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Il vecchio dei lampioni
Erano le quattro del pomeriggio quando decisi di scendere giù a prelevare la posta nella mia buca delle lettere. Non avevo potuto ritirarla in mattinata poiché ero tornata carica di borse della spesa. Tra tutta la pubblicità e i consueti giornalini religiosi, arrivò puntuale anche la bolletta del telefono; quando vidi la cifra mi preoccupai abbondantemente anche perché già sapevo quale sarebbe stata la reazione dei miei genitori.
Non potevo certo pagarla io, capirai, con quello che ricevevo come paghetta mi bastavano appena per coprire le mie spesucce personali. Pensai che durante i due mesi avevo usato un po’ troppo il telefono e quasi me l’aspettavo una sorpresa simile. Appena la consegnai ai miei, come prevedevo, successe un casino tremendo e io, avvilita e demoralizzata, sbattendo la porta, uscii di casa.
Erano intorno alle 18:30 di un martedì di fine ottobre, faceva molto freddo e le strade erano semideserte; così, non sapendo dove andare, telefonai a Daniela, la mia amica del cuore, per sapere se mi potevo recare a casa sua. Quando lei accettò io fui molto contenta e anche sollevata.
Passammo due tre ore a giocare e a parlare delle nostre cose; poi, intorno alle 22:30, dopo aver anche accettato l’invito a cena da parte sua, me n’andai. In quell’arco di tempo, per la rabbia, avevo spento il cellulare e quando fui uscita dal portone della mia amica, ricordandomene lo riaccesi. Vi trovai tre chiamate, due da parte di mia madre e una da parte di mio fratello.
Mi sentii di colpo più serena, così decisi di tornare a casa. Mentre camminavo tutta rinchiusa nel mio cappotto, vidi che il vecchio dei lampioni stava già spegnendo le prime luci della strada; mi avvicinai e gli dissi: “signor Giustino, come mai questa sera ha deciso di spegnere le luci prima del solito?”; “no signorina, è solo un guasto rionale”. Mentre il guardiano stava continuando a parlare con me del problema delle luci, ad un tratto vidi verso i balconi di un palazzo dove ricominciava il buio e prendeva solo tratti di quella lunga strada rionale.
Vidi un uomo dall’apparenza giovanile che mi faceva segno con la mano di avvicinarmi. Non sapevo cosa fare, avevo paura, non mi fidavo, ma con mia somma sorpresa il guardiano mi disse: “non lasciarti ingannare e se vuoi un consiglio, ignoralo e tornatene a casa”.
Ma io dovevo passare proprio da quel palazzo per andarmene a casa e non sapevo cosa fare, così dissi al guardiano: “scusate, mi potete accompagnare fino alla fine del rione?”; lui accettò di accompagnarmi ma quando guardai in alto per vedere se quell’uomo c’era ancora, non lo rividi più. Così, notando quel particolare, dissi al signor Giustino: “quell’uomo non è più affacciato al balcone”; ma il guardiano mi rispose: “non ci pensare e affretta il passo”.
Arrivati vicino all’entrata di quel palazzo dove c’era l’uomo affacciato, notai che il portone era aperto e, quando dal buio vi uscì quest’ultimo, mi stava prendendo un colpo per la paura.
Quando il passare di una macchina illuminò con i fari la sagoma del giovane, vidi che era tutto vestito di pelle nera ma il suo volto mi sembrò non solo familiare ma anche qualcosa che amavo molto.
Infatti questo
era il volto del mio amato Liebe, proprio lui in persona ed era vicino a me. A quel punto il buio, che finora mi aveva messo tanta paura, mi sembrò stupendo. Mi passò il timore e una grande gioia s’impadronì di me; il signor Giustino, uomo anziano ma perspicace, dovette ovviamente accorgersene poiché mi disse: “credo che lei non voglia più la mia compagnia ma, se posso darle un consiglio, stia attenta”.
Ma Liebe, a quelle parole, lo guardò male e lui se ne andò per riprendere il lavoro lasciato poc’anzi a causa mia. Quando rimanemmo soli, Liebe mi disse: “per favore, vuoi salire un attimo a farmi compagnia? Sai, abito solo”. Da come mi parlava confidenzialmente sembrava che mi conoscesse da anni; io di rimando gli risposi: “sì, va bene ma purtroppo posso fermarmi solo per poco perché è già tardi e devo rincasare”; “stai tranquilla” mi rispose lui fissandomi serio e compiaciuto. Appena mi trovai nel suo appartamento ci mettemmo in cucina seduti a parlare. Io, nell’andare dalla porta di casa sua fino a quest’ultima, notai un arredamento poco normale: candele rosse sul pavimento, una stella pagana su quasi tutte le porte e molte altre cose strane ma non sto qui a menzionarle poiché ciò che devo scrivere lo ritengo più interessante.
