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Call center
“Buon giorno sono Anna, in cosa posso essere utile?”
“Mi dice il suo numero per cortesia?”
“Un attimo, attenda gentilmente in linea.”
Avrò spento il gas? Sono uscita di corsa… Dovrei provare a cambiare turno. Non ce la faccio più a svegliarmi tanto presto. Che cosa mi aveva chiesto quello? Ah, si.
“È ancora in linea? Un attimo, prego.”
Mi sembra che l’ho spento. Si, ne sono sicura. Il caffè l’ho preso. Era uscito fuori, come al solito. Faceva pena. Amaro come il veleno, lungo come una fila alla posta, con quello stupido sapore di acqua ribollita, ma me lo sono preso lo stesso, come al solito! Ho pulito il fornello per cui devo per forza aver spento il gas. Si, sicuro. Altrimenti mi sarei scottata le dita. L’ho spento! Si, sono sicura.
“Attenda…”
E poi se fosse successo qualcosa mi avrebbero avvertita. Già. Ma chi? Non c’è quasi più nessuno nel palazzo. Tutti in vacanza. Solo Marcello non parte mai. Avrà settant’anni. E ancora fa il galletto. Ti accorgi di Marcello dall’odore di cucinato per le scale. Non ho mai visto un uomo mangiare tanto pesante. Soffrigge aglio, cipolla e tutto quello che gli capita a tiro e poi ci condisce la pasta. Appena esco si affaccia e fa finta di annaffiare le piante. E poi suona a tutte le ore. Sa i miei orari, i miei turni di riposo, le mie abitudini. Serve qualcosa Anna? Tutto bene Anna? Ti ho comprato il giornale! Ma chi lo vuole il giornale! Ma perché non mi lasci in pace! Basta!( pausa )
E invece non ho il coraggio di dirlo. Marcello è l’unico che mi parla e si accorge di me. Un po’ troppo, ma se ne accorge. Almeno mi conferma che non sono trasparente. È una brutta sensazione sentirsi trasparenti. Passi vicino alla gente senza essere vista, con un corpo di vetro limpido e delicato come un bicchiere di cristallo pronto a rompersi al minimo contatto.
“È ancora lì? Si signore, certo, c’è un problema al terminale. Mi ripete il suo numero per cortesia?”
“Io? Anna. Ma grazie! Che gentile! Come fa a sapere che è il mio onomastico? Non lo ricordavo neanche io. Ah, ecco, capisco… e da quanto tempo siete sposati?... Mi dispiace, signore, mi scusi, non sapevo, signore. No, ecco, volevo dire, magari ne avrà sofferto… Beh, allora è meglio così. E quando è successo?... Ieri? Accidenti, deve essere stato duro. Avete figli?... Io? No, non sono sposata, no. Forse pure per me è meglio così... Si, certo, ma adesso sono libera… per così dire. Si, ecco, proprio così. Diciamo in una pausa di riflessione. Lei da dove chiama? ... Abita lì? ... Già, certo, abitava… Si, i figli, capisco… Mi scusi, mi stavo dimenticando. Certo, controllo subito, signore. Mi ripete ancora una volta gentilmente il suo numero per cortesia? Bene, solo un attimo, grazie, la metto in attesa.”
Oddio ci mancava pure questo adesso. Certo poveraccio che è messo proprio male! Ma tutti a me devono capitare? Quasi si stava mettendo a piangere. E se si mette a piangere che faccio? Io non lo so se mi piace sentire un uomo piangere. Per me un uomo non dovrebbe farlo. Io vorrei un uomo che non piangesse mai. Che fosse sempre vicino a me. Che mi capisse, mi facesse ridere. Ecco, si, uno che mi facesse ridere. Sempre. Che quando piango io venisse lì e mi facesse ridere. Con un po’ di ironia. Con una faccia buffa. Con una mano sulla guancia. E tra i capelli.
Un uomo che mi accarezzasse e mi facesse ridere. Col dorso della mano sulla mia guancia. Mi piace sentire le nocche delle dita che sfiorano gli zigomi.
“Si ancora un minuto, signore. Si certo, capisco signore. Sto verificando.”
“Signore? Signore? Ma che fa, piange? Mi sente? È in linea? Su, non faccia così. Vedrà che si sistema tutto. No, no, mi riferivo alla sua scheda telefonica… Si certo… Lo so che non sta piangendo per la scheda…Si, ma almeno è un problema in meno, non trova?... E perché non le interessa? Non ha chiamato per questo?... Certo. Mi dice esattamente qual è il messaggio che sente? Può ripetere per favore?”
Non si capisce niente. “Signore mi ascolta? È ancora lì?” ( silenzio )
Oddio! È caduta la linea. Lo richiamo?
Ma chi me lo fa fare di stare a parlare con questo… Qui ci pagano a chiamate non a tempo. E poi non sono mica il telefono amico.
