racconti » Racconti autobiografici » Bergman, Miyazaki, Jodorowsky e la ruota del tempo: ri-evocazioni di un viaggiatore circolare
Bergman, Miyazaki, Jodorowsky e la ruota del tempo: ri-evocazioni di un viaggiatore circolare
Un viaggio. Si, un viaggio. Ho concepito sempre la mia vita come un viaggio. Un impulso, a cercare, a trovare: a cercarmi, a trovarmi. Molti - troppi - credono che una premessa del genere, tutta tesa a trovar lo spazio della propria identità, sia, forse, un poco egocentrica. Può darsi, tutto può darsi, ma a me piace pensare che questo viaggio intrapreso quasi involontario - è natura, è destino - abbia un senso, anche se non necessariamente una meta. Come in una ruota che fa scorrere il tempo, il mio viaggio è per ogni dove, tutto circolare: il tempo lineare non esiste! Ma voi potreste ingenuamente porgermi la domanda-obbiezione: come è possibile cercarsi in ogni dove? E, soprattutto, dove è possibile cercarsi in ogni dove? Per concludere con un affatto persuaso: dov’è l’ogni dove?
Beh, se mi ponete queste domande, sarei tentato di non rispondervi nemmeno, visto l’orizzonte limitato che probabilmente le ha mosse. Se invece non avete domande, ma solo voglia di capire senza pregiudizio, vi concedo di poter proseguire:
Il mio primo “ogni dove” che memoria ricordi fu una sala cinematografica. Era il 1977, proiettavano “Star Wars” e avevo quattro anni: “Luke Skywalker… Luke Skywalker… che la forza sia con te” " una voce mi parla. Mi sveglio quattordicenne, una notte d’estate con in testa questo nome. Dove l’ho sentito? Si, perché i sogni, quelli che trasfigurano la realtà, che mescolano personaggi reali ed immaginari, arrivano sempre evocando o rievocando qualcuno o qualcosa. Cercando, qualcuno o qualcosa. Più spesso di quanto non si creda, cercano proprio noi. Basta saperli interpretare. Che voleva Skywalker da me? Perché era venuto a trovarmi? E con chi? Facciamo uno sforzo di memoria e torniamo ad allora:
1987. Che cavolo di estate fu quella, l’estate più inquieta della mia adolescenza. A scuola mi avevano bocciato e nella mia casa di villeggiatura ero malvisto da tutti i condomini. Sulla porta della piscina condominiale c’era un cartello con la mia foto. Con su scritto: Wanted! Ce l’avevo col mondo intero e forse ero veramente un disadattato, come i più pensavano. Non sopportavo le regole, ero manesco e contestatore, contro tutto e tutti, o quasi. Eppure, nel mio privato, in parte condiviso da un’ unica, angelicata figura femminile, c’era poesia, c’era sogno, fantasia, ansia spasmodica di libertà. Ora ricordo di più, Skywalker venne a trovarmi insieme ad un bellissimo volatile che imprigionava, per un sortilegio, nella sua forma, un’incantevole fanciulla. Mi pare fosse Michelle Pfeiffer, la fanciulla. E poi chi c’era ancora? Ah, si, c’ero io. Naturale. Io che non mi vedevo, come capita sempre nei sogni; che osservavo un falco ed un guerriero con la spada laser sussurrarmi parole che non ricordo. Parole importanti, devono esser state. Parole che viaggiano in cerchio sulla mia ruota del tempo e che evocano la bellezza del volto di Bibi Andersson. Il volto? La maschera che gira sulla ruota del tempo è quella di Max von Sydow, algido e tenebroso ne “Il settimo sigillo”, imperscrutabile e “mesmerico” ne “Il volto”. La morte mi sorrise beffardamente, invitandomi a giocare a scacchi con lei, sotto un cielo fosco di nubi. Sulle parole dell’Apocalisse.