Comunque era tutto molto evidente; e di queste mie solo iniziali impressioni, subito dopo ne ebbi quasi la certezza.
Liebe faceva sicuramente parte di una setta satanica e io, nell’appurare ciò, ne rimasi molto delusa.
Non avevo però stranamente paura di lui e, infatti, gli dissi dopo che mi ebbe portato il caffè che nel frattempo mi aveva preparato: “Liebe, io ti voglio tanto bene sai!”; ma lui non rispose nulla a quelle parole ed era piuttosto silenzioso. Poi continuai a parlargli dicendo: “sei fidanzato?”; ma lui, con poca voglia di parlare, mi rispose: “no, sono solo e tale voglio restare”.
Ci rimasi male a quelle parole e lui se ne accorse poiché mi disse: “scusami, ma l’hai voluto tu”; il suono improvviso del mio cellulare mi fece trasalire ma, guardando verso Liebe con apprensione, dissi: “posso rispondere? Sarà mia madre”; e quando lui annuì, presi il cellulare e vidi che effettivamente sul display era apparso il numero di casa mia.
Comunque mi limitai a dire a mia madre solo poche parole, dicendole: “ho avuto un contrattempo, ma tra un po’ arrivo”; e chiusi la chiamata.
Stavo per rivolgermi a lui dicendogli che dovevo andarmene, ma lui mi precedette rispondendomi in anticipo: “va pure, ma non parlare ai tuoi genitori di me, capito?”; “va bene” risposi io; e, dopo aver preso il cappotto, lo salutai e mi avviai verso la porta che dava sulle scale preceduta da lui.
Una volta sul pianerottolo, prima di andarmene, mi disse: “domani sera, intorno alle 21, ti rivoglio qui, capito? E bada bene” continuò, “che non saremo soli come stasera”; a quel punto mi venne spontaneo chiedergli: “chi ci sarà con noi?”; “lo vedrai domani” mi rispose, senza troppi giri di parole.
Quando uscii dal suo palazzo, fin quasi sotto casa mia, notai tre cose molto strane: la prima, un cane tutto nero che mi aveva seguita fino sotto casa; le luci dei lampioni che prima non funzionavano a causa di un guasto e che il guardiano aveva spento, dopo il mio passare di lì si erano riaccese tutte; e, infine, una cosa riguardante proprio il signor Giustino e cioè il suo giaccone e il suo berretto abbandonati al di là della siepe.
Quando giunsi a casa ero un misto tra preoccupazione e gioia perché, riguardo a quest’ultima, ero stata con l’uomo dei miei sogni. I miei genitori già avevano dimenticato tutto l’accaduto e in casa c’era una certa tranquillità.
Me ne andai a letto dopo averli rassicurati e chiaramente non parlai a nessuno di ciò che mi era successo. La mattina dopo, appena sveglia, accesi il cellulare e subito vi trovai un messaggio di Liebe in inglese che diceva: “I get you, baby!”, che tradotto in italiano significa: “io ti posseggo, bimba!”.
Questo messaggio, proprio perché veniva da lui, mi rendeva molto felice: l’amore che provavo per lui mi rendeva cieca alla fin troppo evidente realtà e, nel contempo, mi sentivo fragile e vulnerabile poiché, presa da lui, ignoravo il pericolo che mi attendeva.
Quando giunse l’ora dell’appuntamento io mi diressi a casa sua ma, prima di bussare al suo citofono, volli fare un salto dalla mia amica del cuore per salutarla approfittando che ella abitava proprio nello stesso rione.
Ma proprio mentre stavo per dirigermi al suo portone, la vidi giù che stava buttando la spazzatura; ci salutammo con un bacio, poi lei disse: “come mai stai qui nel rione? Da chi devi andare?”; mi ricordai che Liebe mi aveva vietato di parlare di lui a chiunque, ma lei era la mia amica più fidata e sentivo di doverglielo dire.
Quando le dissi: “vado da Liebe”, lei esclamò, sgranando gli occhi: “da chi vuoi andare?!”; risposi io: “Liebe, quel ragazzo che abita al numero 30, lo conosci?”; “sì” disse lei, “e ora ho capito di chi parli, ma non ti permetterò di andare da lui, sei matta, vuoi morire??”; “senti” le dissi, “io ci devo proprio andare poiché lui mi aspetta”.
