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il direttore M. - sesta puntata
Il direttore M., in realtà, non ricordava di essere uscito dall’appartamento di Arianna in quello stato. Non ricordava nemmeno i quindici giorni precedenti, dei quali i primi sette erano bastati ad Arianna per farlo innamorare di lei in maniera assoluta, totale, così come non ricordava i secondi sette, durante i quali si era creduto altrettanto corrisposto, e si era sentito il re del mondo, ed il quindicesimo, quello più atroce, qello che aveva fatto crollare quel mondo magico come un castello di carte. Tantomeno ricordava l’incidente, lo schianto contro un autobus del motorino che, sulla strada del ritorno verso casa, lui stava guidando come un folle.
Era semplicemente pervaso da una sensazione inspiegabile, violenta, sgradevole, gli pareva che un tentacolo malefico gli frugasse ogni minimo recesso di pensieri e sentimenti inconfessati, nascosti. Gli pareva che quell’escrescenza estranea fosse pronta ad erompere, ed a moltiplicarsi, fino ad invadere il mondo perfetto e sereno che si trovava oltre la porta della stanza-studio.
Il giovane M. rimase per giorni fra la vita e la morte. I medici, che consideravano già un vero miracolo l’essere riusciti a salvare il ragazzo, non presero quasi in considerazione l’amnesia del giovane paziente, che, nei propri ricordi, aveva fermato l’orologio quindici giorni prima dell’incidente. Fenomeni di questo tipo, dopotutto, si verificavano, talora, dopo traumi così gravi.
La priorità, per ora, era rimettere a posto le diverse ossa fratturate.
La guarigione del giovane M. fu totale ma lunga, tanto da costringerlo a non rientrare a scuola per tempo, ed a studiare, quando il suo stato di salute lo consentì, privatamente. Il ragazzo aveva deciso di sostenere comunque l’esame di maturità, e di passarlo con ottimi voti, anzi, con il massimo, e la lode.
Uno dei suoi compagni di classe, tale Giovanni S., notorio innamorato senza speranza alcuna della bella Arianna, raccontò al giovane M. che la ragazza, all’inizio dell’anno, non era rientrata al liceo, e che di lei si era perduta qualunque traccia. Il giovane M. accolse la notizia con un’indifferenza di cui l’altro non si stupì. A quanto risultava a Giovanni S., ed a quanto risultava a tutta la scuola, per tutto l’anno precedente i rapporti fra il giovane M. ed Arianna non erano andati oltre il semplice saluto. E questo risultava anche a M. stesso, per il quale i quindici giorni precedenti all’incidente continuavano a rimanere un vuoto.
Il fatto continuava a non parere grave al giovane M., che, all’inizio, prese decisamente peggio la notizia che ogni attività agonistica si sarebbe risolta in un sicuro insuccesso. Avrebbe potuto camminare, correre, pedalare, anche arrampicarsi, nuotare, ma non sarebbe mai divenuto un campione.
Per qualche tempo, non appena il suo stato di salute lo consentì, il giovane M. tentò di smentire i pronostici dei medici, si allenò con tenacia e disciplina, ma dopo la prima gara, sostenuta poco dopo l’esame orale di maturità, dovette riconoscere che gli ortopedici avevano ragione. Si consolò con il brillantissimo risultato dell’esame, un sessanta con la lode, e continuò, comunque, anche se con ritmi meno pressanti, a correre, ed a fare ginnastica. Il suo corpo, ormai abituato, lo richiedeva, ed il suo carattere ne traeva serenità, razionalità, autodisciplina. Mens sana in corpore sano, come è vero, si era ritrovato a pensare il giovane M.
Nemmeno i genitori del giovane M, si preoccuparono troppo di quella persistente amnesia. Il ragazzo era guarito bene, ed il suo carattere non era diverso da prima, sereno, riflessivo, un po’ solitario, questo sì, forse un po’ perfezionista, pedante, questo sì. Ma, pensavano i genitori del giovane M., questo è segno di ordine, disciplina, autocontrollo.
L’incidente fu dimenticato, archiviato come un momento di colpevole distrazione, forse anche di follia, una giovanile, e quasi letale mattana.
Il giovane M. si iscrisse a Giurisprudenza, laureandosi, fuori corso di due anni, con una più che dignitosa tesi nel ramo del Diritto Pubblico, e con il punteggio di centotre. Il risultato era da considerarsi ottimo, anzi, al di là di ogni aspettativa, dato che il giovane M, quasi per tutta la durata dei suoi studi, aveva lavorato. Nell’estate fra il primo ed il secondo anno di corso universitario, aveva lavorato per tre mesi in un ufficio pubblico, come tanti studenti in quel periodo, durante il quale tutti gli uffici statali assumevano personale giovane con contratti a breve termine, rinnovabili, volendo. Molti dei cosiddetti “ trimestrali “ avevano considerato quegli impieghi come un arrotondamento temporaneo, ma il giovane M. era restato per altri tre, aveva interrotto per qualche tempo, e poi era tornato, di tre mesi in tre mesi, fino ad arrivare ad una assunzione praticamente stabile.
La laurea fu il fiore all’occhiello, ed il trampolino di una carriera già promettente, ed i genitori di M. furono fieri, quando lui presentò loro la futura moglie, che lui avesse scelto una ragazza così posata, seria, poco appariscente. Le donne troppo belle possono avere grilli per la testa, aveva sentenziato la madre di M.
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- non è Mai troppo tardi per coltivare le proprie passioni, specie quando lo si fa bene.
- Mi sa, che questi 15 giorni dimenticati, saranno argomento del futuro di M, quando meno se lo aspetta! Ciao Laura, continua a piacermi, Brava!
io a giorni pubblicherò il primo mezzo capitolo di Giulia, è una storia molto triste e molto amara, tanto che lo avviserò in testa al "racconto" per non turbare troppo l'animo di chi avrà la compiacenza di leggermi! Gigi
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