ATTENZIONE Quella che segue è una storia molto triste, molto amara e dolorosa, ha un motivo di esistere ma è davvero molto sofferta.
Giulia ha 15 anni, o meglio li aveva; ma è il caso di cominciare dall’inizio.
È nata da una famiglia medioborghese, a Latina, primogenita a lungo attesa e desiderata; perché i genitori aspettavano di “sistemarsi” per bene, sia col lavoro, che
con la casa, comprata in cooperativa, con un mutuo ventennale, che pareva non dovessero mai finire i lavori di rifinitura;
infine venne il bel momento, tutti i rituali del caso, parenti, amici e colleghi, prima in clinica a complimentarsi con la puerpera, poi a casa a festeggiare il battesimo.
Insomma tutto normale, tutto usuale, tutto monotono perfino!
Ma Giulia non era né monotona, né usuale, né tantomeno normale, nel senso che fin dai primi mesi di vita aveva manifestato un dono ed un difetto genetico.
Il dono era l’empatia con qualsiasi tipo di animale; sia che stesse nel passeggino portata in giro dalla mamma, o nel girello nel cortile del parco, oppure ospite coi genitori a casa di qualche amico di famiglia;
ovunque ci fossero in giro cani, gatti, coniglietti, criceti o chissà quale altro piccolo amico peloso o pennuto, immancabilmente l’animale di turno, si, letteralmente, innamorava della piccola Giulia.
Le prime volte queste manifestazioni di adorazione venivano fraintese dagli adulti presenti, poi, con il ripetersi ossessivo di tali fatti, tutti cominciarono a capire, a scoprire che davvero, non c’era animale, il quale non mostrasse languore e sottomissione con la bimba, la quale, del resto, sembrava dare per scontato che un alano grosso almeno quattro volte più di lei, si acquattasse ai suoi piedi e la fissasse con evidente amore; o che un gatto notoriamente noto per la sua alterigia strusciasse la sua testa vicino i suoi piedini per meritarsi una carezza.
continua...