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BLOODY ANGEL
Storia semitriste …
BLOODY ANGEL
Angelo Sanguinario
Solo una vita, solo un’altra vita persa, andata per sempre …
Piangere non sarebbe servito a niente. Solo a peggiorare le cose aumentando il dolore, rendendo coscienti della mancanza, l’assenza di quella rosa che da sola rendeva splendido il giardino.
Quell’ angelo aveva ali di sangue, lo ricordava bene, e si stava avvicinando a lei, sapeva che cosa sarebbe accaduto, ma lei continuava a sorridere senza motivo, che stupida.
Era quello il momento di piangere. Sarebbe stato l’unico momento giusto per piangere …
Ali rosso sangue.
Ne sentiva il forte odore acre, l’odore del sangue, e quasi ne assaporava il gusto ferreo.
La stava invadendo.
Eppure continuava a sorridere …
Prese per mano quel funereo angelo e gli porse un bacio, improvvisamente le sue ali si sbiancarono e lei indossò un candido abito bianco puro …
Se lui era l’angelo sanguinario, lei era l’angelo della fiducia e della speranza. Aveva rischiato ella stessa di tramutarsi in nulla, un nulla che sarebbe comunque stato parte di quell’angelo che lei amava tanto …
Si può provare fiducia, amore nei confronti di un angelo dalle ali intrise di sangue?
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Come tutti i giorni si risvegliò indolenzita quasi in tutte le parti del corpo e la cosa era alquanto normale per lei che ormai da 2 o 3 mesi viveva in quell’ospedale attaccata a delle flebo che puntualmente ogni mattina staccava come gesto di ribellione. Aveva una malattia ai polmoni e la cosa non le permetteva di poter stare a lungo all’aria aperta e senza l’attento controllo di uno specialista accanto a lei, senza rischiare il collasso. Era una ragazza solare e carina, aveva dei lunghi capelli mossi castano chiaro, che alla luce del sole risplendevano di un biondo radioso, e due occhioni verdi desiderosi di vedere spazi infiniti distendersi dinanzi a loro.
Ogni mattina in ospedale creava da sola il disordine e il baccano di uno squadrone di mocciosi lasciati liberi dopo 7 ore di scuola. Era la mascotte del posto, tutti le volevano un bene immenso. Aveva 15 anni e sarebbe dovuta andare a scuola ma per sua sfortuna o, come diceva lei, superfortuna non poteva andarci, così passava le giornate con lo stereo acceso ad altissimo volume, e i primari dei vari reparti, a turno, passavano a sgridarla indispettiti, così che la sua stanza era sempre piena di un via vai di dottori col broncio e le infermiere non facevano altro che ridere a crepapelle per tutto il giorno, e lei ballava, ballava, ballava … e tutti erano preoccupati che un collasso non le venisse sul serio!
Ebbene quel giorno arrivò in ospedale un ragazzo.
Lei lo vide di sfuggita, e si fermò di colpo, come colpita da un qualcosa che nemmeno lei riusciva a spiegarsi. Quel ragazzo stava creando un bel po’ di baccano, dato che dovevano strattonarlo in ben 5 persone per tenerlo fermo. E sentire come urlava …! Sembrava fosse poco più grande di lei, venne a scoprire successivamente che aveva 16 anni.
Era alto e aveva dei capelli castani abbastanza lunghi da poterli legare in un corto codino che le piacque subito … chissà perché era lì.
Lui la scorse nel parapiglia e le lanciò un’occhiata rabbiosa e scocciata e fu proprio in quel momento che lei si accorse che lui aveva gli occhi azzurri. Wow! Urlò dentro di se - aveva trovato il principe azzurro, ma quanto era casinista!!! Si fermò a pensarci su qualche secondo e poi urlò ad alta voce piena di gioia:“come me!! Si, anch’io sono una casinista!!”
Le infermiere la guardarono e resesi conto della situazione si portarono una mano tra i capelli come per dire “non riuscivamo a controllarne una e ora come faremo con due bufere scalmanate senza freni!?!”
Nei giorni successivi non le fu possibile vederlo a causa dei continui esami a cui veniva sottoposto, ma ne sentiva le urla. Poi le dissero che anche lui aveva la sua stessa malattia, solo in una forma leggermente diversa ma con gli stessi effetti. Negativi.
Lei, la ragazza che di solito faceva tremare le fondamenta, in quei giorni era stranamente triste; poi appena potè andò a trovarlo.
Lui era nel suo letto attaccato ad una flebo e con il viso imbronciato come un bimbo, decise di esordire con un grande sorriso: “ciaoooo!”
E lui le rispose molto gentilmente con un “ cosa cacchio vuoi da me? Vai via!”
Lei lì per lì ci rimase male, ma questo non sarebbe bastato a fermarla così gli si avvicinò, lo guardò dritto negli occhi e sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e intonò un altro sonoro “ciaaaaooooo!” lui la guardò con la faccia scocciata e disse: “ma sei scema??”
