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Destini sospesi
Cammino per il paese, sotto i cieli di agosto scarabocchiati dal temporale. Incontro un vecchio e gli chiedo se conosce una buona locanda; lui mi raccomanda <<L'osteria dei meli>>.
"La tratteranno benissimo lì, dica che la mando io, l'oste è mio figlio."
Così facciamo conoscenza e lo accompagno nella sua passeggiata mentre aspetto l'ora di cena.
"É tutto cambiato qui, è tutto cambiato" seguita a ripetere il mio occasionale compagno.
"Sono stato altre volte qui, e questo paese mi piace" gli dico indicando il lungo viale dei tigli che stiamo percorrendo.
"Sono un museo di ricordi. Ah! mi ricordo quando hanno piantato questi tigli, venti anni fa e quando è passata la ferrovia sessanta anni fa."
"Scusi, quanti anni ha allora?"
"Ottantaquattro. Ecco vede la via non era così lunga. In questo punto c'era un muro. Qui c'era una porta carraia e dietro scorreva un fiume che in seguito è stato incanalato sottoterra. Sul fiume c'era un ponticello a schiena d'asino..."
"E dove si andava di lì?"
"Si andava nei campi naturalmente. Allora queste case non c'erano ancora e quelli che ci abitano non erano ancora nati."
Caspita, penso a cos'è il tempo. Fa un effetto strano sentire raccontare queste storie, provo la sensazione di aver vissuto più a lungo.
Si interrompe di raccontare all'avvicinarsi di tre giovani donne e alcuni bambini. C'è uno scambio di effusioni e abbracci, e proseguiamo insieme la passeggiata.
La comitiva, un po' alla volta, così come si era formata si scioglie. Il nonno e i maschietti prendono una stradina laterale. Due donne sono arrivate a casa.
Per un breve tratto resto in compagnia con l'ultima di loro. Il suo nome è Sheena ed è bellissima. Ha la pelle che pare di luna e i lunghi capelli biondi, lisci e morbidi.
Restando a parlare scopriamo di avere molte cose in comune. Sheena ha una voce dolcissima. Dalle sue confidenze intuisco qualcosa del suo destino triste.
Di carattere fragile e insicuro si è sposata giovanissima a un carrettiere brutale che la ha sempre trascurata per ubriacarsi all'osteria.
Il pomeriggio spande fiale di profumi intorno a noi. Il cielo è una sfera d'argento appannata in cui tremola un luccichìo di forbici e lucchetti.
Lei mi confida delle sue illusioni giovanili, mi racconta di quando da ragazzina amava passeggiare sulla piazza mentre sognava una vita migliore e diversa.
Ci lasciamo così come ci siamo incontrati, senza arrivederci o addii, con la consapevolezza di non incontrarci mai più.
All'osteria mangio in fretta un minestrone. Anche se non ci siamo dato l'appuntamento, sento che lei mi sta aspettando e che forse la rivedrò.
Pago il conto e dopo pochi minuti sono di nuovo in strada. Per non farmi notare preferisco seguire una via secondaria.
Tutto sembra diverso. La sera fa un po' paura, scende sul paese come una piccola agonia. Le bambine giocano lungo la via. In un cortile un uomo barbuto suona con l'armonica walzer tristi. Al suono di quella musica una bambina si dondola sull'altalena. L'uomo seguita a suonare senza interrompersi mai. I gatti strisciano lungo i muri e le siepi.
Sulla piazza hanno acceso dei suggestivi lampioni doppi, a coppetta, che creano macchie di luce. La villa scura e la chiesa dormono nell'oscurità. Il campanile con la banderuola traforata si erge nero sullo sfondo del cielo rosso, dove sta appesa una luna bicorne.
Una bambina sta giocando da sola. É bionda e il suo sguardo sembra rivolgermi una domanda.
Ero abituato ad arrivare sulla piazza provenendo dalla via principale. Venendo dal vicolo invece la chiesa è alla mia sinistra. Dunque per raggiungere il viale dei tigli...
Rimango per un po' a guardare le quattro strade che, viste da qui, non sembrano più le stesse. Poi oltrepasso la chiesa e proseguo dritto. Una strada piena di curve con lampadine pendule e case basse. Ma non è il viale dei tigli questo. Mi giro e muovo alcuni passi perplesso. La bambina sola mi guarda e pare che aspetti.
