racconti » Racconti surreale » Anamnesi
Anamnesi
“Cercherò di essere franco con lei Signor..”
“Antonio”
“Antonio, già. I suoi parenti.. i suoi amici, le persone che le sono vicino. Bhe, come dire..”
“Sto ascoltando, non faccia giri di parole.”
“Ok. Reputano che lei sia pazzo.”
Il dottore finalmente staccò gli occhi dalla cartellina che teneva in mano con fogli gialli contenenti piccoli numeri scritti con minuzia in tabelle monocrome. Attese in silenzio una reazione dell’interlocutore, celando lo sguardo dietro i suoi occhiali, ponendosi in modo che la luce filtrante dalla finestra si riflettesse sulle lenti. Una mossa sicuramente studiata e più volte messa in pratica.
Il Sig. Antonio attraversò degli stadi emotivi in rapida successione. In un primo momento rimase perfettamente in silenzio, come se aspettasse che il dottore continuasse. Poi sorrise, sbuffando dalle narici, di quelle risate spontanee coperte da un velo agrodolce. Cercò punti di riferimento nella stanza. Nulla. Solo pareti bianche, di cui una interamente ricoperta da uno specchio immenso, luci al neon spente, un quadro con colori vivaci, forse di Mirò. La sua sedia, ovvio, molto scomoda, che mal si accompagnava alla lussuosa poltrona in pelle su cui il dottore prendeva alacremente appunti. Per ogni sua mossa. Lo scrutava in silenzio con una contrazione nervosa della bocca dovuta forse ad un tic o ad un eccessivo stress di lavoro. Lo psichiatra teneva d’occhio il microfono accanto alla sua postazione periodicamente, aspettando forse che una qualche luce rossa si accendesse. E forse per l’arredamento così scarno, forse per il fatto di vedersi riflesso in quello specchio così misero di fronte all’ampollosità del dottore in camice bianco, ma soprattutto perchè quegli occhi non lo degnavano di uno sguardo che non fosse strettamente clinico, che fu la rabbia a prendere il sopravvento tra le emozioni provate dal Sig. Antonio. Cominciò ad ansimare, rosso in viso bloccato da una rabbia dovuta all’umiliazione che stava subendo. Si slacciò la cravatta, boccheggiando, paralizzato da quella pantomima. Poi finalmente esplose.
“Ma.. Cosa diavolo sta dicendo??”
Il dottore dopo quel lungo silenzio fu colto alla sprovvista e il suo scribacchiare fu rovinato da un sussulto che causò inevitabilmente una sbavatura su quelle odiose tabelle. Il dottore apparve visibilmente amareggiato, con non poca gioia del Sig. Antonio.
“Prima di inveire contro il suo medico curante..”
“Contro il suo cosa??”
“Medico curante. Abbia rispetto per cortesia.” disse il dottore con una nota di superiorità nella voce mentre girava infastidito il foglio sulla cartella con teatralità “Dicevo, prima di abbandonarsi a cieche reazioni dettate dall’istinto voglia sapere che noi della clinica OICSEN non possiamo prendere pazienti in cura, nè in visita preventiva, senza il permesso di familiari. Le spiego: per il nostro statuto non possiamo visitare pazienti se non ci sono state segnalazioni da parte di parenti. Le ripeto che lei è qui perchè ci è stato segnalato, per l’appunto. Ora si rilassi, stiamo lavorando per il suo bene.” E mentre parlava periodicamente apriva e chiudeva la sua penna a scatto, con ritmicità snervante. Evidentemente anche questa una mossa ben studiata. E dopo l’ennesimo "click- tornò a scrivere con decisione sui fogli immacolati.
Ma questa volta il Sig. Antonio rise allegramente.
“Ha! Questa poi! Avanti dove sono le telecamere? Scommetto che dietro quello specchio così grandi ci sono tutti i miei amici e parenti che mi vogliono fare uno scherzo. Guarda caso la settimana prossima è anche il mio compleanno.”
