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Nevrosi
San Francesco chiamava i nevrotici "gli angosciati"
e aveva per loro la stessa tenerezza che nutriva per i
lebbrosi. Li baciava sulle guance, incurante del contagio.
L'amore vinceva ogni paura.
Oggi i nevrotici sono i "diversi", tollerati in famiglia che
lascia loro spazi di libertà molto ristretti. Se esprimono un'opinione
non condivisa viene subito etichettata come faziosa o dettata da
impulsi irrazionali o frutto dell'aggressività. Parlo per esperienza.
Il nevrotico qualche volta è aggrssivo, quando l'incomprensione,
l'emarginazione o addirittura l'insulto scatenano in lui meccanismi
distruttivi che colpiscono prima di tutto proprio lui. Allora sta
male da morire, sospinto in una solitudine che annienta la sua forza
vitale.
I nevrotici sono una manna per neurologi, psichiatri, psicanalisti.
Nella mia esperienza di nevrotica ne ho incontrati molti. Non posso
dire che mi abbiano aiutato molto. Qualche volta sono così maldestri
da andare a toccare con ruvidezza ferite aperte, oppure, anche loro,
forse credendo di far bene, ti caricano di sensi di colpa. Per un
certo periodo ho frequentato un neurologo che una volta mi raccontò
una sua storia personale. Mi disse che aveva il terrore delle
nefropatie, terrore che lo induceva a controllare, ogni mezz'ora,
il colore dell'urina. In un giro turistico all'estero, fece fermare,
in piena notte, il pullmann, per fare il necessario controllo.
Il bagno si trovava in un sotterraneo. Risalendo non si accorse
di un arco più basso della sua statura. Vi andò a sbattere la testa,
beccandosi una commozione cerebrale. Naturalmente quella fu l'ultima
seduta.
Come ho vissuto? Accettando questo limite, aumentando i miei
interessi, tenendomi sempre occupata. Dopo aver detto tanto male
della categoria degli strizzacervelli, sento il dovere di correggermi.
In realtà un grosso aiuto l'ho avuto da uno psicoterapeuta che operava
in Messico dove aveva organizzato una struttura pubblica, e quindi
gratuita, per gli "angosciati" Feci con lui, alla Cittadella di Assisi,
una breve trapia di gruppo che comprendeva vari esercizi finalizzati
a riconoscere il limite, l'imperfezione, la presunzione di essere
perfetti. Fra i membri del gruppo, 15, riuscì a creare una grande
solidarietà, legami affettivi, una reciproca accettazione. Quando
finì il corso, molto breve, buttai tutti gli ansiolitici e cercai
di far tesoro della lezione che avevo ricevuto. Una lezione non
cattedrattica ma affettuosa, rispettosa della dignità spesso
calpestata da chi ha avuto la fortuna di non entrare mai in questo
tunnel che Giuseppe Berto chiamava il male oscuro. Ho convissuto
con il mio limite come lo storpio convive con il suo. Una convivenza
difficile ma che non impedisce di vivere, di amare, di pensare, di
non perdere mai la speranza. La vita è così bella che vale la pena
di viverla con qualsiasi limite. Se ho deciso di raccontare questa
storia, superando i pudori di una confessione, è perché non mi
sento una "diversa".
Ma una domanda, in tanti anni, non ha trovato valide risposte.
Perché la nevrosi? D'accordo, i traumi infantili, cause che si sono
nascoste nel profondo dell'inconscio. Ma perché, quando vengono
portate alla luce, la nevrosi resta? Una volta na persona diase
che il nevrotico vuole vendicarsi delle persone con le quali
è in relazione. Ma perché vuole vendicarsi? Forse perché
attribuisce a chi gli è più vicino la responsabilità del suo
malessere? A me, questa definizione della nevrosi, sembrò proprio
una stupidaggine. E perché i popoli del Terzo e Quarto mondo
non conoscono la nevrosi? A me non risulta. Poi, chissà?
In un Convegno di psicanalisti organizzato nella mia città,
gli esperti convenuti ci estenuarono per tre giorni con
relazioni a raffica. Una passerella per lor signori. Quando
mancava mezz'ora alla chiusura del Convegno, aprirono il dibattito
pubblico. Un signore prese la parola. Non ricordo cosa disse, ma
ricordo la risposta di un noto psicnalista. " Non dica balle"
La rabbia montava in me da parecchio tempo. Chiesi la parola
e lamntai il fatto dell'apertura del dibattito praticamente
alla chiusura del Convegno. L'illustre psicanalista, provoca-
toriamente, disse: " E se le dò la parola, ha qualcosa da dire?"
Mi vidi persa. Ma l'aggressività e il disperato bisogno di
autostima qualche volta salvano il nevrotico, Dissi: "Secondo me
la psicnalisi è frutto di una società e di una cultura borghesi.
Quando la società cambierà credo che la psicanalisi avrà
finito il suo ciclo vitale. E una cosa vorrei dir sul complesso
di Edipo. Tutti voi, nelle vostre relazioni, l'avete etichettato
con il termine "universale". Ma Malinowskij ha dimostrato che
nelle isole Trobriand il complesso di Edipo non esiste" Non
avevo detto grandi cose ma la sala esplose in un lungo applauso.
Evidentemente si erano sentiti tutti molto frustrati.
Oh, Francesco, mio caro fratello santo, quanta fatica deve
fare il nevrotico per vivere. Tu lo sapevi e per questo non lesinavi
le tue carezze agli angosciati.
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0 recensioni:
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- Anche io penso che gli psicanalisti siano spesso pericolosi, persone a sua volta da aiutare.
- Grazie, Sara e grazie, Giuliana.
Un abbraccio. Franca.
- Bello scritto, quasi uno sfogo di e per se stessa.
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