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L'uomo che regalò un sogno
“Goditi il tuo mare, goditi il tuo vento, goditi la tua vita. Aspetto i tuoi racconti e conserverò il posticino…. non si sa mai.” Con queste parole lo salutavo ogni volta che usciva dalla porta di casa mia, ma non dalla mia vita.
Sono passati tanti anni da quando è cominciato il tutto o il nulla, ancora non so come definirlo. Era un amico di amici. Amante della vela e innamorato del mare tanto da farne la sua vita, o forse più semplicemente abbandonato dai suoi sogni e lasciato solo dalla sua realtà.
Una sera, erano ormai cinque anni che ci conoscevamo, mi chiese: ”Marghe, sei a casa stasera? Perchè verrei a trovarti” e così è cominciato. Il solito rituale che ogni dieci quindici giorni si ripeteva: “cara Marghe, ce l’hai un posticino per me stanotte?” ed io incapace di dirgli di no lo accoglievo sempre nel mio letto, tra le mie braccia. All’inizio non capivo cosa cercasse, cosa volesse da me oltre il calore dei corpi che si univano. Poi ho capito, il suo posticino era la sua rada sicura in cui per una notte poter riposare tranquillo senza ansia di tempeste o burrasche, per poi ripartire il giorno successivo. Quante volte l’ho visto andare via, salutarmi e dirmi: “parto. Starò via 2 o 3 mesi, forse non torno dipende da come vanno le cose. Stammi bene. Ciao Marghe” poi si voltava, andava verso l’ascensore e spariva senza più voltarsi mentre i miei occhi accompagnavano silenti le sue spalle.
Ho imparato ad aspettarlo e forse lui ha imparato a cercarmi anche se per necessità più che per amore. Stava via dei mesi interi, spariva dalla mia vita, ma io sapevo che prima o poi tornava. Durante uno di questi momenti di buio silenzio ho conosciuto quello che sarebbe diventato l’uomo della mia vita, Marco. Mi sono innamorata di lui subito. Anche con lui non è stato facile. Un carattere difficile, provocatorio e a volte arrogante, ma mi piaceva prenderlo in giro e lui si divertiva quando lo facevo con l’ironia di una donna innamorata. Eravamo davvero una bella coppia.
L’altro se n’era andato per l’ennesima volta ed io non volevo perdermi dietro sogni che mai sarebbero diventati realtà e così ho preferito cercare una realtà che potesse diventare un sogno. Con Marco mi divertivo, avevamo gli stessi interessi, stessi amici, si può dire che eravamo felici, ma una parte piccola di me era sempre con l’altro a vagare per il mondo.
Dopo quasi un anno dal nostro ultimo incontro ricevo un sms: “cara Marghe, ce l’hai ancora un posticino per me?”. Mi si gelò il sangue non appena lo lessi. Era tornato e mi cercava. Io ero felice con Marco. Non sapevo cosa fare. Il mio cuore sembrava impazzire.
Aspettai a rispondere, feci passare qualche ora. Poi telefonai a Marco gli dissi che quella sera non mi sentivo bene e che non me la sentivo di uscire. Non mi è mai piaciuto mentire, proprio per questo Marco mi credette e mi dette fiducia. Tirai un profondo sospiro, presi in mano il telefonino e risposi all’altro:”come sempre………”. Non passò neanche un minuto che mi arrivò un altro suo sms:”bellissimo! Sarò da te verso le 23. 00, aspettami alzata!”. Le solite vecchie modalità, lui ordina ed io eseguo.
