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L'albero della vita
All'una del pomeriggio di un giorno nuvoloso mi trovo davanti al piccolo cimitero di ***. Sto aspettando due giornalisti anche loro curiosi come me di vedere il mistero della tomba. Si tratta di un fenomeno apparso all'interno di una tomba di famiglia e scoperto per caso, giorni prima, durante l'apertura per seppellire un nuovo feretro.
Poco dopo arriva un uomo con un elegante vestito blu accompagnato da una donna:
"Mi chiamo Adolf. Il mio collega non ha potuto venire. Ho portato la madre del ragazzo morto..."
É una donna magra, con gli occhi cerchiati e lo sguardo penetrante. Stringo la mano a tutti e intanto Adolf prosegue:
"Ho l'autorizzazione del Municipio. Ho già avvisato il guardiano che ci sta aspettando. Ma dobbiamo fare presto poiché alle due ci sarà un funerale."
Entriamo dal cancello dove incontriamo un uomo basso vicino ad alcuni secchi. É il becchino. Dopo un breve saluto ci guida lungo un vialetto invaso dalla gramigna.
Il cimitero è maltenuto e molto antico. Grosse lapidi tombali sono inclinate ad angoli differenti. Nuvole nere oscurano il cielo. Forse tra poco pioverà.
Oltre cespugli di tasso raggiungiamo una tomba gotica a forma di tempietto. É in pietra grigia coperta di licheni, irta di guglie, angoli, sporgenze. Sulla cima c'è una scritta:
Famiglia De Veszelka.
Mentre ci avviciniamo sentiamo un rumore forte, come un mobile pesante che viene spostato dentro alla tomba. Ci fermiamo allibiti. Dopo un po', con precauzione saliamo i gradini ed entriamo dal cancelletto.
Una camera a cupola stretta e fredda con la luce color ghiaccio che entra dalle bifore. I marmi alle pareti sono riempiti con file di nomi, molti sbiaditi e illeggibili.
Il becchino estrae alcuni arnesi da un sacco. Egli infila una leva nell'anello di una botola sul pavimento e ci fa cenno di aiutarlo. Tiriamo, provocando rumori di pietra che si smuove. Finalmente la pesante lastra si alza e allora la spingiamo da una parte sui rulli di legno.
Adesso, davanti ai nostri piedi c'è una nera apertura quadrata. Il becchino vi infila dentro una scala, accende la lampada ad acetilene e scende. Segue il giornalista e infine io.
Buio e umidità intorno a me. Lo sgocciolìo dell'acqua. Rumore di passi. Poi la voce di Adolf:
"La lampada. Puntate qui la lampada per favore."
Vedo il fascio di luce e dopo un po' raggiungo i due uomini.
C'è acqua sul pavimento. A sinistra una pila di casse nere e marcite con le maniglie corrose dal verderame. A piccoli passi avanziamo in fondo alla cripta.
Qui alla cruda luce della lampada vediamo il fenomeno: è una grande ramificazione color bronzo estesa su tutta la parete. Sembra un albero frondoso.
Mi avvicino di più e provo a toccarlo ma non ha spessore. Tocco la pietra nell'angolo dove fuoriesce la pianta, ma non c'è nessun foro.
"E allora? Che ve ne pare?" chiede Adolf.
Io non so cosa dire. Sento la voce roca del becchino che seguita a borbottare:
"Mai visto una cosa simile. Mai visto una cosa simile..."
"Che c'è dietro a quel muro?" chiedo.
"Lì dietro c'è la bara di Erik, il ragazzo morto di leucemia l'anno scorso, all'età di 23 anni" risponde il giornalista.
Improvvisamente sento qualcuno alle mie spalle. Mi volto e vedo la donna che è scesa senza che io me ne accorgessi. Ha il vestito sporco di ragnatele e una espressione allucinata sul volto. Corre in avanti gridando con voce isterica:
"É vivo! É vivo! Mio figlio Erik è vivo!"
Arrivata davanti al muro la donna lo abbraccia, lo bacia, lo accarezza freneticamente mentre grida:
"Sta tentando di comunicare con noi! Questo è il suo messaggio dall'Oltremondo!"
I due uomini si avvicinano alla donna e la tirano indietro per evitare che si faccia male. Le prendono le braccia, le dicono di calmarsi, la costringono a risalire...
A poco a poco la donna si lascia accompagnare di sopra ma mentre sta salendo la scala seguita a piangere e a gridare:
"É l'albero della vita! Questo è l'albero della vita!"
Usciamo all'aperto e attraversiamo di corsa il cimitero, sotto una pioggia sferzante che ci bagna i vestiti.
Sono passati alcuni mesi ormai. Io non ho più rivisto il giornalista. Di conseguenza non ho più avuto notizie di quella cosa che cresce là sotto, nel buio di una tomba.
MARZO 1994
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