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La vendetta di una perdente
Selena aprì il grosso pacco che le aveva appena consegnato il postino, scartando l’involto con ansia febbrile. Non vedeva l’ora di avere fra le mani ciò per cui aveva tanto atteso. Sollevò il coperchio ed eccola lì… l’agendina elettronica che aveva sempre sognato. Era rettangolare, di un blu intenso, simile ad un qualunque comune astuccio. La aprì e si presentarono al suo sguardo una serie di tasti neri e lucenti. Le lettere dei tasti erano bianche ed in rilievo. Vi passò sopra le dita, provando un brivido alla sensazione dei suoi polpastrelli che sfioravano quelle lettere, che l’ attraevano come una calamita.
L’aveva ordinata circa un mese prima ad un’asta su Internet, per un prezzo più che ragionevole; passava molte ore al giorno navigando su Internet, cercando di isolarsi da un mondo, che del resto, non mostrava il benché minimo interesse nei suoi confronti. I suoi genitori assecondavano volentieri i suoi capricci, pur di non sentire i suoi continui piagnistei, rassicurandola che no, non era affatto grassa, che era solo “robusta”, che aveva le ossa grosse e tutte quelle balle stratosferiche che un padre o una madre si ripete come un mantra per non dovere ammettere a se stesso, che sì, effettivamente, c’è qualcosa che non va. Ciò infatti significherebbe mettersi lì e parlarne seriamente; e Dio mi è testimone che lo farei se avessi tempo, ma torno a casa stanco dal lavoro e devo ancora finire di mettere in ordine il materiale per la prossima riunione, ma sì che ci parlo con mia figlia, ma sono anche una donna, non solo una madre, ho una carriera da portare avanti… così continuavano a ripetersi Jhon ed Elise Graham, convinti di essere ottimi genitori perché erano sempre disponibili ad aprire il portafoglio con un sorriso, quando la loro gioietta, che pesava qualcosa come 85 chili, chiedeva soldi per compensare l’immenso vuoto della sua vita. Non le chiedevano mai cosa facesse ore chiusa in camera, il volto tondo e inespressivo illuminato dal bagliore dello schermo del computer, la bocca appena socchiusa in un’espressione che, se non era da ebete, poco ci mancava. Del resto Selena Graham non era mai stata una cima. E neppure una persona che si mettesse particolarmente in mostra. Difficilmente la gente la notava, se non per guardarla in maniera sprezzante, disgustati dai rotoli di grasso che le ballonzolavano sotto la maglietta e che non facevano altro che scappare fuori, ogni volta che lei inutilmente tentava di nasconderli con abiti sempre più ampi. Alcuni la osservavano soltanto con un’aperta espressione di pietà, come se fossero davvero dispiaciuti per quella ragazza che si stava scavando la fossa con coltello e forchetta. Selena cercava di non farci caso; ansando, per portarsi dietro il suo notevole peso, tentava di evitare gli sguardi irati o addirittura indignati che trapassavano il suo orgoglio come sottilissime lame taglienti, allungando il passo, spesso in un mare di sudore, trascinandosi dietro la sua vergogna e il suo disagio.
Osservò attentamente il palmare: era dotato di uno schermo retroilluminato, altoparlanti e di un registratore vocale con microfono omnidirezionale. Ovviamente per lei queste erano solo parole; non aveva la più pallida idea di cosa volesse dire che lo schermo aveva una risoluzione a 640 x 240, a 16 toni di grigio, le importava solo di possedere un nuovo oggetto, che costituisse un pretesto per attaccare discorso, magari per essere invidiata dai suoi compagni di classe, dalle ragazze della sua sezione in generale e da Tania in particolare. Tania… l’incubo di qualsiasi tredicenne esageratamente grassa e insicura, con i capelli stopposi e la pelle tendente all’acne. Tania, sempre perfetta, con le labbra rosate e brillanti di lucidalabbra, che si schiudevano su un sorriso perfetto e smagliante. Con i suoi capelli morbidi e setosi, il suo vitino di vespa e il suo corpo agile e flessuoso… che non perdeva occasione per deriderla, quando a educazione fisica inciampava nei suoi piedi, oppure correndo la derideva per la sua andatura lenta e incerta, con nomignoli affettuosi come “ippopotamo” o “massa di lardo”. Selena non brillava neppure a scuola; nessuna materia in particolare l’ interessava particolarmente e d’altronde quello per lei era solo un luogo di tortura.