Cenai da sola, chiamai ancora Marco dicendogli che sarei andata a dormire dopo poco e poi mi misi ad aspettarlo. 23. 00 puntuali, citofono, rumore delle porte dell’ascensore che si aprivano, entrava lui. Non era cambiato nell’anno in cui era stato via. Era abbronzato, la pelle cotta dal sole, ma per il resto era uguale, stessi capelli corti brizzolati, stessi occhi scuri e profondi, stesso sguardo sornione. Mi fissava da fuori la porta, gli feci cenno di entrare. Entrò, mi sorrise, e disse: “la Marghe, cara Marghe” poi mi abbracciò stretta stretta come se avesse paura che andassi via. Mi raccontò del suo viaggio del suo correre da un porto all’altro, del suo errare per mare, poi facemmo l’amore con la passione e la rabbia delle prime volte. Il mattino dopo come sempre gli preparai il caffè, chiacchierammo dei suoi progetti e poi se ne andò.
Le stesse modalità.
Quella volta si fermò a Milano per un bel po’ di tempo, quasi un anno e per un anno fummo clandestini. Amavo sempre il mio Marco, ma parte del mio spirito era dell’altro ne aveva bisogno per sopravvivere, ero la sua rada solitaria e tranquilla in cui gettare ancora sicura per riposarsi dopo la tempesta e prima di affrontarne un’altra.
Poi ripartì, con le stesse modalità. Una mattina mi disse:” Venerdì parto, devo andare a prendere il biglietto. Vado a lavorare per una società di charter in Thailandia. Dovrei star via 6 mesi, ma se mi trovo bene non torno. Ciao Marghe, grazie di tutto e stammi bene.”
Tutte le volte che mi diceva così, io sorridevo con le labbra, ma i miei occhi s’intristivano e puntualmente gli rispondevo: “goditi il tuo mare, goditi il tuo vento, goditi la tua vita. Aspetto i tuoi racconti e conserverò il posticino…. non si sa mai.”.
Quella volta è stato via un anno e mezzo quasi. Ogni tanto ricevevo delle mail, ma nulla più. Io e Marco continuavamo a stare insieme. Eravamo andati a convivere, eravamo come sempre felici. Ogni sera ci addormentavamo abbracciati e ci risvegliavamo mano nella mano. L’altro non è mai stato un ricordo per me, sapevo che era una presenza, ma sapevo che non faceva parte della mia realtà, la mia realtà era Marco.
Così passavano i mesi.
Sorrido ora che la vita mi è passata tra le mani, ora che i miei capelli si sono ingrigiti e il mio corpo si è leggermente curvato sotto il peso dei ricordi. Sorrido quando ripenso a l’altro e ancora mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se non lo avessi mai conosciuto, o se avessi scelto di stare con lui o se lui mi avesse chiesto di seguirlo. No, questo non lo avrebbe mai fatto, lui era troppo impegnato a scappare da sé e dagli altri che nemmeno si accorgeva di chi lo aspettava, come il marinaio Stefano e il Colombre di buzzatiana memoria. Ogni tanto si fermava a riprendere fiato ed io ero il suo ossigeno. Ecco, questo è ciò che mi ha sempre spinto ad aspettarlo, la consapevolezza che per respirare ogni tanto aveva bisogno di me.
Marco? Di Marco ero innamorata. Lo avevo conosciuto quando la mia non-storia con l’altro era già iniziata. Ci siamo piaciuti subito, con lui stavo bene e se dell’altro non potevo permettermi di innamorarmi di Marco si. Abbiamo passato insieme una vita intera, siamo invecchiati insieme. Non so se ha mai saputo dell’altro. Io non gli ho mai raccontato nulla, era il mio segreto, era il mio sogno.