Non mi son certo posto il problema della morte, ciò che importa è che Ingmar Bergman mi ha cercato fin da bambino, e mi ha trovato quasi adulto nell’ identificazione del suo piccolo Alexander (“Fanny e Alexander”). Mi ha proprio trovato, mi ha lasciato in eredità i suoi spiriti inquieti e quelli di Alexander, la loro ansia di rivolta, il loro doversi sempre e comunque ribellare. Cominciò così la consapevolezza della metempsicosi, della trasmigrazione, del valore iniziatico di un viaggio che, cercando per impulso a cercare, mi ha portato a trovare Miyazaki. E qui, con Miyazaki, la mia dimensione del tempo veramente è del tutto provvisoria. Comincio ad avere età mai vissute, fino a tornare all’infanzia più lucente, alla giovinezza, alla pura bellezza del corpo e (nel) dell’anima. C’è un personaggio, una giovane, che nel “Castello errante di Howl” salta in un balzo d’un sortilegio, tante età della vita. Non importa, né del fisico né dell’età, la sua bellezza è negli occhi, il suo potere nell’amore, la sua forza inimmaginabile. Come quella di Sen-Chihiro che, ne “La città incantata”, restituisce il ricordo e l’origine ad un mago imprigionato da un nome in un intervallo del tempo. Certo, Miyazaki ci insegna che il tempo è ingannevole, soprattutto se cercato nella sua presunta dimensione lineare. Ci allena la mente, la fantasia e l’intelletto, a guardare oltre la sfera di una consecutio infinita. Noi non siamo puntini di una retta che non trova fine, non siamo la storia " e il tempo " di nessuno, se non la nostra. Non possiamo credere che l’arte non sia magia circolare che si sprigiona e si libera attratta dalla nostra disposizione animico-percettiva.
Questa libertà, conquistata con fatica, questa consapevolezza della possibilità di cercarsi e trovarsi in ogni dove, è compiutamente espressa anche da personaggi apparentemente disturbanti. Come in “Santa Sangre”, in cui Alejandro Jodorowsky sviluppa l’idea del trovare la libertà dalle crudeltà del mondo attraverso il volo, la liberazione attraverso un’ immaginifico atto creativo che abbatte le barriere della psiche, la redenzione attraverso un’ amore senza parole, ma espresso attraverso i gesti, attraverso l’armonia del movimento: s’allude al “dramma edipico” di Fenix, soggiogato dal fantasma inconscio della madre, cui aveva donato - sottomesso - le sue braccia. Braccia che erano ali, che si fanno pugnali, che cercano sangue, che danno la morte e che tornano ali. In modo totalmente circolare.
Ali per viaggiare, come suggerisce anche Jodorowsky, sulla ruota del tempo. Un tempo, quello circolare, che ci cambia solo per farci ritrovare. Che non stravolge il nostro cammino, che ci inizia, ci guida e ci lascia solo intuire - perché è assolutamente imperscrutabile -, la nostra via del destino. Del resto, il cinema è come una bussola che serve ad orientarci, come una pergamena che introduce alla scoperta di un segreto, di un tesoro, di una via: la via del passato che attraversa il futuro. È questo che mi trovo a pensare quando passeggio lungo il presente. Quando mi addormento e il mio inconscio ri-evoca, con dolcezza e malinconia, con ispirazione che alla veglia si fa poesia, i viaggi di un bambino dal grembo della madre a quello del mondo: nel buio di una sala cinematografica. Sperduta chissà dove sulla ruota del tempo.
(estate 2006)
123
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
- Grazie per il commento Luigi, per questo mio strambo pezzo autobiografico scritto per una breve rassegna cinematografica organizzata qui a Roma un anno fa. Be, il cinema, insieme alla letteratura, è la mia passione, per questo l'immedesimazione riesce facile.
Per il resto, non ho ben capito che problemi tecnici hai, ma se riesci a spedirmela via mail la leggo volentieri e magari ti scrivo in privato le mie considerazioni in merito. La mail è: fleon73@gmail. it
Saluti
- mi correggo; intendevo l'immedesimazione nei personaggi cinematografici
- Curiosissima come autobiografia.
La tua creatività si esprime nell'imedesimazione, piuttosto che con lo studio delle altre menti creatrici, forse è anche x questo che nessuno fin'ora ha commentato il tuo "monologo". La mia passione x il cinema la esprimo molto diversamente.
PS: se ci tieni posso darti qualche stratto della mia tesi sullestremismo di destra, il fatto è che con gli indirizzi che mi hai dato ho problemi, a casa mia la linea è un po' difettosa. Comunico bene solo attraverso questo sito.
Ciao!

Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0