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Il fruttivendolo olivastro
“Hey Calh, che mi dici dei peperoni?”
Calh non risponde, ma muove appena l’angolo destro della bocca, socchiudendo contemporaneamente gli occhi, e la signora che ha posto la domanda capisce, unica nel negozio, che è meglio lasciar perdere, i peperoni li comprerà la prossima volta.
Sono passati solo cinque anni da quando Calh ha rilevato il suo negozietto, ma la clientela è già ben delineata e lui sa bene che la signora alla quale ha appena fornito l’informazione circa i peperoni da non acquistare è una cliente fissa, una buona cliente, ed il mancato guadagno di oggi si tradurrà in un doppio guadagno domani, quando lei, gratificata dal trattamento riservatole, tornerà, e spinta dal senso di riconoscenza metterà nella sua borsa un quantitativo di merce doppia rispetto a quello che aveva intenzione di portare a casa.
Calh conosce bene queste dinamiche, anche i suoi erano nel commercio, pur se in un settore diverso, e certe cose funzionano allo stesso modo un po’ dappertutto.
Il ricordo di quelle mattine trascorse in quello squallido mercatino, (ma che era squallido Calh lo capisce solo ora che è a contatto con questa realtà nuova), a vendere roba sostanzialmente inutile come quelle collanine confezionate da sua madre con ciò che si trovava in spiaggia e canestri intrecciati alla meno peggio da suo padre a gente sostanzialmente bisognosa di tutto, era uno dei più vividi nella sua memoria e, seppure in maniera più naturale, senza un calcolo dietro, anche i suoi invogliavano la sparuta clientela nello stesso modo in cui Calh aveva fidelizzato al suo esercizio la signora dei peperoni.
Lui sa bene che le sorti di quel piccolo bugigattolo da fruttivendolo sono fondamentali per sé e per la propria famiglia nucleare venuta qui assieme a lui, senza contare i tanti parenti rimasti in patria - primi fra tutti i genitori?" e dipendenti in larga parte dalle sue rimesse monetarie.
No, il negozio, (chiamato semplicemente “Da Calh”), è troppo importante per fallire, e lui metterà in atto ogni azione, ogni espediente, ogni mezzo per farlo andar avanti.
Del resto le cose hanno cominciato a girare per il verso giusto in un tempo molto breve, molto più breve di quanto l’uomo si aspettasse.
Ogni giorno infatti, Calh non può impedirsi di ripensare a quando è partito, sotto un sole che ti faceva sentire il capo come un’incudine, ed i suoi raggi come mille martelli battenti sulle tempie, assieme alla moglie ed alla figlia neonata.
Tutta quella strada percorsa di notte assieme a tanti disgraziati come loro, su un carretto guidato da un caporale, (che si è fottuto da solo metà dei suoi risparmi accumulati lavorando la terra amara del suo paese), la sete, il caldo, e poi il porto, la passerella tenuta insieme con lo spago, e l’imbarcazione, migliore di come gli avevano paventato a dire il vero, ma anche lì divisa incredibilmente in classi sociali, con quelli che avevano a disposizione più soldi ad occupare posti migliori dei suoi.
Del lunghissimo viaggio aveva ricordi frammentari: i pianti continui della bambina, lo sguardo comprensivo della moglie, conscia del suo tentativo di regalarle qualcosa di meglio della terra infuocata della quale venivano, il cibo scarso, la dissenteria, ed il puzzo, soprattutto il puzzo.
Si rendeva perfettamente conto che, date le condizioni, era inevitabile che una simile massa di gente, stipata in uno spazio così limitato e così a lungo, producesse un olezzo tremendo, ed era anche disposto a sopportarlo e dimenticarlo, ma lo sguardo della sua compagna, non abituata a certe promiscuità e che solo in questi momenti si era lasciata sorprendere a tradire il disagio con l’apparire di un velo umido su una pupilla, (solo una), quello non riusciva a dimenticarlo.
Non poteva fare niente per alleviare le sue condizioni, e questa era la cosa che più lo umiliava, ma considerando che uno o due non ce l’avevano fatta, era disposto ad ingoiare anche questo rospo.
Quello che ricordava bene era l’arrivo, non si aspettava che li facessero sbarcare su una piccola isoletta, credeva di arrivare subito sul Continente vero e proprio, invece prima c’era questa specie di sputo di roccia sul quale avevano costruito un centro di smistamento, dove procedevano a fare le visite mediche, a riempire questionari circa la provenienza di tutti tramite degli interpreti, dato che venivano da vari paesi, e verificare la fedina penale ove possibile.
Per alcuni era stata ancora più dura, più umiliante, il tizio della fila alla sua sinistra per esempio, tutto quello che era riuscito a capire era che veniva da una zona del Nord Est del suo stesso paese, l’interprete nemmeno quello dato che la lingua che si parla in quei posti è completamente diversa dalla sua, e Calh non la comprende.
Chissà che fine ha fatto, chissà se è riuscito ad andare avanti o se è stato rimpatriato.
Calh ad ogni modo c’era riuscito, era forte, era sano, era abituato a lavorare duro e non era mai finito dentro, inoltre aveva i suoi documenti e quelli del resto della famiglia.
Dopo qualche settimana era già sulla terraferma, ed in un paio di mesi anche la moglie e la figlia erano state autorizzate a raggiungerlo visto che Calh, tra i pochissimi fortunati, aveva trovato un lavoro proprio nel negozio di fruttivendolo che ora era suo.
