Se per un adulto, accettare una “disgrazia” può alle volte essere impossibile, la piccola Giulia, passato un periodo di legittimo smarrimento, accortasi che la luce faceva sempre più difficoltà a mostrarle le cose, cominciò istintivamente a “vederle” con le mani, e da allora le sue piccole, tenere, bianche alucce, furono sempre tese verso il mondo circostante, il muro della cameretta, l’orlo del lettino, la seggiola, il pomello della serratura della porta, la mano del papà, le sue guance, ma perché sono bagnate? Papino stai piangendo? Forse sono stata cattiva? Scusami non sarò più cattiva, ma tu non piangere…..
La vita nell’Istituto ha i suoi ritmi, i suoi tempi, le sue regole, ma con l’arrivo della piccola Giulia, qualcosa cominciò a cambiare, l’aura meravigliosa che circonda questa bambina ha pian piano addolcito vecchi e arcigni insegnanti, vecchie e disincantate “balie”, gli altri ospiti del reparto infantile furono conquistati in pochi giorni dalle emanazioni di serenità della piccola, e dopo neanche un mese, fu consentito agli animali del cortile, un vecchio dalmata, un giovane boxer e cinque gatti multicolori e multirazza, di accedere liberamente alle stanze dei bambini e di giocare con loro, poi, anche di restarci infine, la notte, a dormire sui loro lettini!
Una rivoluzione a dir poco Copernicana, provocata dalla capacità di Giulia di catalizzare l’affetto degli animali e di suscitare negli umani un senso di pace e serenità, ingiustificati se si tiene conto della “vita” vissuta dagli ospiti dell’Istituto.
Bravissima, intelligentissima, con una capacità innata di sintonizzarsi con chiunque le fosse vicino, Giulia in breve tempo imparò l’uso del Braille sia in lettura che in scrittura, e a lei fu consentito di usare la speciale macchina da scrivere a caratteri forati, con la quale, oltre a riprodurre testi per i compagni, cominciò a scrivere qualcosa di suo.
Fu così che a circa dieci anni “scrisse” una lettera aperta a dio, nella quale chiedeva a quel tipo lassù, di darle, se ce ne fosse, una ragione per tutto quello che era successo a lei, ai suoi genitori, e a tutti i “nonvedenti” che aveva conosciuto in quegli anni. E fra le sue parole ho estrapolato alcune righe, dicono:
-“caro dio, sono anni che vedo persone piangere, le vedo con la punta delle mie dita, e soffro per loro perché non vorrei vederle piangere. E allora gli accarezzo le guance, gli stringo le mani gli do bacetti sul naso e qualche volta riesco a farli smettere, e i miei amici si allontanano, sono sicura, col sorriso sulle labbra. Ma non sempre riesco a farli smettere, e mi chiedo perché, perché queste persone devono soffrire, devono essere diverse, menomate, è questo il termine col quale ci chiamano, forse che non siamo anche noi, figli tuoi?-“
Ho un carissimo amico, da tutti chiamato Doc, non a caso, è veramente psicoterapeuta, che fa volontariato sempre e dappertutto, e mi coinvolge sistematicamente in tutte le sue iniziative, anche se io, confesso, cerco di sfuggirgli e di stargli alla larga, ma lui è un ciclone e fra una cosa e l’altra ha conosciuto la piccola Giulia e ha voluto che la conoscessi anch’io.
-È una ragazzina con le palle- mi fa,- ed è addirittura più atea di te, non puoi non volerla conoscere, so che tu ti senti in imbarazzo, ma credimi, sono persone molto, ma molto migliori di me e di te messi insieme, su, non fare lo stronzo, vieni con me domani che ti faccio avvicinare ad un mondo nuovo, un mondo che ha molta più luce di quello che si possa pensare.-
continua...