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Fantasmi
-Tic, tac, tic, tac- il rumore dei sottili e rosei tacchi dalla giovane Laura risuonava nel silenzio di quella città ormai addormentata. Ogni passo echeggiava nell’aria, picchiando sul duro asfalto del marciapiede. La gonnellina nera, corta, forse troppo corta, ondeggiava delicatamente al ritmo dei brevi ma incredibilmente eleganti passi della ragazza. Il candido top indossato dalla giovane si intravedeva appena sotto lo splendido ed raffinato giacchino di jeans scuro, lasciato slacciato, su cui brillava una spilla, un piccolo e incantevole fiore rosa, contornato di swarovski, più luccicanti che mai alla luce dei lampioni della città.
Sola lei, con i suoi pensieri, con i ricordi della serata passata in compagnia, il sorriso stampato sul volto, quello splendido e delicato viso, la carnagione pallida e morbida donava alla ragazza un’incantevole bellezza, gli occhi, profondi, blu, erano accentuati dai lunghi e lisci capelli neri.
Percorreva quella strada quasi ogni sera, quel viale che conduceva alla sua bella casa, contornato da abbaglianti lampioni, chiuse gli occhi ispirando profondamente e godendosi per un istante la bellissima brezza d’estate, quell’aria di freschezza nel silenzio di quella notte. Pochi passi prima di riaprirli, per poi chiedersi se l’aveva davvero fatto. Attorno a lei regnava ora un buio incontrastato, si stropicciò gli occhi, cercando di capire cosa fosse successo, un blackout, si, forse era proprio quello. Alzò lo sguardo, cercando disperatamente la luna, la sua luce pallida e biancastra, quella nivea presenza che incantava, ma non la trovò, scosse la testa e d’improvviso ebbe voglia di piangere, aveva paura, tanta paura, una dannatissima paura. Il cuore batteva, batteva all’impazzata in quel petto che sembrava quasi scoppiare.
Ad un certo punto la raggiunse una fioca luce, alzò nuovamente lo sguardo, convinta che l’avrebbe vista, si, la luna, ma niente, non vide niente. Si guardò attorno, terrorizzata, e senza capire da dove provenisse quel chiarore. Pian piano si abituò a quell’oscurità e cominciò a distinguere gli oggetti attorno a lei, riconobbe il palo di un lampione, vi si appoggiò, poi alzò lo sguardo cercando di vederne la fine.
Un urlo acutissimo spezzò quell’irrazionale silenzio, le iridi celestine, sgranate, fissavano un punto, sopra di lei, aveva visto qualcosa, oh certo che l’aveva visto, non era la sua immaginazione, no signore! Se ne stava li, accovacciato, in cima al lume, una statua, no, non era una statua. Gli occhi, profondi, non avevano pupilla, ne iride, erano vuoti. Il viso era piccolo e segnato da un’infinità di cicatrici. Il naso, quasi invisibile, appariva come un buco. Le orecchie, a punta, si allungavano per circa venti centimetri. Il corpo era ossuto e incredibilmente sottile, ma il sorriso, quello era lungo, assurdamente grande, i denti, sproporzionati e praticamente perfetti, spiccavano su quel viso così rovinato, cos’era quell’essere senza colore, di un grigio pallido, quasi trasparente? La sua testa si girò lentamente, a scatti, fino a guardarla, il sorriso non si spense, anzi, a Laura sembrò si pronunciasse ancor di più. Indietreggiò leggermente, aveva paura, picchiò contro qualcosa, e questo la costrinse a voltarsi.
Un altro urlo scheggiò nuovamente quel silenzio così illogico, quell’essere mostruoso si trovava di fronte a lei, a pochi centimetri dal suo volto, quel sorriso sempre evidente, trasmetteva un divertimento insolito, quasi fosse uno spasso terrorizzare quella giovane ragazza di fronte a lui.
Cominciò a tremare, sempre di più, un altro passo per allontanarsi da quella creatura e qualcosa la afferrò per un braccio, qualcosa di freddo, di impalpabile. Cominciò a piangere, le lacrime scendevano calde da quegli occhi sgranati e pieni di terrore, e sfioravano quel viso candido e immacolato, segnato da una paura folle. Si voltò nuovamente e la storia si ripeté, l’essere la guardava, sorridendo. Poi un ghigno, una risatina perfida e tenebrosa, acuta e sfocata, echeggiò nell’aria. Non ebbe il tempo di chiudere gli occhi che qualcosa la trapassò, da parte a parte, non un oggetto, no, una sensazione. Un brivido la scosse, un brivido di freddo, di paura, una tristezza immonda la travolse, ogni sua piccola emozione venne risucchiata da qualcosa che neanche lei capì, se forze l’abbandonarono, anche le lacrime si rifiutavano di scendere. Venne svuotata, liberata da tutti i suoi sentimenti, da ogni più piccola sensazione, cadde in ginocchio, appoggiandosi con le mani al marciapiede. Passarono alcuni secondi, forse minuti, magari anche ore, riaprì gli occhi, e con sua grande sorpresa venne colpita dalla forte luce di un lampione, si rialzò in piedi, perplessa, cos’era successo? O meglio…era successo davvero? Si guardò attorno, tutto era tornato come prima, come se nulla fosse mai successo, la luna era al suo posto e brillava più che mai. Con un po’ di fatica riprese a camminare, tremando ancora, poi lo sguardo cadde sul suo bel giacchino di jeans, la spilla era cambiata, non luccicava più come prima, quel fiore, quel fiore così perfetto, dipinto in modo impeccabile, aveva cambiato il suo aspetto…era appassito.
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- racconto serrato ed avvincente, situazioni ed emozioni descritte in modo abile e piacevole. Brava!
- Di nuovo complimenti. Ciao Claudio
- Bel racconto. Anna sei bravissima!
- Più che un fantasma, leggendo la descrizione dell'essere mi sono immaginata un essere proveniente da un altro pianeta... il fantasma per me è solo anima. comunque ben descritto, ricco di particolari.
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