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Sia fatta la Tua volontà
Il giorno in cui Holly McKennit venne al mondo, accadde uno strano e oscuro fenomeno nel cielo di Irlanda.
Un prodigo, che in seguito non si ripeté mai più e che la gente della contea di Cork si ricorda ancora oggi che sono trascorsi più di ottant'anni da quel lontano e gelido febbraio del 1926.
Il sole si scisse in due parti uguali, partorendo un astro del tutto simile a se stesso.
Una palla di fuoco luminosa e abbagliante che splendette alta nel cielo fino all'ora del tramonto, tramutando l'inverno gelido e crudele, in cui avvenne la sua nascita, in una tiepida e dolce primavera.
Una nuova stagione che fece precocemente fiorire il pergolato di glicine della vecchia casa in cui vide la luce.
Sua madre la sgravò tra le lenzuola macchiate di sangue del letto matrimoniale.
Lo stesso, sotto le cui coperte, era stata concepita in una notte di luna piena, nove mesi addietro..
Il suo primo miracolo avvenne ancor prima che aprisse gli occhi. Quando ancora il denso e viscoso liquido amniotico le riempiva i polmoni e la bocca, rendendole difficile afferrare quella vita beffarda che le accarezzava il visetto cianotico, gelida come una mano scolpita nel ghiaccio.
In realtà, quella mattina, vennero al mondo due bambine.
Holly e sua sorella Mary.
Mary sbucò tra le gambe bagnate e gonfie di sua madre con ben venti minuti di vantaggio su di lei.
La levatrice la strattonò fuori dalla pancia della puerpera afferrandola per i piedini minuscoli e bianchicci come quelli della bambole di porcellana che la loro vecchia nonna amava collezionare.
Mary, nacque con i piedi rivolti verso il mondo esterno e il capo che guardava ancora nella direzione di sua sorella Holly.
Nacque morta. La levatrice riuscì a farla venire al mondo, strappandola dalle viscere sanguinolente di sua madre, quando oramai il suo cuore aveva smesso di battere e pompare sangue attraverso le vene fragili del suo corpicino, oramai livido e privo di respiro.
Avvolgendola pietosamente in una copertina di lana rosa, l'adagiò tra le braccia addolorate di sua madre, sottraendogliela qualche attimo prima che le doglie le spaccassero di nuovo in due la pancia e le reni nello sforzo di dare alla luce anche Holly.
Holly venne al mondo con gli occhi pieni di muco. La testa a pera. Affogata in quel liquido viscido e scuro che, per nove mesi le aveva permesso di vivere e nutrirsi. Lo stesso, che per poco non le diede la morte.
La levatrice ebbe timore anche per la sua vita. Quando scivolò fuori dal ventre della madre aveva il visetto nero per la mancanza d'ossigeno, le manine erano immobili ed il petto fermo.
Non pianse subito dopo che lei l'afferrò tra le mani sculacciandola, cercando di farla reagire.
Impiegò ben tre minuti prima di cominciare ad espirare ed inspirare la luce e l'ossigeno da cui era circondata, sputando fuori dallo stomaco frammenti morbidi di placenta, vomitando acqua verdognola ed amara.
Il suo pianto disperato e prorompente giunse alle orecchie di sua madre come i rintocchi argentini di una campana in un giorno di festa.
Un pianto che ben presto ebbe un eco miracoloso che risuonò tra le pareti dipinte di rosa della casa affacciata sulla rocciosa Baia di Bantry. Quello di sua sorella Mary.
Emise il suo primo vagito quando Holly gridò al mondo, con tutto il fiato e l'energia che aveva nei polmoni, la sua volontà di vivere.
Resuscitò prodigiosamente tra le braccia di suo padre che, seduto su una sedia fuori dalla camera da letto, si era preso mestamente cura di lei attendendo la fine del parto, stringendosela al petto e piangendo lacrime addolorate come non aveva mai fatto in tutta la sua vita.
Lacrime che gli bagnarono gli occhi color del ghiaccio e del miele, scendo giù lungo il suo mento irsuto, inzuppandogli anche il colletto inamidato della sua camicia indossata sotto un pesante maglione di lana marrone.
L'eccezionalità di quell'evento, fu imputato ad uno sbaglio madornale della levatrice che venne accusata di non aver controllato alla perfezione il respiro e le funzioni vitali Mary, dichiarandola erroneamente morta.
Nessuno pensò, invece, al compimento di un miracolo da parte di Holly.
Durante tutta la loro vita, i genitori di Holly e di Mary, erano state persone molto religiose e credenti in Dio.