E mentre diceva questo si alzò andando a scrutare lo specchio, ponendosi la mano sugli occhi per schermare la luce e vedere eventuali sagome sghignazzanti. Fu quando cominciò ad urlare chiamando sua moglie che il dottore si riscosse dallo stupore che aveva causato la sua affermazione precedente. Sempre continuando a scrivere lo richiamò all’ordine.
“Sig. Antonio la prego di sedersi. Non c’è nessuno dietro quello specchio. Questa è una visita determinante ai fini della decisione se è il caso di internarla oppure no.”
“Internare?” disse voltandosi di scatto il Sig. Antonio, dando finalmente le spalle allo specchio. E ridendo continuò: “E per quali motivi, di grazia?”
Una rapida visione delle scartoffie e la risposta non tardò ad arrivare.
“Dunque: affermano che lei critica qualsiasi persona le sia accanto. Le dirò di più, qui c’è scritto che più la persona le è vicino, le è affezionata, la ama, più lei si concede in critiche e disprezzamenti vari.”
“Ma non è..”
“Secondo il mio parere” affermò non curante il dottore “tutto ciò è dovuto ad un trauma infantile. Lei ha paura di essere lasciato solo e per questo tende ad abbandonare prima di essere abbandonato. Mi domando come abbia fatto a sposarsi. Comunque ciò che ha messo su non dev’essere un granchè. I suoi figli la stimano?”
“Ma come si permette?? Lei, sconosciuto, che viene a giudicare la mia vita, i miei affetti! I miei figli!! E LA SMETTA DI SCRIVERE, PER GIUDA!!”
Il dottore alzò di nuovo lo sguardo. Ma invece che rimanere stupito sorrise, scosse la testa e continuò, non senza far scattare per ben due volte la penna. Fu veramente troppo.
“Si può sapere cosa diamine deve scrivere? Cosa sta scrivendo ora? Parli!!”
“Non sono tenuto a rispondere a questa domanda.”
Il Sig. Antonio era talmente furioso da non poter dire nulla. Si limitò ad avvicinarsi lentamente.
-click, click-
“Se vuole proprio saperlo, comunque, ho appena scritto che è soggetto ad attacchi di rabbia impulsiva.”
“Ma come faccio a non infuriarmi??! Ma lei è..”
“Visto? Si sieda. Altrimenti la faccio sedare.” E sottolineò ampiamente l’ultima frase che aveva scritto, rimirandola con il capo chinato. "click-
“Se sarà cortese da non interrompermi faremo prima. Continuiamo pure: lei crede che l’unico modo per fare una qualsiasi cosa, dal pulire per terra a scegliere le amicizie, sia il suo, Sig. Antonio. In particolare lei diventa insopportabile quando è passeggero in una macchina” Lesse brevemente una frase mentre il paziente appariva visibilmente contrariato. “Già, qui le deposizioni parlano chiaro. Le chiederei come può una povera donna sorpassare la macchina precedente se è oggettivamente imbottigliata nel traffico, o ferma davanti ad un passaggio a livello chiuso. Sa che il clacson non è buona educazione utilizzarlo? Specialmente con la sua frequenza. Inutile chiederle spiegazioni. Capisco dalla sua faccia che non è d’accordo. Certo, lo so già che mi dirà che qualche volta avrà fatto un commento su come cambia le marce sua moglie o per come parcheggia. Ma lasciamo stare.
...
Terribile” "click, click, click " “Interessante..” "click, click, click- “Ha anche un accenno di sindrome di Zelig a quanto pare.. Cambia atteggiamento in base alla compagnia non è vero?”
Finalmente il Sig. Antonio trovò la forza di replicare: “Avanti dottore, chi non si adatta ai presenti? Chi non fa una battuta piuttosto che un’altra, chi non parla di un argomento piuttosto che un altro chi non si siede vicino a qualcuno piuttosto che a un altro in base alla compagnia che ha? Dottore: Chi non si adegua, sia pure per cortesia ai presenti?”
-click-
“A quanto pare lei” disse a mezza voce. Il dottore tuttavia dovette sentire perchè ricominciò a scrivere inarcando le sopracciglia.