Riportò la sua attenzione nuovamente al piccolo gioiello tecnologico che aveva fra le mani, lo accese e premette “Invio”; le si presentò davanti il menù con le varie funzioni: rubrica, agenda, calcolatrice, block notes… pensò che sarebbe piaciuta molto agli altri. Domattina l’avrebbe portata a scuola e forse qualcuno le avrebbe prestato attenzione, non soltanto per deriderla.
Il mattino dopo si sedette al suo posto, ultima fila a destra, infilandosi faticosamente tra la sedia e il banco; arrivava quasi sempre in anticipo rispetto agli altri. Si vergognava da morire, quando quelle rare volte che arrivava in ritardo, gli occhi di tutta la classe si fissavano su di lei, mentre raggiungeva il suo posto. C’era sempre qualcuno che ridacchiava, dandosi di gomito e ovviamente Tania non perdeva occasione per fare qualche battuta perfida, mentre con non poche difficoltà passava tra un banco e l’altro.
Mentre era lì seduta da sola, sentì delle nocette allegre nel corridoio e riconobbe Susan Gill e April Dees, le migliori amiche di Tania. Respirò a fondo e si preparò al loro ingresso. Susan e April entrarono strascicando i piedi svogliatamente, roteando gli occhi da una parte all’altra come se avessero voluto essere in un altro posto; tipico atteggiamento di Tania, che si preoccupavano di imitare accuratamente. Appena la videro, ghignarono apertamente, lanciarono gli zaini sul pavimento e le si avvicinarono.
“Ciao Sel” fece Susan con una voce melliflua e canzonatoria “che hai lì?”. “Sarà qualche stupido videogioco per grassoni ritardati!” gli fece eco April e iniziarono a sganasciarsi dalle risate, come se la cosa fosse davvero divertente. “Non è uno stupido videogioco, è un’agenda elettronica” piagnucolò Selena con la sua vocetta lamentosa, quella che detestava così tanto sua madre, che ogni volta le diceva: “Dacci un taglio Sel, sembri una bambina di 5 anni!”. Cercò di assumere un tono importante e riprese: “L’ho comprata su Internet, è l’ultimo modello”. Susan e April la guardarono con diffidenza: “Ah, sì? E cosa fa? Da qua, fai vedere”. E prima che Selena potesse replicare, Susan afferrò il palmare e lo aprì guardandolo con vivo interesse.
“Carina! Niente di speciale, però, ne ho viste di meglio…”si degnò di dire, dopo una attenta ispezione. “Che c’è di speciale?” cinguettò ironicamente una voce sulla porta e tutte e tre si voltarono a guardare Tania St. George con un timore quasi reverenziale. Quel mattino era particolarmente carina, con i capelli biondi sciolti sulle spalle e il bel vestitino rosa che evidenziava le prime curve del suo corpo che iniziavano a intravedersi. “Il nuovo giocattolino di Selena. Non è male” rispose Susan e gliela passò. Tania guardò l’agenda socchiudendo gli occhi. “Davvero è tua?” si sorprese. Selena fece lentamente cenno di sì con la testa. “Allora è sicuramente un’agenda da perdenti, sarà meglio disfarsene, no?” E la lasciò cadere per terra. Prima che Selena potesse dire o fare qualcosa, Tania vi calò sopra un piede con un ghigno feroce stampato sul viso.
