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Una storia con il demonio

Una sera di inverno mi trovo insieme con gli amici in una fattoria. Siamo nella piccola cucina adiacente alla stalla e giochiamo a carte o mangiamo semi di zucca.
È il plenilunio di gennaio. Fuori, un freddo polare è disceso sulla distesa di neve ghiacciata. I galli hanno cantato tutto il giorno, segno che nevicherà ancora.
É da poco suonata la mezzanotte. Il nostro gioco è disturbato dal ringhiare di Boll, il cane che sta di guardia in cortile. Un altro poco e sentiamo gli strattoni che dà alla catena.
"Ci sono i ladri!" grida il padrone di casa e si alza per controllare.
Nello stesso tempo sentiamo dei rumori provenire dalla stalla. Le vacche sono diventate inquiete, scalciano e muggiscono.
Lo stalliere scende giù in stalla. I muggiti si fanno più forti uniti ai tintinnii delle catene. Mi affaccio alla porta e vedo l'uomo che tenta di calmare le vacche, rimuove il letame, mette della paglia nuova. L'abbaiare del cane dapprima furioso è sceso a un guaito e adesso è ritornato il silenzio.
Vado alla finestra insieme ad alcuni uomini per scrutare la distesa di campi innevati sotto la luna. Jack intanto è andato a spiare dalla finestra della saletta. Il suo grido strozzato ci fa accorrere tutti insieme.
C'è un animale mostruoso alto più di un uomo là fuori fra la stalla e la casa. Sembra un enorme uccellaccio nero con pelo ispido e ali membranose.
É un essere orrendo con la testa a punta e quando si muove vedo un muso da maiale che mi fa rabbrividire. Si muove goffamente mentre si allontana a piccoli balzi verso la strada.
Dopo il silenzio di prima sembra scoppiare il finimondo. Il cane riprende ad abbaiare come impazzito, le donne in cucina si sono messe abbracciate e gridano che è arrivato il demonio. Qualcuna prorompe in grida isteriche. Le più anziane si mettono a fare congetture:
"La luna aveva un colore insolito."
"I galli hanno cantato durante tutto il giorno."
Tra baccano di panche rovesciate corriamo tutti nel ripostiglio a prendere bastoni, forche, badili, armi improvvisate. Poi Fred toglie i catenacci, apre la porta ed usciamo sull'aia.
La notte invernale è gelida e senza vento. Qualcuno che si è spinto più avanti chiama e altri accorrono con delle torce. Tutti ci chiniamo in cerchio per guardare per terra.
Sullo strato di neve c'è una specie di velo ammucchiato e spiegazzato. Il velo è una sottilissima garza con riflessi perlacei, iridescenti. Nessuno osa toccarlo. Proviamo a spostarlo con la lama del badile ma è leggerissimo e dove si tocca si liquefa scomparendo.
Restiamo ad osservare perplessi poi sentiamo qualcuno che grida:
"Là, là, guardate."
Il sellaio sta indicandoci qualcosa. Mi avvicino e vedo una fila di impronte fresche che si allontanano sulla neve. Sono grandi impronte palmate che hanno la dimensione di una mano umana.

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1 commenti:

  • Matteo Barbarossa il 14/12/2009 15:11
    L'atmosfera è buona, la storia è interessante anche se il ritmo è un po' troppo veloce, il finale è un po' deludente.

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