Anche quella volta che partì per la Thailandia tornò. Si fece vivo con la solita modalità: “cara Marghe, ce l’hai ancora il posticino per me?”. Ormai eravamo cresciuti, avevamo 40 anni compiuti. Non sapevo cosa rispondere, cosa inventare. In prima battuta risposi di no, ma poi sentendo il suo bisogno di pace gli scrissi di si che lo avrei raggiunto a casa sua nel pomeriggio. Era la prima volta che vedevo il suo piccolo rifugio. Era come lui, pieno di ricordi e di borse da disfare. Mi accolse con un: “la Marghe, cara Marghe” seguì il solito abbraccio e poi mi baciò appassionatamente. Le sue labbra avevano sempre lo stesso sapore, ancora oggi se chiudo gli occhi e serrò la bocca riesco a sentirne il calore. Facemmo l’amore sul pavimento in salotto, era violento come sempre, era affamato e assetato di vita in quel momento, era mio ed io ero sua. Quando i nostri corpi si divisero, lui si alzò, mi guardò e mi disse: ”sei sempre più bella”. Mi raccontò della sua esperienza tailandese, di cosa avesse fatto e di cosa aveva intenzione di fare. Per un attimo provai il terribile desiderio che lui mi chiedesse di seguirlo nel suo prossimo viaggio, ma sapevo bene che non l’avrebbe mai fatto. Poi giunta una certa ora dovetti tornare a casa. Lo baciai e questa volta fui io a uscire da casa sua, lui chiuse subito la porta ed io raggiunsi da sola l’ascensore senza i suoi occhi sulle mie spalle. Fu allora che capii che in realtà non voleva vedermi andare via e per questo non si voltava mai a guardarmi.
Tornai a casa, Marco era già rientrato. Mi feci una rapida doccia e preparai la cena. La serata passò normale, come tutte le altre.
Quella volta lui si fermò a Milano per quasi due anni. Ci amammo clandestinamente, quando potevamo. I nostri incontri erano fatti di silenzi che parlavano per noi e di noi, di sguardi, di baci, di carezze e di corpi che si cercavano come anime affamate.
Le modalità erano le solite. Era lui a cercarmi per primo con: “cara Marghe…” ed io senza riuscire ad impedirmelo rispondevo sempre.
Poi partì di nuovo ed io gli dissi per l’ennesima volta “goditi il tuo mare, goditi il tuo vento, goditi la tua vita. Aspetto i tuoi racconti e conserverò il “posticino”…non si sa mai.”
Quanti anni sono passati dai nostri incontri…ormai ho perso il conto. Quanto mi piaceva, quanto l’ho amato quel sogno. Me lo ricordo ancora: un po’ più alto di me, i capelli brizzolati, le spalle forti, il suo modo di rollarsi sempre le sigarette, l’odore della sua pelle, il suo sapore, la sua voce, se faccio silenzio la risento ancora, il rumore dei suoi pensieri che frullavano sempre in quella testa anche quando dormiva, il suo sguardo a volte assente, a volte solo per me. Mi sembra di averlo ancora accanto a me con le sue mani, grandi e forti che accarezzavano delicatamente il mio seno, le sue braccia sui miei fianchi. La cosa buffa è che di lui non posseggo neanche una fotografia.
Con Marco tutto bene. Avemmo due figli, un maschio ed una femmina. Il maschio, Francesco, tutto simile a suo padre e la femmina, Emma, con i miei stessi occhi azzurri. Avevano tre anni di differenza e li avevo avuti nei periodi in cui l’altro era nel suo mondo a navigare di porto in porto. Ero felice, eravamo felici. Marco mi è sempre stato vicino. Grande e protettivo, i suoi occhi sembravano ridere sempre, ed anche oggi che sono passati quasi trent’anni che siamo insieme non abbiamo mai smesso di divertirci e di sostenerci a vicenda. Ogni tanto mi chiedo se lui abbia mai saputo dell’altro, del mio sogno che vivevo in segreto. Non lo so, so solo che mi è sempre stato vicino, anche quell’ultima volta.
L’altro ormai non si faceva sentire da quasi cinque anni se non con sporadiche mail, una volta addirittura una lettera che conservo ancora nel comodino e qualche notizia datami dagli amici che avevamo in comune. Avevo superato ormai i 45 anni, i capelli cominciavano a imbiancarsi. Un pomeriggio, mentre lavoravo al computer e scaricavo la posta trovai un suo messaggio: “cara Marghe, conservi ancora quel posticino? Sono tornato da poco. Sono passati tanti anni ed ho tante cose da raccontare. Ho voglia di vederti e di sentirti come un tempo.”. Mi sentii gelare. La mano cominciò a tremarmi. Cinque lunghi anni erano passati, di lui ogni tanto qualche notizia e basta. Cosa fare?
