro. Livia l'aveva considerato un auspicio aveva subito fatto piantare quel ramoscello là dove poi sarebbe sorta la villa.

Erano passati gli anni, ed Ennio Libone controllava regolarmente la tenuta della pittura, sistemando o rinnovando le parti più deteriorate. Ci sarebbe andato anche quel giorno.

Scendendo pesantemente la scala, provò una specie di brivido, come mai gli era capitato in precedenza. E ripensò all'ultima volta che vi si era recato per uno dei soliti ritocchi, circa un mese prima.

Anche allora era molto impensierito, perché sua moglie Apollonia, che amava dilungarsi in mille dicerie, ultimamente gli stava riportando i malevoli rumores diffusi sulla padrona, e su tutte le disgrazie capitate ai figli e ai nipoti di suo marito. Il secondo marito, per essere precisi, perché prima di Ottaviano Augusto lei era stata sposata a un suo cugino, il patrizio Tiberio Claudio Nerone, da cui aveva avuto un figlio, l'adorato Tiberio.

Apollonia gli raccontava come, ad uno ad uno, Marcello, Gaio, Lucio, Germanico, tutti gli eredi diretti al trono, erano morti per lo più in circostanze sospette. E così al figlio naturale di Livia si era spianata la strada per il trono. Ma Ennio non voleva assolutamente prestare ascolto a quei malevoli sospetti e cercava in tutti i modi di convincere la moglie della loro falsità.
"I potenti destano sempre invidie e rancori," le diceva, "e si inventano su di loro le storie più atroci."
Tuttavia sapeva che la moglie avrebbe continuato a prestare ascolto alle dicerie che poi gli riportava dettagliatamente. Non era ancora riuscito a convincerla che la sua padrona era una matrona perfetta, attenta alla casa e premurosa verso il marito, ed era sempre presente al suo fianco, anche nei momenti più tragici.

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