Era corsa a chiudersi nella sua stanza, non appena arrivata a casa. I suoi non c’erano, del resto come spesso accadeva. Solitamente si metteva davanti alla tv con uno di quei pranzi precotti, versandoci sopra ogni tipo di salsa e condimento. Ma non stavolta. Chiuse la porta a chiave e si sedette sul pavimento in lacrime. Guardò il palmare che teneva ancora tra le mani. La parte centrale era gravemente danneggiata, i tasti schiacciati e lo schermo rovinato in più punti. Provò ad accenderla invano, mentre le lacrime le scorrevano sul viso. Niente. Rotta. Distrutta. Una rabbia ceca si impossessò di lei all’improvviso, facendola alzare lentamente in piedi; una sensazione mai provata prima, di odio, di vendetta nei confronti di chi le aveva fatto quello. Si sentì percorrere come da una scarica elettrica e premette le dita sulla tastiera facendola scricchiolare. Clic. Selena guardò lo schermo: l’agenda si era accesa e mostrava il menù principale. Guardò sbattendo gli occhi, inizialmente senza capire. Poi fu come se sapesse cosa doveva fare; andò su block notes e iniziò a digitare una frase: “Tania è una grassa scrofa”. Ridacchiò tra se. Soddisfacente, ma non abbastanza.
Usò il tasto Canc e riscrisse: “Tania perde i capelli”. Rimase lì per un po’ a fissare lo schermo e premette il tasto Invio. Dopodiché sorrise.
Il mattino dopo Tania non venne a scuola. Il suo banco in prima fila era vuoto e i volti di Susan e April alquanto perplessi. Non venne neanche la mattina successiva e neppure quella dopo. Dopo una settimana di assenza cominciarono a girare voci inquietanti. Si diceva che Tania non poteva farsi vedere perché colpita da una gravissima forma allergica che le aveva rovinato la pelle del viso e che rischiasse addirittura la vita. Altri dicevano che l’avesse colpita un tipo di influenza sconosciuta che nessun dottore era ancora riuscito a curare. Dopo circa tre mesi la signorina Temple, l’insegnate di lettere, decise che era arrivato il momento di parlare alla classe: “Ragazzi, avrete sicuramente notato come la vostra compagna, Tania St. George, sia ormai assente da lungo tempo. Purtroppo è stata colpita da una grave forma di esaurimento nervoso e non sapremo quando e se potrà fare ritorno a scuola, ma sarebbe molto carino da parte vostra andarla a trovare, portandole le auguri di tutta la classe. Ci vorrebbe un volontario…” la signorina Temple girò lo sguardo sulla scolaresca silenziosa. “Mi offro io” tutti si voltarono verso l’ultima fila, dove Selena Graham, incredibile, ma vero, aveva alzato la mano. “Bene Selena, allora è deciso! Mi raccomando salutala calorosamente da parte nostra e augurale una pronta guarigione” disse la signorina Temple. “Bene ragazzi, oggi parleremo del Romanticismo” e mentre tutti aprivano il libro di testo a pagina 28, non si accorsero che Selena, invece di seguire la lezione, toglieva da sotto il banco un’astuccio di plastica blu brillante…con uno strano sorrisetto in faccia.
L’abitazione di Tania St. George si trovava a pochi isolati da dove abitavano i Graham, ma nonostante questo Selena non era mai stata a casa sua; non era una sua amica, una del suo gruppo… non lo era mai stata. Era una delle tante villette a schiera con giardino, vicino al supermercato. Risalì lentamente il vialetto del villino e suonò alla porta. La madre di Tania venne ad aprire. “Ciao, sei l’amica di Tania, vero? Entra pure”. La signora St. George era molto elegante e curata, con gli stessi capelli biondi della figlia e un trucco perfetto anche alle quattro del pomeriggio. Ma neanche il fondotinta riusciva a mascherare le pesanti occhiaie scure date da molte notti insonni e Selena lo notò subito. “La sua camera è in fondo al corridoio, l’ultima a destra”poi parve riflettere per un attimo e aggiunse “sarà sicuramente felice di vederti”. Ma si vedeva benissimo che non lo credeva davvero e sicuramente la signora St. George stava chiedendosi che fine avessero fatto Susan e April, da sempre le migliori amiche di sua figlia. Le quali, si erano presto trovate un altro idolo da seguire, senza sentire il benché minimo senso di colpa. Ora andavano in giro con Carry Hogan e si erano fatte i buchi alle orecchie. Avevano anche iniziato ad uscire con dei ragazzi più grandi delle scuole superiori e a bere alcolici, dandosi arie da donne vissute.