Vado verso l'altra strada. Dunque, venendo da sinistra il viale deve trovarsi... Mi sorprende come sia facile perdere l'orientamento quando le cose familiari sono viste da un punto di vista differente. Ma che importa? L'importante è di non arrivare tardi all'appuntamento. Ma lei verrà veramente all'appuntamento? E verrà sola?
Una via corta, chiusa sul fondo da un palazzo grigio con una pianta di glicine che sale fino alla grondaia. Nemmeno questo è il viale, rimane solo la prossima strada ed è per forza quella che cerco.
É scesa la notte e l'oscurità rende la piazza più immensa, mentre gli edifici appaiono più lontani. Cammino sotto le isole di luce dei lampioni e mi dirigo con decisione verso la via a destra della chiesa.
L'inizio è rischiarato dalla luce che proviene dalla piazza poi la strada affonda nel buio. Cammino per vedere dove porta ma sono costretto a rallentare il passo. Il terreno diviene soffice ed erboso, sento il frinire dei grilli e intravedo l'ombra di un ostacolo davanti a me.
É un muro ricoperto di edera. Lo tocco allungando le mani, poi lo seguo piano. Verso destra c'è una porta semicadente imprigionata dai tralci dei rampicanti. Il terreno diventa duro in quel punto per la presenza di un sentiero.
Dove porta? Dove sto andando?
Ascoltando con attenzione tra il frinire monotono dei grilli mi sembra di udire il gorgoglìo dell'acqua.
La porta carraia. Il fiume dietro il muro. Che stregoneria è mai questa? Non uscirò più da questo dannato paese che si è spostato nel tempo!
Ma cosa vado pensando adesso? Le bambine che giocavano nel cortile assomigliavano alle donne che ho conosciuto questo pomeriggio. E la bambina da sola sulla piazza è... Devo sapere chi è!
Inciampando torno indietro di corsa, verso le luci sicure della piazza. Tutto è deserto. Non c'è più nessuno ormai.
Un barlume di logica mi suggerisce la risposta. Sarà andata a dormire. Saranno tutti in casa a quest'ora. Mi basta attendere per... per che cosa?
Spaventato e avvilito prendo una decisione. Corro verso la via principale, quella che ho percorso tante volte.
Corro al massimo delle forze. Ho paura. Ho paura di non rivedere più gli ambienti familiari, le cose che conosco bene.
Sul marciapiede incontro un uomo adesso e poi una donna, ma li oltrepasso senza fermarmi. Presto, devo fare presto, devo sapere da me, devo vedere con i miei occhi.
Le luci rosse della vecchia farmacia. Il rumore monotono dei frigoriferi nella macelleria, il botteghino dei dolciumi prima del bivio. Adesso ci sono. Rassicurato mi lascio trasportare dall'inerzia della corsa, poi pian piano mi fermo.
Ora dovrò ripetere il percorso all'inverso e fermarmi non appena noterò qualcosa di differente.
Cammino piano sul marciapiede con un senso di diffidenza e di tensione. Le vecchie case, le porte, le insegne, i paracarri, tutto mi è familiare.
Arrivo sulla piazza sforzandomi di non pensare a cosa mi è appena successo. Meccanicamente, senza riflettere, come tante volte prima di questa sera, mi dirigo verso il viale dei tigli. Oltrepasso la chiesa e il viale appare silenzioso, deserto e malrischiarato, proprio come lo ricordavo.
Lo percorro più volte, avanti e indietro. Mi sento bene adesso, sono di nuovo calmo e rilassato.
Con piacere aspiro i profumi della notte d'estate e lascio la mia mente libera di pensare.
Incontro qualche giovane coppietta. Sheena non è venuta a questo tacito appuntamento. O forse è venuta ma in un tempo differente.
NOVEMBRE 1988
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- Bello il tuo passare dall'atmosfera romantica e melanconica del ricordo dei giorni passati, alla suspence di chi teme di essersi perso nel passato come Mario e Saverio di "non ci resta che piangere".
Per sua fortuna il tuo protagonista ritorna nel presente
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