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Carizzi r’amuri (Agricantus)

1. IL PRIMO APPUNTAMENTO

La sera sudava umidità, tanto era caldo quell'agosto 1937.
Eppure la signorina Garoppi gelava, nonostante fosse avvolta in panni morbidi e caldi, lana ed ermellino sulle spalle (neanche fosse una principessa! In effetti il titolo di cui si fregiava, la nostra Edda Garoppi, era quello di duchessa Delbrique).
Stava rannicchiata accanto ad una vecchia stufa di ghisa, la signorina Garoppi, tremando di freddo e di paura: freddo perché sentiva freddo (banale ma coerente) e paura perché si rendeva conto che non era ammissibile avere i brividi con 36 gradi di temperatura nell'ambiente, l'estate più calda a memoria d'uomo, la stufa accesa e tutti quei vestiti addosso!
Cosa stava succedendo, alla signorina? Covava qualche malanno? Eppure non era ammalata, la tosse non le torturava i polmoni come aveva fatto per tutto l'inverno e neanche il più piccolo starnuto turbava l'immobilità della stanza, né provocato da raffreddamento tantomeno di natura allergica. Neanche poteva temere insidie d'altro genere, nella tranquillità della sua casa, ove si sentiva sicura e protetta dagli spessi muri; nulla poteva spaventarla nel luogo che la ospitava ormai da settantadue anni nella pace più assoluta. Cosa le stava succedendo, dunque?
Cercò allora di mettere a frutto quelle poche nozioni scientifiche che ancora le restavano nel cervello, provando a razionalizzare la situazione: temperatura regolare + assenza totale di patologie o timori più o meno fondati + sensazione fisica di gelo ingiustificabile = ... con uno sforzo d'intuizione che quasi le costò l'ispessimento istantaneo delle arterie, improvvisamente capì. Comprese in quel momento che un unico motivo poteva farla rabbrividire in pieno agosto: erano quelli i sintomi tipici dell'ansia da innamoramento senile. Infatti, quella sera era atteso a Casa Garoppi l'uomo che ella bramava, che le aveva sconvolto l'esistenza al punto di farle indossare, sotto i pesanti abiti che curiosamente la proteggevano dallo sferzante gelo interiore, lingerie di pizzo profumata al gelsomino. Attendeva l'uomo che le aveva ridato la gioia del turbamento dei sensi: il signor Gaminella!

Il signor Gaminella era quasi pronto. Era una sera speciale per lui, che non aveva quasi toccato cibo a cena, tanta era l'emozione, e voleva essere perfetto.
Davanti allo specchio ammirava la riga, dritta e sicura come un ufficiale a cavallo, che, partendo sei dita sopra l'orecchio, divideva in due parti la sua folta capigliatura corvina, tre quarti a destra e un quarto a sinistra, emulando la chioma del condottiero di Braunau che dava certezze in tempi di precarietà. Il signor Gaminella, in un eccesso di patriottismo, una volta aveva provato a modellare la sua pettinatura cercando di somigliare al Supremo Palafreniere di casa nostra (l'Italia non è uno stivale, è un cavallo domato...), ma aveva troppi capelli per riuscire nell'intento. Così aveva ripiegato sul suo eroe tedesco, facendo di necessità virtù. E quale virtù si annidava in quella zazzera scolpita dalla lozione d’acqua e zucchero perché non un solo capello fosse fuori posto! Terminata la cura dei capelli passò all'abito!

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2 commenti:

  • Alessandro Sampietro il 19/05/2012 10:15
    Trovai "Carizzi..." su una compilationdi Radio Popolare.
  • Margherita Ghirardi il 27/05/2007 15:23
    Semplice e delicato.
    Come sempre bravo... eppoi quella canzone..."Carizzi r'amuri" - confesso una delle mie preferite insieme a Istanbul Uyurken - che io chiamo volgarmente la "canzone dei tonni" perchè si sente il battere dei remi sull'acqua...

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