La mia famiglia e lui.
Gli risposi che sarei andata a trovarlo il pomeriggio seguente.
Il giorno dopo mi preparai, mi vestii bene ed andai a casa sua, sempre la stessa, sempre lo stesso. Lui era lì sulla porta ad aspettarmi. Era invecchiato, nuove rughe gli increspavano il viso cotto dal sole, dal sale e dal vento, ma gli occhi non avevano perso quello sguardo assente e malinconico di sempre. Come entrai mi abbracciò, non mi dette neanche il tempo di togliermi il cappotto e mi disse:” la Marghe, cara Marghe. Quanto mi sei mancata”. Scoppiai a piangere a sentire quelle parole, quanto gli ero mancata. Se solo avesse saputo quanto lui era mancato a me…
Ci sedemmo sul divano, non smetteva di fissarmi e di raccontarmi il suo stanco peregrinare per il mondo senza una meta ben precisa. Aveva aperto a Cuba una società di charter che andava molto bene, non si era mai sposato, non aveva avuto figli, aveva girato tutto il mondo in barca, aveva visto posti meravigliosi ed altri orribili. Poi una mattina stanco di tutto quel navigare decise che era giunto il momento di tornare e di riprendere fiato. Era tornato da me, nella sua rada tranquilla e sicura che nessuno conosceva. Io lo avrei protetto e gli avrei ridato ossigeno fino a quando una volta ripresosi se ne sarebbe andato via.
Lo guardavo, non era cambiato. Continuavo a fissarlo mentre parlava, poi improvvisamente si zittì e mi fissò serio: “Marghe, sei sempre più bella. Sei la mia Marghe” e mi baciò. Cominciò a spogliarmi, le sue mani esperte sembravano non avessero mai toccato altri corpi se non il mio. Facemmo l’amore appassionato e violento come se fosse la prima volta. Lo desideravo come lui desiderava l’ossigeno che io gli davo, avevo bisogno di lui come lui dell’aria che io gli porgevo.
Quando i nostri corpi si separarono, lo guardai negli occhi gli dissi “lo sapevo sarebbe finita così. Ti ricordi circa dieci anni fa te lo dissi che io per te ci sarei sempre stata perché mi sei entrato sotto la pelle fin dalla prima volta che facemmo l’amore.” Rimanemmo sdraiati nel letto per circa due ore, lui si era appisolato sulla mia spalla ed io gli accarezzavo la testa. Poi fattosi tardi, mi alzai, mi vestii e me ne andai, ma prima di uscire gli chiesi:” pensi che ci rivedremo o devi ripartire subito?”
“no, starò qui. Almeno per un po’.” Rispose.
Scombussolata per il pomeriggio tornai a casa, per fortuna Marco era fuori Milano per lavoro ed i ragazzi erano in montagna a sciare con i nonni. Avevo la serata e la casa tutta per me e per i miei pensieri. Ricominciammo così a vederci, ancora una volta clandestinamente. Con la mia famiglia tutto procedeva normale come sempre. Per me era come vivere una realtà e un sogno allo stesso tempo. Sapevo che con l’altro non si sarebbe mai concretizzato nulla e questo mi ha dato la forza di non rovinare la mia realtà.