“come ti permetti di chiamarmi scema?!?” sbottò lei in tono canzonatorio portando le mani sui fianchi “Io che vengo qui a trovarti, dopo giorni e giorni che sei solo, e mi ringrazi così? bé tanto vale torno nella mia stanza a fare casino con lo stereo!” improvvisamente lui, che fino ad allora era stato con le braccia conserte e il viso arrogantemente annoiato, improvvisamente la guardò e il suo sguardo si illuminò “hai detto stereo?”le parlava come se lei fosse la proprietaria di qualcosa di magnifico, poi cambiò tono “allora sei tu quella che faceva tutto quel baccano e distraeva i dottori mentre mi esaminavano … stupida! Ti rendi conto?! Se fossi rimasto sotto uno di quei maledettissimi macchinari sarebbe stato per colpa tua!!” le aveva gridato talmente forte e nel farlo le si era avvicinato talmente tanto che lei era riuscita a vedere nei suoi occhi i propri. Abbassò il viso e sottovoce chiese “scusa”.
“ma come ti sei vestita?” era una domanda scocchiata ma effettivamente … lei indossava una camicetta da notte che le arrivava sopra il ginocchi, era stretta in vita da un nastro rosso ed era rifinita di pizzo bianco e nastrino rosso, aveva le maniche a palloncino e tra i capelli portava un altro nastrino rosso. Poi lui urlò per farsi sentire da fuori “hei stupidi dottori mi avete mandato il servizio di clown che io non ho richiesto!! Venite a riprendervelo!!”
“io non sono un clown!!!!” urlò anche lei.
“e allora cosa vuoi da me?”
“volevo solo un po’ di compagnia, tu hai la mia età vero?”
“tu quanti anni hai?”
“15”
“sai che sembri più una mocciosa che una 15enne?… comunque io ho 16 anni”
Lei fece una smorfia e un sorriso.
Andava sempre a trovarlo e, anche se lui aveva sempre una faccia tremendamente scocciata, sapeva che lo rendeva felice. Passavano tutto il tempo insieme parlando di stupidaggini e facendosi dispetti di ogni sorta e soprattutto facendo baccano con lo stereo.
Poi un giorno accadde … un giorno purtroppo accadde.
Il dottore scrisse sulla diagnosi che la malattia l’avrebbe portata alla morte. Ma lei già lo sapeva. Gliel’aveva detto una volta un angelo in un sogno, in una delle prime notti che era stata ricoverata, e lei lo ricordava bene perché era un angelo bellissimo. La cosa più strana era che quell’angelo aveva le stesse sembianze di quel ragazzo che ogni giorno andava ad “infastidire”;per questo appena l’aveva visto ne era rimasta colpita, e per questo non voleva mai lasciarlo. Si fidava di lui. E la cosa che un giorno dovesse sparire non le era sembrata tanto triste, perché sapeva che l’avrebbe raggiunto e sarebbe restata per sempre con lui.
Eppure a volte era felice ma al contempo triste e la cosa che più la faceva star male era il fatto di non capirne il motivo. Vedeva le stelle cadere e questo le sembrava tremendamente triste. Vedeva la pioggia cadere e infrangersi violentemente sull’asfalto, distruggersi, annullarsi per poi svanire nel nulla e nessuno sentirne la mancanza, nessuno ne sentirà la mancanza perché mille e mille altre gocce picchieranno sulle teste dei passanti. Chi mai potrebbe sentire la mancanza di una goccia, una stupida e inutile goccia tra tante?
Eppure la pioggia continuava a scendere, era un sacrificio che doveva fare, si doveva compire per la salvezza della terra, per creare la vita dissetando il mondo che se ne ciba e non le ringrazia.
Era una cosa crudele e lei ne soffriva terribilmente; avrebbe voluto che ogni goccia fosse resa importante. Ogni goccia e ogni lacrima e ogni goccia e ogni lacrima e ogni goccia e … ogni lacrima.
Lei non voleva diventare una goccia. No… Non voleva sparire, dileguarsi, svanire, dissolversi, consumarsi, liquefarsi come le gocce di quella maledetta, maledettissima pioggia che non cessava.
Come ogni goccia e ogni lacrima anche lei continuava a cadere sempre, sempre più giù e spesso si abbandonava alla follia di quei momenti in cui in estasi sorrideva, senza pensarci, come una stupida, una stupida goccia … annegava nel tepore del dolce sonno eterno che lei sentiva così vicino …
Aveva deciso così, aveva deciso che sarebbe stata sempre allegra e sorridente perché se quell’angelo aveva davvero ragione e lei sarebbe svanita voleva vivere tutti i momenti felicemente e renderli unici perché lo sarebbero stati …
Poi seppe che anche lui sarebbe andato incontro alla stessa sorte e comprese il motivo per cui spesso si adombrava in oscuri e tristi pensieri. Lui era innervosito dal comportamento di lei che era sempre allegra, proprio questo gli dava particolarmente ai nervi.
