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Le porte si chiudono
L’aveva vista di nuovo, allucinante!
All’inizio gli sembrava sempre di confondersi, sempre all’angolo della visuale, sempre con la coda dell’occhio, e quando si girava, non c’era più.
Ormai era un’ossessione, da giorni, ovunque vedeva quella donna strana. Strana? No, neanche lui sapeva spiegarselo meglio. Era bella, ma sembrava…
Cavolo! Ho bisogno di trovarmi una ragazza! …In bianco e nero?
Arrivò al lavoro, entrò in ufficio, 72° piano, grafico pubblicitario, e stasera doveva assolutamente finire il lavoro, altrimenti il capo lo sbranava.
Eccola, vestita di nero? No, forse non era lei. Non era mai riuscito veramente a vederla, sempre e solo un’ombra, un movimento, uno sguardo, poi niente.
Va beh! Lavoro finito, meno male, anche stavolta il capo starà buono, però sono le sette e mezza e sono l’unico pirla dentro l’ufficio! Va all’ascensore, entra, lei è lì.
Le porte si chiudono, buio, lei lo sfiora, la lingua sulla sua bocca, la mano va sotto, erezione pazzesca, un attimo, la sente sorridere, un dito sulle sue labbra, le luci si accendono, ascensore al 10° piano, fa appena in tempo a riaprire gli occhi prima che le porte si aprano.
Pazzesco! Arriva a casa sconvolto, non riesce a pensare ad altro.
Cosa è successo? Ma è successo? Non è che improvvisamente sto impazzendo?
Sotto la doccia, cena, tv. No, non oggi. Apre le porte dello studio, si mette al computer e fa l’unica cosa che è capace a fare: disegna.
Cerca di fermare quell’immagine che ha di lei, quei frammenti, quel volto, quelle mani,
quella bocca.
Alla fine la vede, lì sullo schermo, ed è lei, sicuro, e gli sembra impossibile, uscita da un’altra epoca, con quel vestito grigio e nero, antico, il velo sugli occhi, ma è lei.
Va in Internet e manda quel disegno ovunque conosce, tutti i blog che di solito frequenta, lo appende a qualunque bacheca trova: “Qualcuno ha mai visto questa donna?”.
Va a dormire un po’ più tranquillo.
Al lavoro di nuovo, ma col cavolo che oggi esco per ultimo! Così alle cinque e mezza entra in ascensore con qualche collega. Lei è lì.
Le porte si chiudono, buio, la lingua sulle sue labbra, la mano va giù, e lui viene come un adolescente al primo appuntamento. La sente sorridere, un dito sulle sue labbra, luci accese e il suo nome sussurrato appena. Ernesto. O se lo è sognato? La macchia sui pantaloni dice di no. Riesce ad arrivare a casa. Ha pronunciato il suo nome? Vuole, deve sapere qualcosa di più, va nello studio, al computer, la mail piena di spam, butta via tutto, rimangono cinque messaggi, tutte risposte alla sua ricerca. Con le mani che tremano apre la prima: vuota, la seconda: vuota, la terza: vuota, la quarta: vuota anche quella, non si legge neanche il nome di chi le ha mandate. La quinta è di una ragazza, la apre:”Ciao, lo schizzo non è male, ma rispetto all’originale hai aggiunto le scarpe, come mai? Fammi sapere. Ti ho allegato l’originale, così possiamo discuterne meglio. È così difficile trovare qualcuno con cui parlare di arte antica.”
L’originale? Arte antica? Apre l’allegato, gli appare un quadro con un link ad un museo tedesco dove c’è la descrizione:”Quadro del primo ‘200 del pittore tedesco Rudolf Klass (1179-1221) raffigurante un ballo di società, anche se la vera protagonista, secondo i critici, è la donna che si intravede sulla destra, vicina alla colonna, vestita di grigio e nero, senza scarpe e che sembra colta dall’artista come di sfuggita, con la coda dell’occhio, ma chiaramente per lui al centro della scena. Gli storici dell’epoca riportano questo strano fatto che rese il pittore celebre in quel periodo per poi cadere nell'anonimato, e cioè che quella donna sarebbe stata sua amante, e successivamente accusata e condannata come strega, nonostante la strenua difesa dell’artista, che, narra la leggenda, morì mentre la sua amata dal rogo pronunciava il suo nome.”
“Ernesto.”
Si gira, quasi cade dalla sedia, lei è lì, sulla porta dello studio.
Le porte si chiudono,
resta solo il buio,
e la voce di lei,
che pronuncia il suo nome.
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- Bravo! Pieno di ritmo e misterioso. Lo trovo anche coinvolgente.
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