I mesi passavano, con lui mi vedevo circa una volta ogni quindici giorni. Ogni tanto si assentava per andare a navigare nel Mediterraneo, ma tornava sempre da me. Poi un pomeriggio, era un mercoledì me lo ricordo ancora, dopo aver fatto l’amore lui mi guardò dritta negli occhi e mi disse: “parto, cara Marghe. Parto e questa volta non torno. Ho passato la mia vita a navigare, ho visitato tutti i porti del mondo ed in nessuno mi sono fermato. Non so da cosa scappassi, forse da me stesso, ma ho sempre avuto un punto fermo nella mia vita, te. Non so con quante donne io sia stato, tante, troppe non ne ricordo neanche una, ma so che ho amato una sola donna, te. Ogni volta che ripartivo ti portavo con me, nel mio cuore. Non mi voltavo mai a guardarti, ti dicevo ciao e basta, perché sapevo che se solo mi fossi voltato ti avrei chiesto di seguirmi, di venire con me. Non sai quante volte mi sono svegliato dall’altra parte del mondo cercandoti con la mano nel letto. Non sai quante volte avrei voluto condividere con te i tramonti infuocati e le delicate albe. Non sai quante volte avrei voluto urlare è lei la donna che amo, è lei il mio ossigeno, la mia rada sicura, la mia vita. Eppure non l’ho mai fatto. Vedi la mia vita è stato un continuo peregrinare senza pace da una parte all’altra del mondo senza fermarmi. Non volevo costringerti a quella vita o forse più semplicemente da egoista non volevo smettere io di fuggire. Quando anni fa sono tornato e tu mi avevi detto che ti eri appena fidanzata con Marco, mi sono sentito morire dentro, ma non avevo nessun diritto di chiederti di mollarlo per stare con me. Che cosa ti avrei potuto offrire? Nulla. Così come sono andate le cose, sapevo che c’eri e ad ogni mio ritorno ti offrivo i porti, i tramonti, le tempeste che avevo visto, sentito e vissuto. So che sono stato un egoista, ma nonostante ti amassi più di me stesso non me la sentivo di portati con me in questa mia fuga senza fine e senza meta da cui non riuscivo a sottrarmi. Ora parto e non torno più. È l’ultimo viaggio, butterò l’ancora nell’ultimo porto e spero di avere finalmente un po’ di pace. Egoisticamente ti chiedo di non dimenticarmi mai e di non dimenticare che tu sei l’unica donna che io abbia mai amato e di cui io abbia mai sentito il bisogno come dell’aria.”
Rimasi senza parole, non sapevo cosa dire. Il suo ultimo viaggio……capii e non feci domande. Se ne sarebbe andato per sempre, non sarebbe più tornato da me, ma sarebbe sempre stato con me. Lo abbracciai forte e cominciai a piangere silenziosamente. Lui mi strinse a se, mi baciò sulla fronte, mi asciugò le lacrime e mi disse: “ricordati di me. Ti chiedo scusa per non averti detto prima quello che provavo, ma non volevo rovinare la tua vita e interrompere la mia fuga. Ora sono arrivato e ancora una volta egoisticamente ti rovescio addosso i miei sentimenti. Ti amo, Marghe, la mia Marghe che per anni pazientemente mi ha aspettato conservando sempre un posticino nella sua vita per me.”
Continuai a piangere e a stringerlo a me, non volevo che se ne andasse. Poi fu lui a staccarmi da sé, mi pulì il viso dal trucco che si era ormai sfatto, mi sorrise:”ora vai. Io partirò domani sera. Ciao Cara Marghe, grazie di tutto e stammi bene. Mi raccomando.”
Uscii da casa sua, questa volta non gli dissi di godersi il suo mare, il suo vento e la sua vita, sapevo bene che quel posticino ormai non avrei più dovuto conservarglielo. Quella volta lui non chiuse la porta, ma i suoi occhi mi accompagnarono come un’ultima calda carezza fino all’ascensore. Tornai a casa mia, entrai. Marco era già tornato, mi si avvicinò, mi guardò negli occhi, non disse nulla ma mi abbracciò forte………tutto tornò come prima.
Lui non tornò più da me perché da quel pomeriggio è sempre stato con me. La mia vita continuò come sempre. Io e Marco insieme e i nostri figli che crescevano.
Ne sono passati di anni e facendo un bilancio, ormai ho l’età giusta per farlo, posso dire di aver vissuto una vita da sogno e il sogno di una vita, la mia.
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