Non riusciva a capire … non riusciva a capire come facesse ad ignorare una cosa del genere, una cosa come la morte a cui sarebbe andata incontro. Lei accresceva in lui un forte sentimento che lui spiegava e associava con la rabbia e l’odio ma che forse era ben altro.
Un giorno gli dissero che gli sarebbero rimasti pochi giorni di vita. Quel giorno, come tutti gli altri, lei entrò sorridendo e iniziò a ridere e a prenderlo in giro per il suo essere così silenzioso quel giorno … ma per lui ormai non contava più il giorno e la notte e non riusciva a non pensare al “nulla” … E lei sorrideva. Lei sorrideva felice. La cosa lo innervosiva. Poi lei disse: “Dai ridi! Finché c’è vita c’è speranza!!”
Lui si alzò di scatto, prese il coltello che si trovava in un piatto accanto a lui, quello della colazione, e la assalì minaccioso.“ tu mi innervosisci Ti odio! E ti ho odiata sin dalla prima volta che ti ho vista con quel tuo sorriso ipocrita stampato in faccia!! Lo credi davvero? Credi davvero che io non ti abbia mai vista piangere, in silenzio, di notte? Io morirò e anche tu, e pretendi che io sorrida? Come posso farlo? Come? COME? ’” Le lacrime sgorgavano dai suoi occhi mentre stringeva forte quel coltello …
Bloody angel. Angelo sanguinario. È l’angelo della follia, della pazzia, della voglia di voler fare qualcosa per distinguersi, qualunque cosa, pur di non restare un numero tra tanti, un malato tra tanti e diventare “ quel ragazzo che …”spinti dalla rabbia. Sentiva il sangue bollire dentro di se e salire alla testa. E lei … lei gli sorrise come sempre.
Gli sorrise. Lui era lì con un coltello tra le mani e le si stava avvicinando ma lei sorrideva perché lei lo sapeva. Lei lo sapeva. Lui era l’angelo del sogno, quello che le aveva predetto la sua morte ed era venuto a prenderla. L’aveva capito dall’inizio. Prese per mano quel funereo angelo e gli porse un bacio, improvvisamente le sue ali si sbiancarono e lei indossò un candido abito bianco puro …lui lasciò cadere il coltello a terra abbandonandosi a quel bacio.
Lui aveva ali di sangue.
Lei candide più della neve che avrebbe voluto vedere tante e tante volte ma che non aveva mai visto …
Gli infermieri erano arrivati di corsa, e ora erano tutti intorno a lei, intorno a quel raggio di sole che andava piano, piano sbiadendosi … si perdeva nell’oscurità, sporcandosi di sangue.
Anche lui infine sorrise. Le sue ali divennero bianche come quelle di lei e allora capì e gli parve così chiaro che quel sentimento che gli attanagliava lo stomaco ogni volta che la vedeva e quel nodo alla gola ogni volta che le parlava non era odio, no, non era odio quel calore e quel brivido che gli percorreva la schiena, solo ora si era accorto di quanto fosse in realtà piacevole quella sensazione. Ora comprendeva che era amore. Solo ora. Troppo tardi. O forse giusto in tempo per andare via insieme. Per sempre. Nessuna parete di ospedale li avrebbe mai più divisi.
L’angelo della morte prese per mano quello della vita e insieme volarono via.
I corpi dei due giovani rimasero sui lettini abbracciati e senza vita. un collasso a causa dell’agitazione.
Tutti sapevano che prima o poi sarebbe successo ma era talmente triste. Però lei non era restata affatto una goccia anonima, lei era stata la goccia della vita in un posto di dolore e sofferenza. Se ne sentiva ancora la voce, tra i pianti, “sorridete” diceva “sorridete, non piangete per me, sono con il mio principe azzurro”
In tutti restò la sensazione di aver conosciuto un angelo.
Ancora una volta una vita era svanita ma stavolta non era stata trascinata dalla morte ma era state lei a portare via la morte, per mano.
E sarebbe stata felice con lui per sempre.
Felici insieme per sempre.
Per sempre.
Sempre.
Sempre.
Sempre.
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0 recensioni:
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- Katia cra, mi hai commosso. L'amore che soggioga l'odio e la morte. Sei giovanissima, ma continua a scrivere. Brava. Ciao Claudio
- Il finale mi ha particolarmente commosso... bella la visione della morte tra le ali di un "angelo"... 8
- .. un solo commento a questo racconto a mio parere ellissimo, forse tratti in inganno dalla tua età.. consiglio di leggerelo a tutti. ravissima katia.. a rileggerci...
A. M.
- Leggere il tuo racconto é come immergersi in un mare di emozioni, che crede che questa sia una frase fatta e stantia, comincia a leggere, poi... Inutile dire che é bello, ciò che colpisce é la maturità e lo stile con cui affronti un argomento tanto difficile. La scrittura scorre senza mai scadere di qualità, andrò a rivedere la tua scheda e se non mi sono sbagliato sulla tua età ... Katia, non smettere mai di scrivere, questo é talento puro e sei solo all'inizio.
Davvero incantatato.
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