Scena: una stanzetta in un anonimo corridoio di un altrettanto squallido e mortificante ospedale.
Personaggi: Giulia, oramai incapace anche di alzarsi per andare in bagno, andirivieni di infermiere, caposale, medici; un’affacciatina alla porta, una breve visita più di cortesia che sanitaria; io, oramai ospite fisso della struttura (potenza delle raccomandazioni) ho un falso tesserino-pass che mi autorizza, come “sanitario” ad essere presente anche fuori orario di visita parenti.
Situazione: per le sue condizioni, Giulia ha una flebo attaccata alla macchina della terapia del dolore, di tanto in tanto, in funzione dei suoi lamenti, alzo il livello di droga iniettata.
Atto finale: ho il tasca, da giorni, oramai, una siringa già pronta, so, mi è stato ben insegnato, come usarla; devo solo trovare il coraggio di farlo, e sto aspettando che sia la mia piccola Giulia a darmi l’input.
Sono le 15 e 15 del giorno 15, e Giulia, oggi compie 15 anni; mi stringe spasmodicamente l’avanbraccio, lacrime scorrono dai suoi occhi più stupendi che mai, infilo l’ago nel tubicino della flebo, un ultimo tentennamento, poi premo lo stantuffo.
Pochi minuti e la sua stretta si rilascia.
Mi allontano dalla sua stanza, passando davanti al banchetto della caposala le sussurro?"“ sta dormendo serena, vado a casa, ci vediamo domattina.”-
Nel giardino, sporco e maltenuto dell’ospedale, mi siedo su una panchina semidivelta dai vandali di turno, e resto a fissare il terreno fra le mie scarpe.
E resto a fissare il terreno fra le mie scarpe.
E resto a fissare il terreno fra le mie scarpe………
E mi sento ancora una volta solo, ancora una volta inutile, ancora una volta uomo.
Vorrei poter dire che per una istantanea reincarnazione, magari sotto forma di passerotto, Giulia volando, si fosse fermata sulla mia spalla, e beccandomi il lobo dell’orecchio m’abbia detto, sto bene, sono felice, sto con te, cosa voglio di più?
Ma così non è stato, non l’ho più vista, né percepita, tranne, talvolta, nei miei sogni maledetti.
E allora accendo il piccolo registratore e ascolto per la milionesima volta la sua tenera e dolce voce di bambina spaventata, di donna mortificata, di anima maltrattata.
-“ Vi; ti voglio un mondo di bene, tu sei e sarai sempre il mio amico, il mio fratellone, il mio fidanzatino, il mio papà, il mio complice, i miei occhi.”-
E chissà perché, ogni volta che ascolto la sua voce tutti i cani del quartiere, all’unisono ululano disperati verso il cielo, salutando a modo loro la Giulia di tutti!
E i giorni passano, e si portano appresso i mesi, che diventano anni!
PER GIULIA E TUTTE LE VITTIME INNOCENTI CHE SI REINCARNANO NEI FIORI CHE PROFUMANO LA NOSTRA VITA