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First Life
L’isola è avvolta da bagliori giallastri, rade increspature rosse su un cielo pietra levigata. Un cielo che freme, instabile di milioni di pixel che scuotono se stessi e rendono la simulazione di un movimento incessante, nuvole accartocciate sfrigolano come su rotaie striate, voli d’uccelli che sono macchie nere nel presagio della notte che si avvicina. Attorno l’oceano, distesa immensa di blu cobalto, flutti dispersi e tuffi d’acqua sintetica, gocce perfette a comporre il quadro di una singola onda: Hokusai non avrebbe saputo fare meglio, nessuno saprebbe rendere meglio ogni singolo puntino polarizzato da un energia che non si esaurisce. Sedute al tavolo, le quattro persone finiscono i rimasugli di un aperitivo ricco. Resti di carne adagiati su foglie d’insalata, bicchieri di cristallo con un liquido rosso al fondo, sigarette piegate su di un portacenere a conchiglia.
- La pioggia pare che abbia come una consistenza, capite?
- In che senso?
- Nel senso che si sente
- Si ascolta?
- No, non in quel senso…
- E in quale?
- È difficile da spiegare. Dicono che sia come se ci fosse una pressione di energia che dura pochissimo eppure tu la avverti nel profondo di te - Amanda Logan scuote la testa alle parole di Friedrich Jano, e il suo casco di riccioli ocra si avvolge su se stesso, i minuscoli tentacoli a spirale che lo compongono titillano.
- Boh. Cazzate - dice Amanda, e il suo labbro ha un tentennamento quasi cattivo.
- Tanti però ci perdono un sacco di tempo
- Tanti non sanno fare altro che stare dietro alle cose che inventano di continuo. Poi si stufano e le abbandonano
- Può darsi, ma io ci proverei. Un po’ di curiosità ce l’ho, voi no? - Gulp Ho si alza stirandosi. Prende il bicchiere e finisce ciò che rimane del suo Daiquiri alla fragola. Il liquido pare scomparire risucchiato nell’intervallo di spazio tra la sua bocca, immobile, e il bordo del bicchiere.
- Le cose nuove attraggono sempre, in fondo - aggiunge risedendosi.
- Le cose nuove durano poco
- Magari questa qui durerà
- Tu trovi? Ho sentito dire che è pericoloso. Alla gente in fondo non piace trovarsi in pericolo. Realmente intendo - Francys Di Giacomo appoggia i gomiti al tavolo e le mani sotto il mento.
- Mmm, forse una volta. Ma adesso come adesso. I tempi son diversi. La gente vuole fare cose diverse, vuole cambiare
- Io sto bene come sto
- Amanda, tu stai sempre bene. Ah proposito, dove l’hai preso quel vestito?
- Ti piace eh, Francys?
- Molto, anche se mi costa ammetterlo - sibila Francys, il seno enorme e il resto del bacino compressi in una specie di tubo di plastica liquida.
- In un emporio nuovo. Sta su Andromeda
- Nuovo quanto?
- Di qualche ora, credo
- Sei sempre la solita. Davvero non cambi mai - le unghia di Francys vibrano nell’aria come led incandescenti.
- Tra l’altro, qualcuno sa dove posso trovare uno che faccia organi sessuali come si deve? Del mio mi sono davvero rotto il cazzo!
Le persone attorno al tavolo ridono alla battuta di Gulp Ho. Lui, soddisfatto dell’ilarità procurata, si liscia i pantaloni di fustagno elettrico, e dondola la testa come farebbe un buffone di corte.
Gli altri avventori del locale sono tutti assorti nelle loro conversazioni. Fuori, nella spiaggia, sull’arena improvvisata tipi muscolosi e feroci si stanno massacrando di botte, sotto gli occhi silenti di un pubblico eterogeneo.
Il cielo diviene sempre più una poltiglia di grumi violacei, densi. Dentro iniziano a sfrecciarci sagome iridescenti, che a turno, lentamente planano sulla sabbia, silenziose. I portali si innescano e fuoriescono come sputati individui su individui.
La via principale dell’isola ora è un formicaio di volti, mani, gambe, vestiti di luce, scarpe, passi, voci, musica, neon, sguardi. I locali aprono. I sogni iniziano.
- Ecco, un’altra cosa che in First Life non è possibile fare è tramutarsi
- E allora che gusto c’è?
- Non lo so, ma è così. Sei come sei e così rimani
- E com’è la media delle persone? In fatto di aspetto intendo
- Mmm, dicono bruttina
- Che palle allora
- Mah, sai, magari piace anche per questo
- Come può piacere di non avere il controllo di se stessi?
- Si vede che per qualcuno certi limiti sono eccitanti. Una sfida
- Che si può perdere…
- Anche. Forse il bello è quello
- Io continuo a non capire
- Amanda, tu non capisci mai niente!
- Perché, è indispensabile farlo?
- Ma perché voi due vi attaccate sempre? - Gulp indica le due donne con un dito, mentre si accende una sigaretta che non emette fumo.
- Cerchiamo piuttosto di risolvere un vero problema: dove si va stanotte?
- Io dico New York III
- Naaa, basta
- White Tokio?
- Ci sarebbe un posticino in un isola senza nome… non è facile arrivarci, bisogna conoscere dei tipi… sentire se ci permettono di accedervi… si fanno feste uniche, laggiù. Si può perfino giocare con dei bambini…
- Roba già fatta, Amanda…
- Ehi, sapete che Teodorel Cris ha lasciato Vits Iron?
- Noo! Non dirmelo!
- Eh sì…
- Ma non dovevano fondersi?
- Dovevano
- Ah, ragazzi, mia sorella è riuscita a creare i due gemelli!
- Son contento per lei
- Come li ha chiamati?
- Ancora non hanno nome
- A chi assomigliano?
- A nessuno dei due
- Io non lo creerò mai un figlio
- Sempre perentorio tu, Gulp
- No, davvero. Io voglio divertirmi. Non voglio stare dietro alla famiglia
- Guarda che avere una famiglia dev’essere una cosa meravigliosa
- Ah, non lo metto in dubbio. Ma so anche di figli che hanno cercato di farla pagare ai genitori…
- Perché?
- Per il fatto che non li abbiano già fatti adulti
- Che gusto c’è ad avere un figlio già adulto? Non vi pare?
- Son d’accordo. Ma alcuni di questi figli forse non la pensano così. E rimanere bambini per sempre li fa incazzare
- Su First Life questo non accadrebbe
- Senti ma perché non la smetti di parlare di sta roba. Oppure, fai che andartene proprio su First Life, và!
- Io parlo di ciò che voglio - Friedrich si appoggia allo schienale e guarda Amanda e poi gli altri con un moto circolare degli occhi, non sorride, non respira. Il ciuffo viola perfettamente scomposto.
- E perché su First Life non accadrebbe?
- Perché su First Life si cresce. Si cambia stato, pian piano, si progredisce
- E poi?
- E poi si muore
- Cioè?
- Si smette di esistere
- E si ricomincia?
- No. Dicono di no.
Il tavolo si ammutolisce. Le ultime parole di Freidrich volteggiano nell'aria come falene stanche. Roteano intorno alla luce ovale delle lanterne, sorvolano i piatti sporchi, le sedie basse, i fazzoletti bianchi. Si accasciano morenti sul bordo del terrazzo. Si confondono con le membra della notte ormai dilagante.
Poi la musica digitale che si solleva insieme ai fasci laser dei locali sparati nella ionosfera distrae la comitiva dal suo silenzio.
Vito Ferro
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