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Patrizia

I suoi passi lievi sul pavimento non fanno rumore. Le sue vesti leggere e sottili non emettono nessun fruscio.
I suoi sono piedi da angelo, piedi che non toccano il terreno. Si muove con la stessa grazia del vento.
Mi si avvicina con la delicatezza di una farfalla che si posa sulle mie ginocchia per riposare nel rifugio concavo del mio grembo.
Quasi non mi accorgo della sua presenza silenziosa dietro di me.
Solo il suo respiro caldo si dipana, come il velo tenue di una sposa, lungo i miei capelli ricci e fluenti, che scendono ribelli e anarchici sulla mia schiena ossuta.
Mi poggia le mani sulle spalle, all'altezza delle clavicole.
Stringe un po' facendo pressione con le sue dita lunghe e contorte, contro le ossa aguzze che mi sporgono dalla pelle arrossata dal troppo sole che ho preso ieri in spiaggia.
Non mi fa male, ma un lamento sfugge lo stesso dalle mie labbra accaldate che sanno di burro-cacao alla vaniglia e che hanno ancora indosso l'aroma agro-dolce di una notte insonne, troppo calda per riuscire tranquillamente a dormire.
Mi tira via i capelli dal collo scostandoli di lato fino a sfiorami con le loro punte i seni piccoli e sodi, scoprendomi la nuca bagnata di sudore, dove sporge la prima vertebra cervicale.
Ho caldo. Fuori ci saranno più di trenta gradi anche se sono solo le nove del mattino.
Nella mia stanza non c'è il ventilatore. Mi sento sudata e appiccicosa.
Non riesco a respirare. Mi gira la testa. Mi manca l'ossigeno.
È come se fossi schiacciata da una cappa pesante d' umidità che vorrebbe prendere il posto dei miei stessi abiti.
Dalla finestra spalancata non penetra nemmeno uno spiffero di vento. Un refolo d'aria che mi apporti un po' di sollievo da questa insolita calura di fine agosto.
C'è profumo di pioggia. C'è odore di salsedine e di mare in tempesta.
Il grido di un gabbiano spezza la quiete in cui è immersa la mia stanza. Il suono acuto della sirena di una barca che si sta dirigendo verso il porto, fa vibrare lievemente i vetri delle imposte.
Le mani di mia madre, stamattina, mi danno fastidio. Puzzano troppo di candeggina. Sono ruvide e callose. Aride e screpolate.
Vorrei scacciarle via dalle mie spalle sudate, ma non lo faccio. Le lascio dove sono, a premere contro le mie ossa fragili che sotto il loro contatto scricchiolano impercettibilmente emettendo lo stesso fruscio della carta-crespa quando la si stropiccia per avvolgerci un mazzo di fiori freschi.
Lei posa la bocca sulla mia fronte madida e imperlata di minuscole goccioline di sudore.
Le sue labbra sono bagnate. Fredde e calde allo stesso tempo. Un bacio che sa ed ha la stessa consistenza vellutata di una pesca.
Il profumo dei suoi baci e della sua pelle cambia a seconda della stagione.
Pesca e varechina in estate. Arancia e ammorbidente per la lana d'inverno.

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3 commenti:

  • Anonimo il 06/03/2009 23:13
    Commovente..!!
  • Eleonora Rossi il 17/09/2008 07:50
    Grazie di questo bel commento
  • Luciano De Falco il 16/09/2008 23:32
    Davvero bello, emozionante e, fuori di ogni retorica, anche commovente. Senza essere mellifluo. Desiderio intenso ma mai ossessione Mi è piaciuto molto.

    Luciano

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