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D. O. C. 2 (Con gli occhi di Mara)
Mi sono sforzata, ho provato, ma anche oggi non sono riuscita a trovare i tempi giusti, il rapporto corretto col mondo normale.
È come se - riemergendo dal solito sonno di superficie, l’unico che riesco a raggiungere - dopo un’altra notte trascorsa dapprima a sistemare decine e decine di volte i flaconi dei vari prodotti per l’igiene personale fino a quando la loro disposizione non soddisfa i miei rigorosi criteri; poi insaponandomi metodicamente fino a quando la schiuma non nasconde il mio corpo almeno in parte alla mia vista, ed infine cercando una disposizione inappuntabile delle lenzuola e delle coperte, in maniera che mi ricoprano con sublime precisione, non lasciando fuori nulla di me, nulla della mia persona che possa restare esposto a ciò che di notte aleggia sulla mia mente, il tempo speso in questa febbricitante attività mi abbia mandato fuori sincrono rispetto agli altri, come un film in cui le immagini scorrono con tempi diversi rispetto al sonoro, e mi concede solo due o tre ore di riposo malsano.
Per fortuna Gianni ha il sonno molto pesante, ma in queste condizioni riposare realmente è quasi impossibile, anche perché, per soddisfare le mie necessità, devo anche lasciare la luce accesa, e questo non contribuisce affatto a farlo realmente dormire.
Anche adesso, mentre sono qui in bagno ed ho già ricominciato ad eseguire quella sfilza di gesti obbligati e nocivi dai quali non riesco ad affrancarmi e che anzi, continuano ad aumentare in numero e difficoltà esecutiva, mentre non riesco a smettere di lavarmi, e lavarmi, e lavarmi, e lavarmi ancora le mani, so che di là Gianni stà camminando sul vetro, nervoso ed irritato per il ritardo che sta già accumulandosi sul suo ruolino di marcia giornaliero, e sta pensando alle frecciatine idiote di Terenzi e dei colleghi, alle battutine furbe su quella moglie dalle braccia pallide, eppure non riesco a smettere, non riesco a vincere, non riesco, non riesco……ed il rimorso per la vita a cui condanno Gianni e Lorenzo mi sventra da dentro, si forma come gelido ammasso canceroso nello stomaco e poi deflagra dilaniandomi, ma lo stesso non riesco.
In cucina devo sporgermi per forza per prendere il bicchiere, non posso rischiare di toccare né il lavello né le altre stoviglie, sarebbe la fine, e faccio colazione ingozzandomi sperando di recuperare qualche secondo per Gianni.
In effetti il Professor Mari ha indovinato subito la causa sostanziale di questi miei disturbi del comportamento individuandola nel mio rapporto con mio padre, ma neanche lui ha ancora intuito come e quanto egli abbia profondamente inquinato la mia esistenza, come micidiale sostanza tossica che avvelena irrimediabilmente una falda acquifera originariamente purissima.
Neanche lui, pur con tutti i suoi studi, può o potrà mai comprendere come il suo generale astio verso gli altri, la sua delusione per quella quarta figlia femmina che lo ha definitivamente privato di un erede, il suo disprezzo per la mia sessualità di donna e le sue manifestazioni, anche le più innocenti, quel senso di lercio che mi ha costretto ad associare loro, ha prodotto in me un desiderio di autoflagellazione e contemporaneamente di purificazione mentale sublimata nell’uso maniacale dei detergenti, nel rifiuto di toccare qualcosa che lui ha sfiorato anche solo per ipotesi, (Gianni ancora non conosceva la situazione quando lo chiamò a mia insaputa per sostituire il flessibile del lavello), persino nell’impossibilità fisica di percorrere strade che lui ha calpestato, entrare in negozi dove lui ha acquistato, comprare prodotti di una marca da lui usata.
Ma, paradossalmente, deve esserci anche qualcosa che mi incatena a vita a quell’uomo, che mi impedisce di liberarmi dalla sua nefasta influenza, e che si concretizza nell’impossibilità, conclamata da terrificanti attacchi di panico, di percorrere qualunque strada sia tracciata per lasciare la città, per mettere spazio tra me e lui.
Impossibile stare nella stessa città, impossibile non starci; è una gabbia mentale inespugnabile quella in cui ho rinchiuso me, mio marito, mio figlio, per sempre.
Ed il rimorso… questo rimorso insopprimibile che mi brucia da dentro, ogni secondo della mia esistenza è il suo capolavoro, dovrei focalizzare il mio odio verso lui, ed invece odio me, senza speranza.
È riuscito, lavorandoci per parecchi anni, a convincermi che era colpa mia se ero inadeguata, se non ero brillante, se non ero un uomo, ed allora è più comodo odiare me stessa che fare i conti con la realtà squallida di un padre inutile e, lui si, inadeguato.
Lo sò che dalla circonvallazione impiegheremo molto di più e Gianni non sopporta di ritardare, ma che posso farci?
Ricordi Gianni quando hai provato a forzarmi passando dalla Via Tasso?
La via dove c’è quel supermercato da cui lo abbiamo visto uscire una volta….. Dio mio…. credevo di morire mentre i tremiti mi squassavano, mentre i polmoni si chiudevano e l’aria non entrava più in me, mentre il terrore più puro invadeva ogni singola cellula del mio essere, trasformandomi in un ammasso informe di tremori e panico.
Mentre ricordo la scena anche questa tua musica così martellante vomitata dallo stereo dell’auto è bene accetta alla mia psiche, ed è utilissima per distogliermi dal ricordo.
Oggi sei nervoso, ti vedo che stringi il pomello del cambio fino a sbiancarti le nocche per lo sforzo e so che ti stai cercando di seppellire il rancore sotto una coperta d’amore, e sto zitta, cercando con la postura di mimetizzarmi con lo sportello per non disturbare.
Anch’io ti amo, e so che, più o meno volontariamente, mi hai salvata, almeno per ora, vorrei darti solo normalità, passeggiate al mare con Lorenzo, e fine settimana ai Colli, ma non posso….. non posso…. non posso…..
È verde amore, dai…sei già in ritardo, su…. che aspetti? Ingrana la marcia e stai attento al camion, amore mio………
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0 recensioni:
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- Grazie.
- Lavoro ottimo. Ben scritto. Nulla di più di questo scritto si avvicina alla realtà di chi è consapevole della prigione in cui è rinchiuso, ed è incapace di evaderne.
- Un altro commento sostanzialmente positivo da parte di una donna. Parliamoci chiaro... sarei stata una donna magnifica
- Come ti ho scritto in privato molte donne mi hanno scritto per dirmi che sembrava scritto da una donna, ad un uomo può sembrare più lento xchè le donne sono più analitiche di noi, mi sembra una ulteriore conferma di "essere stato donna" in maniera dignitosa.
- Foerse un po' meno libero di DOC. Come dicono nell'altro commento è difficile per un uomo entrare nella testa di una donna e scriverne, temo che la difficoltà abbia influito sullo stile che risulta più affaticato, lento, pesante. Comunque un gran bel racconto, scritto bene, ma mi e piaciuto di più DOC. sette
- Ti ringrazio molto Giuliana, mi interessava sapereda una donna se scrivere calandomi nella testa e nei pensieri di una donna mi era riuscito, dato che credo sia incredibilmente difficoltoso per un uomo farlo maniera credibile. Sono contento dell'impressione che ti ho fatto, ciao.
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