Ogni domenica mattina non mancavano mai recarsi in chiesa per partecipare a rito della Santa Messa e nei momenti di difficoltà si affidavano alla benevolenza della Vergine Maria, sperando che le loro preghiere trovassero compimento nella Sua altissima volontà.
Fu per questo che tre giorni dopo quella nascita gemellare, la loro madre si alzò a stento dal letto per uscire di casa e rivolgere una preghiera di ringraziamento alla Vergine Maria..
Tenendosi la pancia, ancora gonfia e dolorante, con entrambe le mani, raggiunse la chiesa più vicina alla loro abitazione e accese due ceri votivi ai piedi della statua che La raffigurava.
Fu proprio in Suo onore che le due bambine, ricevettero in battessimo i nomi di Holly e di Mary.
Quello di Holly non fu mai un nome semplice da portare.
Forse le segnò il destino ancor prima che venisse al mondo, predestinandola ad un esistenza scissa a metà tra il mondo celeste e quello terreno.
La sua vita fu toccata da un dono unico e grandioso che ricevette dal cielo senza averlo chiesto in sorte.
Compiere miracoli.
Holly ebbe la conferma di quella sua rara qualità all'età di otto anni, quando riportò in vita il gatto dei suoi vicini, i signori Potter.
Sock, un gattone di razza persiana, molto affettuoso e dal pelo candido e folto, era rimasto ucciso da del veleno per topi lasciato incautamente abbandonato in un angolo del loro giardino.
Spesso Lucy Potter, una signora gioviale, dalla faccia rubiconda, sempre sorridente e allegra, profumata di torta di mele e marmellata, invitava sia lei che Mary ad entrare in casa sua, permettendogli di trascorre un po' di tempo assieme a lui.
Le esortava a sedere sul suo divano rosso, offrendogli una fetta dei suoi amati dolci alla frutta che le deliziava tanto cucinare.
Appetitose crostate di mele o pere, i cui piacevoli effluvi invadevano il sentiero sassoso da cui erano unite le loro due abitazioni, impregnando l'aria con un aroma sublime di caramello e zucchero candito.
Quel giorno Holly, la trovò completamente in lacrime, seduta sul gradino d' ingresso di casa sua, mentre stringeva al petto, il corpicino senza vita del povero Sock.
Non seppe spiegarsi nemmeno lei cosa accadde, ma quando protese una mano verso la sua testolina reclinata di lato, notando con un certo disgusto la una bava biancastra e schiumosa che gli sporcava i folti baffi, Sock si rianimò.
Scalpitando tra le braccia della signora Potter e graffiandole il petto prosperoso, si esibì in un balzo, tanto acrobatico, quanto improvviso, atterrando sull'erba planando sulle sue quattro zampette, fuggendo via spaventato come se avesse visto il diavolo in persona.
Nonostante quello non fu l'unico episodio strabiliante di cui Holly si fece protagonista, solo quando raggiunse i dieci anni d'età, questo suo dono prodigioso balzò agli occhi stupiti ed increduli degli abitanti della Baia di Bantry.
L'evento che rivelò agli abitante della Baia le sue qualità prodigiose avvenne in una soleggiata domenica mattina del giugno 1936, all'interno della chiesa della Contea.
L' antico edifico era gremito di gente e tutti gli sguardi dei fedeli erano rivolti verso di lei ed il giovane Philp Grant, che tremante, si reggeva di nuovo sulle proprie gambe dopo un intero anno d'immobilità.
Piangendo disperato e coprendosi il viso con le dita vibranti di timore, non riusciva a credere possibile nemmeno lui che Holly l'avesse guarito da un infermità giudicata incurabile da ogni medico a cui si erano rivolti i suoi genitori.
Philp Grant era un grazioso ragazzino biondo, dagli occhi dolci come due caramelle e il naso al patata, che abitava a pochi isolati di distanza da casa di Holly.
Purtroppo, all'età di dieci anni, precipitò dal punto più alto della scogliera della Baia e si fratturò la schiena in più punti.
Secondi i dottori non avrebbe più camminato. Secondo la scienza le sue lesioni sarebbero state per sempre permanenti, condannandolo ad un intera esistenza d' immobilità.
Invece, quella mattina, avvenne un prodigio fuori da ogni spiegazione ed ogni dottrina logica.
Era la prima volta che Holly lo incontrava dopo l'accaduto.
Nonostante, la difficoltà di trasportarlo dal letto della sua casa all'interno della chiesa, i genitori di Philp Grant non mancavano mai di condurlo a messa con loro tutte le domeniche mattina, sperando in un miracolo elargito dalla Vergine Maria che gli restituisse l'uso delle gambe perduto, un prodigio che avvenne, invece, per opera di Holly.