Il vecchietto che lo gestiva glielo aveva poi venduto, e Calh aveva così persino potuto presentare i documenti per ottenere la cittadinanza che ora stava fiduciosamente aspettando.
All’inizio aveva rischiato di brutto, la gente era diffidente verso questo fruttivendolo dalla pelle olivastra, ma poi, lentamente, Calh aveva cominciato a crepare il muro di ostilità subito eretto dagli abitanti del quartiere, ed ora le cose andavano meglio, non benissimo, il muro presentava ampi squarci, ma non era affatto crollato e di tanto in tanto Calh beccava qualche testata sotto forma di scritte razziste sulla saracinesca, qualche insulto dalle macchine in transito, ma nel complesso meglio, ed anche la rata per la “protezione” del locale riusciva a pagarla, almeno per ora.
Si, era stato bravo, si comportava con tutte le clienti come con la signora dei peperoni, ma facendo credere a tutte di farlo solo con loro, e a poco a poco era entrato nei loro cuori, ed ora quasi nessuna di loro faceva più caso al fatto che era straniero, senza contare i moltissimi connazionali ed immigrati di varia provenienza che avevano cominciato a fare acquisti da lui e che a tutt’oggi costituivano la sua fonte principale di guadagno.
Calh aveva anche potuto permettersi di affittare un piccolissimo appartamento, certo…. male in arnese, umido, buio, e ad un prezzo che era sicuro essere maggiore di quello riservato ai nativi del posto, ma a questo Calh non poteva porre rimedio, non per ora almeno, ed il pensiero che in quella casa non lontana dal negozio adesso le sue donne lo stanno aspettando, (la bambina è ancora troppo piccola, ma in ogni caso non sta bene che la donna lavori), come nelle case degli altri, lo fa stare bene, e tiene lontano gli altri pensieri.
Calh le ha sentite le storie raccontate dagli altri immigrati sui pestaggi gratuiti, gli insulti, gli sputi, i controlli ingiustificati della polizia, (anche se, e questo lo sa bene, molti immigrati non rigano dritto come lui, e sono qui solo per creare gli stessi problemi che creavano in patria), le case non affittate, alcune addirittura con i cartelli esposti in bella mostra ad annunciare che non si affittano case agli stranieri, alcuni anche utilizzando un linguaggio più…colorito.
Calh ha sentito tutto, ed anche se non ha mai vissuto personalmente queste situazioni, trema costantemente per la sua famiglia, ed è quindi contento che nessuna delle due esca mai di casa.
È ora di chiudere, Calh abbassa la saracinesca del suo esercizio e comincia a fare i conti della giornata.
Le cose vanno ancora discretamente, ma, anche se non capisce bene queste cose dato che non ha studiato, (nessuno lo ha fatto nel suo paese, nemmeno il sindaco), si rende conto che qualcosa di grosso sta per succedere, e non si tratta di niente di buono.
Anche la signora dei peperoni per esempio, fino a pochi mesi fa comprava chili di frutta e verdura senza pensarci troppo, ora invece arriva con la lista degli acquisti da fare preparata a casa e non prende un etto in più di quello che deve.
C’è la recessione, (ha imparato il termine sentendolo da altri), ed alcuni stanno facendo predizioni tremende su quello che può accadere da un momento all’altro, ma i ricchi politicanti che governano il paese continuano a rassicurare tutti, e lui gli crede.
Ed allora Calh sorride mentre mette il lucchetto alla saracinesca e si avvia a piedi verso casa attraversando questo umido Mercoledì pomeriggio di questo piovoso Gennaio del 29, e quando la moglie lo vede con aria assente a tavola e gli domanda:
“Calogero, a ccu penzi?”
Calogero risponde: “Nenti Rosalia, stavu pinsannu all’Italia e alla Sicilia nostra, stavu pinsannu chi quannu magari nui nni saremo fatti troppu vecchi ‘ppi travagghiari, magari puru in Italia si starà megghiu. Magari puru da nui cci saranno Cristiani chi ssi mettunu a ‘mmari e vegnunu a circari l’America in Italia. E allora Rosalia, t’ummaggini….. in Italia trovirannu a nnui, i nostri figghi, genti chi ssa chiddu cchi voli diri lassari tuttu e annari ‘a nnautru postu, a ‘nnautru munnu ‘ppi campari, e allora Rosalia, sta genti non soffrirà com’a nnui, non ci sputirannu ‘nta facci picchi ‘avi sta pelle na picca cchiu scura comu chista mei, non troverà cartelli ccu ssu scrittu : NON SI AFFITTA AGLI ITALIANI, e cchistu Rosalia picchì nui sapremo cosa voli diri, e sapremo essere fratelli Rosalia, capisci quanto sarà megghiu, u futuru?”.
Postfazione:
Il presente racconto ha raggiunto il suo scopo se il lettore, fino alle ultime righe, ha creduto di leggere di un moderno immigrato Africano in Italia, inducendo così, almeno spero, ad una riflessione sul nostro passato e sul modo di interpretare il presente, specialmente da parte di quegli abitanti del ricco Nord-Est che un tempo non lontano era terra di fortissima immigrazione verso America ed Australia. Lo sputo di roccia sul quale Calh/Calogero sbarca non è dunque Pantelleria, ma la tristemente nota Ellis Island, punto di raccolta di milioni di immigrati in terra Americana ed oggi museo.
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