“Buon giorno sono Anna, in cosa posso esserle utile?”
“Mi da il suo numero per cortesia? Attenda gentilmente in linea. Grazie.”
Mi sa che lo richiamo. Magari starà ancora piangendo. Avessi avuto io una persona vicina in quel momento. Si, certo, non lo conosco, ma che importa?
Avrò chiuso bene la porta? Quante mandate ho dato? Non mi ricordo se ho chiuso bene. Che faccio? Lo richiamo?(squilla il telefono cellulare)
Oddio, una chiamata per me. Perché non ho spento il cellulare!
“Si, pronto? Marcello! Mi dica. Si ma glie l’ho detto di non chiamarmi quando sono in servizio! Sente odore di gas? Oddio! È sicuro? Da casa mia? Ha controllato bene?”
Oddio il cliente in attesa!
“Marcello, attenda gentilmente un minuto.”
“Pronto? Si, c’è un problema con il terminale, mi può dare nuovamente il suo numero per cortesia? Cosa? Ma come si permette! Ma ci vada lei! Si, guardi che anche noi qui stiamo lavorando.”
“Pronto? Pronto?” Maleducato. Cafone, ignorante e deficiente. E porco. Ecco… È veramente un porco. E cafone… E maleducato. Oddio, Marcello! Il gas!
“Pronto Marcello. Mi sente? Come? È il tubo suo che perde? Ma allora non veniva da casa mia!… Vabbè, meno male. Mi sono messa una paura… Si perché io il dubbio di avere lasciato il gas aperto ce l’avevo, capito? Si va bene. Grazie… Si alle quattro. Grazie. No Marcello, non ho bisogno di nulla, grazie. No il giornale non mi serve Marcello, grazie. Va bene, Marcello, si… grazie Marcello, grazie ancora.”
Che strazio!
Io lo richiamo. Vediamo, che numero aveva? Dunque, dunque, dunque… eccolo qui!
“Pronto? Sono Anna, l’operatrice di prima… Si, era rimasta traccia sul computer. Certo che avevo il suo numero. Come sta? Va un po’ meglio? Non faccia così, la prego. Non deve essere triste. Vogliamo provare a risolvere questo problema della sua scheda?... No, dicevo tanto per dire, così si distrae un po’. Va bene, come vuole lei. Ma non riattacchi. Non vuole più parlare con me, signore? Sapesse come ci si sente sole facendo questo lavoro. Sa, anche io mi sono ritrovata come lei da un giorno all’altro. Credevo che la vita fosse tutta lì: un bacio la mattina, un caffè che sa di acqua ribollita e via al lavoro. E poi la sera addormentati davanti la tv. Giorno dopo giorno, dopo giorno, dopo giorno, mentre cambiano le stagioni e tu insieme a lui. Finchè non ti accorgi che siete cambiati, sì, ma lui in un modo e tu in un altro. Senza saperlo neanche, giorno dopo giorno, davanti la tv, avvolti nelle stesse lenzuola, seduti davanti al solito schifoso caffè sei diventata un’aliena con un astronauta davanti che ti guarda dal suo scafandro respirandoci dentro. Gli parli ma lui non ti capisce, non comunica, appartiene ad un'altra civiltà, distante anni luce dalla tua.”
(come in un sogno)
Huston abbiamo un problema, passo.
Avanti Apollo, ti copiamo. Che tipo di problema? Passo.
Huston, qui Apollo: non ci amiamo più, passo.
Ok Apollo, ricevuto, passo.
Huston, qui Apollo, mi sentite, passo. (pausa)
Huston mi sentite, passo? ( pausa )
Ok Apollo. Ora ti sentiamo, passo.
Attendo istruzioni, Huston, che devo fare?
Qui Huston, ti sentiamo: abbandonare la nave, ripeto, abbandonare la nave, passo.
Ok Huston, ricevuto. Apro il portellone. Sto uscendo, Huston… Oh mio Dio… ma è bellissimo qui fuori… Huston mi sentite? Huston?... Huston? Mi sentite?
E non è più tornato.
“Pronto, signore, mi sentite? Pronto? È in linea? Mi sentite? Signore mi sentite? Posso esserle utile?”
( silenzio )
“Buon giorno, sono Anna, in cosa posso essere utile?”
“Mi può lasciare gentilmente il suo numero? Attenda in linea per cortesia.”
BUIO
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1 recensioni:
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- barlumi di umanità nella routine di un lavoro che tenderebbe a spersonalizzare...
- Bello, nella sua tristezza... l'ho letto tutto d'un fiato...
- I lavoratori precari hanno tanti problemi. Meritano rispetto e solidarietà. Anna, così nevrotica, sfigata, prolissa e poco intelligente, non li rappresenta. Fortunatamente.
- anche in questo racconto ti muovi nella pesantezza della quotidianità con la leggerezza triste della poesia.
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