A quel punto lei, scoraggiata e con tono triste, mi disse: “tieni, metti al collo almeno questa croce di S. Benedetto”; “ma io ce l’ho già” risposi, togliendolo dall’interno della maglia e mostrandoglielo; a quel punto lei, facendo un sospiro, disse: “ah va bene, ma stai attenta, tanto so che fermarti sarebbe inutile poiché quando si tratta di Liebe tu perdi completamente la testa”.
Detto questo la salutai e mi diressi al portone del mio amato; stavo per bussare ma lui era già giù che mi aspettava e quando mi vide disse: “buonasera”; “ciao Liebe” gli risposi sorridendo; “sei in ritardo” mi disse, poi aggiunse: “come mai?”.
Naturalmente lui già sapeva la verità ma voleva vedere se io gli avrei mentito; infatti, dopo che fortunatamente gli dissi con chi mi ero fermata, lui aggiunse: “bene, vedo che almeno non mi hai mentito anche se hai la brutta abitudine di non ubbidirmi, vero?”.
Quando vide che io tacevo, riprese a parlare: “cosa ti avevo raccomandato ieri sera?”; “scusami amore” gli risposi, “non accadrà più, te lo prometto”; “lo so” disse lui, “poiché ora, anche volendo, non potrai più raccontare nulla a nessuno”.
Intanto che lui parlava, eravamo già sul pianerottolo del suo appartamento; e quando lui con le sue chiavi aprì la porta, nel vedere ciò che mi si prospettava davanti, mi spaventai anche se già lo ero un po’ da come mi aveva parlato.
Quando mi condusse in una stanza, vi trovai a terra e alle pareti candele nere accese e una stella a cinque punte disegnata sul pavimento. Mi accorsi, ormai terrorizzata e piangente, di ciò che volevano farmi.
Volevano eliminarmi facendo un rituale satanico; c’erano anche degli uomini incappucciati, tutti vestiti di nero, e Liebe, intanto, si era unito a loro.
Ma non sapevo chi fosse di quelli poiché avevano il volto coperto dai cappucci. Mi toccai il petto per prendere in mano la croce di S. Benedetto ma vidi che non l’avevo più, poi dissi rivolta a uno di loro: “cosa volete farmi?”; e uno di loro, nel venirmi vicino, mi disse: “ora morirai”.
Quando mi prese per il braccio per trascinarmi verso il tavolo dove si doveva compiere il rito, notai al dito dell’uomo incappucciato l’anello che avevo visto sempre al dito di Liebe; così dissi: “Liebe togliti il cappuccio, ti ho riconosciuto”; ma lui, con mia somma sorpresa, disse togliendosi il cappuccio: “guardami bene brutta stupida, ti sembro forse Liebe?”.
In quel momento mi accorsi che sotto il cappuccio non c’era lui come credevo, poi questi aggiunse: “lui non è qui, non c’è mai stato; ma mi sono servito di lui per farti entrare qui e portare a termine il mio piano”; poi disse, avvicinando il suo viso al mio: “guardami bene, mi riconosci?”.
A quel punto riconobbi in lui il guardiano dei lampioni, che disse: “ora sai anche questa verità, ragione in più perché tu muoia”.
Ad un tratto però suonò il campanello:uno di loro, togliendosi il cappuccio, andò ad aprire; e dopo che lui ebbe aperto sentii, con mia somma soddisfazione e gioia, che era la mia amica Daniela con la polizia.
Appena lei mi venne incontro, mi risultò spontaneo di buttarle le braccia al collo: mi sentii in salvo mentre la polizia conduceva via, dopo averli ammanettati, tutti i componenti della setta.
Ero felice di averla scampata ma il mio cuore era ugualmente triste poiché credevo di aver perso Liebe; ma quando mi girai per parlare con il maresciallo rimasi sbalordita e lo guardai senza parole: era lo stesso ragazzo che avevo visto giù al portone il giorno prima e che mi aveva salutato dal balcone quando era cominciato, come suppongo, l’inganno del guardiano.
Poi lui disse, mettendomi al collo il mio crocifisso: “l’ho ritrovato giù al portone per caso, ora cerca di non perderlo più”. Una volta giù al portone, mentre camminavo verso la volante vuota dei carabinieri con la quale dovevo dirigermi al comando, mi persuasi che Liebe non era, come credevo, un membro della setta ma il maresciallo dei carabinieri.
Arrivati alla macchina, prima di salutarmi, si avvicinò un po’ di più a me e disse: “ora che il tuo viaggio immaginario in me è finito, vorrei che tu ricordassi questo: quando sarà il momento giusto e se Dio lo vorrà, m’incontrerai sul serio e quel giorno non avrai più bisogno di viaggiare con la fantasia perché io farò parte della tua lieta, gioiosa e piacevole realtà”.
Non sempre la realtà è come crediamo che sia………
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