Quella domenica si avvicinò cautamente a lui e scrutandolo con l'espressione ferma e la bocca atteggiata in un sorriso serioso, gli poggiò i palmi aperti delle mani sulle cosce, domandogli se fosse vero che non potesse più camminare come aveva sentito dire dai suoi genitori.
Fu in quell'attimo che lui, facendo leva con le braccia sui braccioli della carrozzella, si drizzo sulle proprie gambe, di nuovo in piedi come lo era una volta, mentre i fedeli, incitati dalla signora Potter e dal suo racconto sulla resurrezione di Sock, gridarono al miracolo, imputando Holly, come la sua fautrice.
Da quel giorno non ebbe più pace. La notizia dell'evento prodigioso si sparse a macchia d'olio per tutta l'Irlanda e anche ben oltre.
Il cortile della sua casa si riempì di gente implorante e sofferente che chiedeva la sua Santa intercessione per essere guarita.
La chiamarono “La Santa bambina”. La giovane fanciulla dagli occhi di giada ed i capelli color dell'oro, che aveva restituito di nuovo l'uso delle gambe ad uno sfortunato ragazzino paralitico.
Holly era molto spaventata da tutta quella marea di persone assiepata di fronte le finestre della casa. Una folla cosi gremita che le rendeva impossibile anche uscire dalla porta per andare a giocare in giardino.
Non capiva cosa, tutta quella gente si aspettasse da lei. Non poteva comprendere che significasse venire giudicata una Santa.
Aveva solo dieci anni.
Il suo mondo era ancora relegato ai vestitini di pizzo rosa delle bambole di porcellana di sua nonna, con cui giocava spesso assieme a sua sorella Mary, trascorrendo i lunghi pomeriggi estivi, all'interno della loro stanzetta.
Furono i suoi genitori a mettere fine a tanto clamore. Non potendo accettare che si facesse tanto vociferare attorno a lei e credendo che il miracolo che aveva compiuto sul giovane Philp Grant, fosse stata opera del diavolo, decisero di farla rinchiudere in un convento di clausura molto lontano dalla contea di Cork.
Quella notte di luglio, in cui Holly fu crudelmente trascinata via dalla sua casa e da tutte le persone che amava, le si consumarono gli occhi e le tonsille dal tanto piangere ed il cuore le sanguinò al tal punto da farle impallidire anche le labbra.
Non voleva andarsene. Non voleva abbandonare sua sorella Mary, ne, per quanto li odiasse per quello che le stavano facendo, i suoi genitori.
Assieme alla sua amata sorella le strapparono via anche il cuore dal petto.
Holly cercò di trattenerla a se avvinghiandosi con le unghie e con i denti alle sue vesti, ma sua madre, con tutta la forza che aveva in corpo, la sottrasse dalle sue braccia, strattonandola cosi forte che per poco non le lussò una spalla.
Pianse. Urlò. Si graffiò il viso. Si morse le mani. Trattenne il respiro fino a diventare cianotica, ma non servì a nulla.
Contro la sua volontà, sua madre la caricò a bordo della macchina, dove suo padre l' attendeva per condurla fino alle porte del convento, in cui, senza alcuna pietà ed alcun rimorso, l'abbandonò alle cure delle suore.
Non appena giunse all'interno del convento, la Madre Superiora, una donnona dalla faccia barbuta e gli occhi foschi e torvi come quelli di un rapace, ebbe cura di spogliarla di tutti i suoi abiti, gettandoli nel fuoco.
Li bruciò tra le fiamme senza alcuna pietà, cosi come fece con la sua giovane vita. La ridusse in cenere. Una cenere nera come il carbone. Nera come il buio che l' attese in sorte da quel giorno in poi..
La costrinse ad immergersi in una tinozza d'acqua calda e fumante, strofinandole con forza la pelle, scorticandola al tal punto di farla diventare completamente rossa dalla testa ai piedi.
Al posto dei suoi vestiti le fu data da indossare un informe tunica bianca che le arrivava a coprire la punta degli alluci, rendendola simile ad un fantasma invisibile sia agli occhi del mondo, che a quelli di chi le era accanto.
Fu cosi che Holly sparii per sempre dalla Contea di Cork. Fu cosi che l'universo si dimenticò di lei, senza però cancellare la sua fama di Santa dalle bocca delle persone che erano state testimoni dei suoi miracoli.
La rinchiusero in una misera celletta buia e triste nella quale poteva fare si e no dieci passi in avanti e quattro di lato, impedendole di avere contatti con il mondo esterno.