“E va bene, passerò ad illustrarle le sue forme di esternazione di insanità mentale” ripartì il dottore con voce piatta. “A tavola fa continuamente rumori molesti con la bocca, quando beve e quando mangia. Parla di cortesia con gli altri ma non credo che aspirare disgustosamente da un bicchiere rientri nei parametri classici di “cortesia”. Quando invia un sms allontana il cellulare, è vero? Ha paura che le radiazioni le ledano le gonadi ed i neuroni. Carina questa. Lascia le bottiglie con poche gocce d’acqua nel frigo per non essere accusato di non averle cambiate con una piena. Riprovevole.”
“Ma quella è pigrizia!”
Il dottore lo zittì con un gesto della mano.
“Non riuscendo a rapportarsi normalmente con le persone a lei vicine tutto ciò che sa fare per dimostrare il suo affetto è riempirle di regali anonimi. Non cambia la carta igienica, legge al bagno, non pulisce la doccia dopo averla utilizzata, non fa mai gli auguri di Natale per primo, ma solo se glieli fanno, forse, risponde, la domenica dorme fino a tardi, quando sua moglie le parla non la guarda negli occhi, se la prende con lei perchè non sa mettere la benzina al self service, spende migliaia di euro per sè ma per i suoi figli, neanche una paghetta settimanale, non sa come si chiama il ragazzo di sua figlia, quando saluta lo fa con un cenno del capo, fa finta di non conoscere le persone che le risultano antipatiche, non va a trovare sua madre, quando è al telefono fa disegnini senza senso, fa battute inopportune e, aggiungerei.. ha una particolare avversione per le penne” "click, click-
“Ma.. ma! Il pazzo qui è lei. Sta parlando dei miei vizi, non sintomi di follia. Non mi venga a dire che sono pazzo perchè faccio quello che ogni uomo fa! Ma per chi mi ha preso?”
“Ognuno di noi ha le sue manie. C’è chi gli capita di sorprendersi a camminare sui viali senza acciaccare le linee di congiunzione tra le mattonelle, o chi pensa di avere un numero fortunato, chi guida con il gomito fuori dal finestrino (cosa che personalmente reputo inutile e simbolo di un’insicurezza accentuata). Ma nel suo caso è differente. Come medico ho il dovere di scegliere il suo bene. E dopo questa breve visita ho concluso che il suo bene attualmente corrisponde all’internarla e rimanere nella nostra casa di cura a tempo indeterminato.”
“Non ci credo..” disse boccheggiando il Sig. Antonio.
Il medico fece una lunga pausa. Lunga, lunghissima. Scrisse ancora un paio di cose su quei fogli che tanto amava, fece scattare la penna ed infine, fissò lo specchiò. E rimanendo in questa posizione, mentre un sorriso furbesco compariva sulle labbra che fino a quel momento erano state contratte, disse con voce ilare:
“Infatti fa bene a non crederci.” Si girò verso il microfono a cui il Sig. Antonio non faceva più caso, spinse un bottone facendo accendere una lucetta rossa e parlò.
“Infermiera può venire a prelevare il paziente, lo porti pure dai suoi familiari”. Lasciò il bottone e togliendosi gli occhiali si alzò in piedi porgendogli la mano “Aveva perfettamente ragione. Sono rimasto allibito dalla sua perspicacia: dietro quello specchio ci sono tutti i suoi parenti che hanno assistito alla scena, magari ridendoci su. È tutto uno scherzo organizzato. Non se la prenda con me, sono solo un attore!” E gli strinse calorosamente la mano.
E il Sig. Antonio si abbandonò sulla sedia mentre veniva scosso dalle energiche strette del dottore. Sospirò e quasi trasognante si lasciò trasportare docilmente dall’infermiera che era venuta a prenderlo. Uscirono entrambi con un sorriso sulle labbra, uno di sollievo, l’altra di gentilezza.
Il dottore si sedette di nuovo. Si pulì gli occhiali sul camice, rilesse ciò che aveva scritto rapidamente, dando un rapido scorcio ai numeri. Poi con calma infinita si girò verso il microfono, pigiò di nuovo il bottone e con voce cinica disse:
“Internatelo.”
1234
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
1 recensioni:
- Complimenti. l'ho trovato ben scritto e avvincente. Ciao