Selena si incamminò per il corridoio. Arrivata davanti alla porta, afferrò la maniglia ed entrò; la stanza era immersa nell’oscurità, fatta eccezione per una piccola lampada su di un comodino; poteva distinguere dei poster alle pareti, tutti di boyband e gruppi musicali di moda. Tania stava guardando la tv a letto, la testa avvolta in una specie di turbante. Quando la vide entrare strabuzzò gli occhi in un’espressione che, se non fosse stato per la situazione, sarebbe stata addirittura comica. “E tu che ci fai qui?” sibilò, con un’espressione di autentico odio dipinta sul volto, ora magro e pallido “vattene!”. Selena si avvicinò al letto. “Sono venuta a trovarti…ehm…per portarti i saluti della classe e della professoressa. Come stai?” sembrava tranquilla e per niente a disagio. “Fuori di qui, palla di lardo che non sei altro…razza di mucca da pascolo…grassona schifosa…” “Vedo che non hai perso il tuo bel carattere a quanto pare…meno male! Almeno quello. Mi dispiace per i tuoi capelli invece, immagino che per quelli non ci sia speranza…” “Gli occhi di Tania si ingrandirono dallo stupore “ma tu…come fai a sapere…nessuno sa…” “ho tentato di essere tua amica”continuò Selena. Aveva un’aria assorta, quasi concentrata. “Ho tentato di piacerti, di essere come te…ma tu mi hai sempre umiliata con brutte parole. Mi hai offesa e presa in giro fin dall’inizio. Ma adesso basta. E’finita. Ora so cosa è giusto fare”. Tania la guardava con gli occhi sbarrati, incapace di reagire. La vide cavare fuori dalla tasca un oggetto rettangolare e sottile, che riconobbe subito dopo: l’agendina elettronica. Quella stessa agendina che aveva gettato sul pavimento e pestato. Non riusciva a crederci. Ora era nelle mani di Selena e mandava uno strano bagliore blu. Iniziò a provare un terrore indicibile, senza sapere esattamente il perché. Provò a chiamare sua madre, ma le venne a mancare la voce. Non poteva staccare gli occhi da Selena…e dall’agenda. “Adesso ti farò smettere Tania”sussurrò Selena, il volto tondo e pallido come la luna “la smetterai di perseguitarmi, c’è un solo modo per farlo, sennò non la smetterai mai”. “No ti prego, Sel…ti supplico…” Tania sentì il proprio respiro farsi sempre più pesante. Selena stava digitando qualcosa sull’agenda e la stava spaventando da morire. Poi sentì una fitta allo sterno e i propri pensieri farsi sempre più confusi…l’ultima cosa a cui pensò prima di chiudere gli occhi, fu che Selena stava sorridendo. Strano. Lei non sorrideva mai.
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0 recensioni:
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- molto interessante e intrigante, questo tuo racconto mi ha colpito brava
- ... niente male, scritto bene, qualche frenata, ma ottima costruzione. Tecnicamente... Gioacchino, é un maestro.
- Brava. Bel racconto, un po' King... Perchè mai i protagonisti l'ambientazione anglosassone?
- Una piacevole sorpresa, scrittura scorrevole, incisiva, otima narratrice.
- mi è piaciuto molto, scrivi bene francesca. complimenti, duccio.
- Buono, di solito con questi soggetti mi stanco dopo poche righe, questo l'ho letto tutto, brava.