Quando le sue forme cominciarono a sbocciare ed assumere i connotati di quelli di una donna, la madre superiora la forzò a bere uno strano infuso dal puzzo indescrivibile e che al primo sorso le diede il voltastomaco.
Holly avrebbe voluto sputarlo, vomitarlo sul paviment a scacchi bianchi e neri, ma lei gliel'ho impedì.
Non seppe mai da che erbe fosse stato composto, ma dal giorno in cui lo mandò giù nello stomaco non ebbe più le mestruazioni ed il suo corpo smise di svilupparsi, donandogli per sempre le fattezze di una bambina.
Gli anni passarono lenti e dolenti. Simili gli uni agli altri. Indistinti. Ogni giorno, per Holly, era uguale all'altro ed il mondo che c'era fuori alle mura, ben presto iniziò a non interessarle più, benché la mancanza di Mary, le pungesse, come una spina, il cuore.
Di tanto in tanto una delle sue consorelle si recava nella celletta in cui era alloggiata per chiederle di essere guarita da qualche acciacco che le fiaccava la salute.
Talvolta, Holly, riusciva ad esaudire le loro richieste altre no. Continuò ad elargire miracoli anche se nessuno fuori dalle mura del convento lo venne mai a sapere.
Rimase chiusa lì dentro, senza avere più notizie della sua famiglia per ben settant'anni.
Un intera esistenza rinchiusa tra quelle quattro mura sacre che le avevano sotterrata in una tomba aperta, ancor prima che fosse morta.
Non poté mai conoscere uomo. Vergine e Santa, non fu mai amata da nessuno, nemmeno da se stessa.
Solo Dio sa quanto, a volte, lo avesse maledetto e santificato nello stesso tempo nel corso di tutta la sua vita, per averla resa una persona “speciale”, contro il suo volere.
Il suo corpo ridotto ad essere l' utile involucro di un anima sacra che avrebbe voluto scollarsi di dosso cosi come si fa con la pelle dopo una scottatura solare.
Il suo gracile corpo da bambina, che lentamente appassì come un fiore mai innaffiato dall'acqua salvifica dell'amore, riducendosi pelle ed ossa, mangiata nella parte più interna di se stessa, consumata come una fiammella di una candela dallo stoppino troppo fragile per continuare ad ardere.
Un cancro allo stomaco. Fu questa la condanna che le aspetto, ingiustamente in sorte.
Un verme infido, che subdolo si infilò nel suo corpo divorandola piano piano, membra dopo membra.
Quando i medici si accorsero della sua malattia era ormai troppo tardi e non c'era più nulla da fare.
La portarono in questa clinica dove, da un paio d'anni lavoro come infermiera.
Una clinica impregnata dalla puzza di alcool e di morte che non ti abbandona nemmeno quando varchi la porta di uscita.
Le tendine della sua stanza, ora sono tirate e non entra neanche uno spicchio di questo sole estivo d'agosto che brucia la pelle e fiacca i sensi.
Mary non si lamenta più. I medici devono averle appena somministrato un calmante.
La sorella di Holly riposa nel letto accanto al suo. Dopo tanti anni di lontananza hanno deciso di riunirle pietosamente nella stessa stanza.
Anche lei sta morendo del suo stesso male. Anche lei ha lo stesso verme che la sta divorando impietosamente da dentro.
Quando un anno fa, Mary andò a trovare, Holly in convento, dopo che le era stato impedito di avere contatti con lei per settanta lunghi anni, Holly capì che non era per comunicarmi una lieta notizia.
Certo che il destino è proprio strano. Lei che ha compiuto tanti miracoli per le sue consorelle e che possiede questo dono santo di poter guarire gli ammalati non ha potuto fare nulla per salvare la sua vita e quella della sorella.
Ma in fondo è sempre stata consapevole che la sua volontà non è mai contata nulla agli occhi del cielo.
Me l'ha confidato questa notte, mentre, con un filo di voce mi raccontava la storia della sua vita. Ha pianto tanto e, tremando, ha cercato la mia mano, affinché le tenessi stretta la sua.
Holly lo sa che è sempre stato Dio a decidere verso chi indirizzare i suoi miracoli.
Sa che lei non è stata altro che un piccolo strumento per compiere il Suo volere.
Ciò che la consola ora, in queste ultime ore di vita che le rimangono, è di poter avere di nuovo vicino Mary mentre i loro occhi si chiuderanno per sempre..
Moriranno con i visi vicini e la stessa lacrima a bagnarli le guance. Occhi negli occhi, come quando videro per la prima volta la luce.
Moriranno con la stessa invocazione sulle labbra rivolta al Signore:
“Sia sempre fatta la Tua Volontà...”
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- Scrittura accattivante, scorrevole, davvero bello.
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