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La storia di T.
T. era un ragazzo molto ben educato.
A volte l'eccesso di buona educazione può essre una trappola, e T. questo lo sapeva bene.
Aveva frequentato il Le Rosey, uno dei migliori college svizzeri; suo padre possedeva una delle più quotate agenzie per modelle in Europa, la "Skinny and Thiny Models"; sua madre beveva, ma con charme e moderazione.
Insomma, potreste dire che nulla o quasi gli mancasse, non è così?
Non è così.
T. infatti soffriva di un orribile forma di progeria.
Per chi non sapesse di cosa si tratta, la progeria è una malattia rarissima, che colpisce un'essere umano ogni cinque milioni, o giù di lì, e che fa sembrare T., che di anni ne ha appena compiuti ventuno, un vecchio di ottantanni.
Ha le sembianze di un nonnetto in tutto e per tutto a prima vista, ma i suoi occhi..., Dio, i suoi occhi non tradiscono la sua vera età, sono quelli di un ragazzo, vispi e speranzosi.
Fatto sta, che la sua famiglia, com'è forse lecito che sia, non ha aspettative nei suoi confronti; egli vive infatti in una specie di cupola allo stesso tempo dorata e di cristallo, mettetela come volete; ma a T. da qualche tempo, questo proprio non va giù.
Decide allora, un giorno qualsiasi, ad un'ora qualsiasi, ma di un anno ben preciso, ma da specificare, di scappare da quella cupola, di frantumarla.
Decida insomma di fuggire di casa, e di mostrare quello che vale veramente.
Prima di partire per quella che è la sua meta prefissata, Londra, T. svaligia la cassaforte di suo padre, pensando, in fondo di non star facendo del male a nessuno.
"Questa è la mia parte di eredità- pensa fra se e se- ,"in fondo non mi resta poi molto da vivere" .
Ed eccolo finalmente ad Heathrow, la città di tutti i suoi idoli musicali e non.
Se glielo aveste chiesto in quel momento, egli vi avrebbe definito il suo stato d'animo, come un misto di eccitazione, euforia, paura e sgomento; o molto più probabilmente non vi avrebbe risposto affatto; sapete com'è, era molto timido.
Affitta un modesto appartamento nel quartiere di Hackney, e dapprima conduce una vita sregolata.
I vicini sono straniti ed alquanto infastiditi da quello strano vecchio in giubbotto di pelle e pantaloni a sigaretta, perennemente ubriaco e dalla cui casa esce un frastuono fatto di Alternative rock e grind metal della peggior specie.
Ma ben presto T. si accorge di essere solo, ed in una città come Londra, essere soli è come far parte di una qualche classe sociale.
T. infatti nota di essere letteralmente circondato da gente sola, e che non fa nulla per non cambiare la propria situazione; gente che sui treni della metropolitana cerca il posto più isolato anche se desidera ardentemente entrare
in contatto con altre persone.
Ed in un sano delirio alcolico, T., una notte, decide di ripulirsi e di fare qualcosa per la gente sola come lui.
Ci pensa per giorni, settimane intere, per poi arrivare ad una soluzione più che brillante.
Dapprima la sua idea era quella di sedersi in posti pubblici a caso e semplicemente parlare alle persone sole; ma in questo pazzo mondo malandato, chi parla alle persone che non conosce, se non per chiedere l'ora o dire qualche banalità, viene considerato un matto, o nella migliore delle ipotesi una qualche specie di ubriacone.
Ed allora a T. viene in mente di distribuire abbracci, calorosi, genuini abbracci.
Penso ne abbiate sentito parlare, questa iniziativa è venuta da poco alla ribalta, persino i maggiori telegiornali di tutto il mondo ne hanno parlato, ma scommetto che loro non sapevano, e scommetto che nemmeno voi sapevate di T..
Ma se per caso nell' estate del 1996, vi fosse capitato di passare per Hyde park, lo avreste trovato lì, un uomo anziano con gli occhi di un ragazzo che distribuiva semplici abbracci. "Free hugs", riportava il cartello appeso al collo di T.; abbracci gratuiti.
E nel suo letto di morte, alla "veneranda" età di ventotto anni, spirò relativamente felice, poichè nemmeno lontanamente si sarebbe aspettato di andare così oltre le proprie e le altrui aspettative, nemmeno lontanamente avrebbe mai immaginato che, per un attimo, solo uno, avrebbe fatto sentire meno sole migliaia di persone a lui sconosciute.
Fin
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