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Sposa di primavera
Era tutto pronto, era quasi l’ora.
La sposa ormai aveva indossato il vestito; preda delle sue stesse emozioni torturava l’orlo del pizzo, primo strato dell’enorme gonna che l’avvolgeva tutta come un vaporoso fiore di primavera.
I suoi capelli raccolti, adornati di rose bianche avevano il compito di attribuirle un aspetto da regina, ma i suoi occhi emanavano l’innocenza, lo stupore che si prova nel credere di essere destata in un sogno.
Eppure la stanza era tutta intrisa del profumo dei gigli che le erano stati portati in dono dai protagonisti della vita di sempre, eppure il sole aveva il calore dorato di ogni mattino, come mai si sentiva leggera, talmente leggera che le pareva di poter spiccare il volo come un gabbiano da un’altura?
La madre, che la conosceva da sempre, intuiva i suoi sentimenti e nascondeva il suo stato d’animo nella frenetica attività di sistemarle il vestito per le ultime foto da ragazza, in quel soggiorno che l’aveva vista crescere.
Pochi attimi ancora, pochi minuti e poi quella sua figlia sarebbe stata tolta dal calore delle sue ali per sempre, perché avrebbe preso a volare da sola insieme allo sposo che tanto amava.
Non tanti anni prima si reggeva a malapena sulle sue gambe ed aveva bisogno di mille cure e della sua presenza costante, perché presa dall’euforia del poter camminare, raggiungeva i posti più impensati destando in lei mille preoccupazioni.
Dove era la bambina che chiedeva i viaggi fantastici delle favole per poter dormire meglio, e dove, l’eco delle sue prime canzoni che imparava grazie alle suore e dove il balbettio delle sue prime letture, là, sul tavolo della cucina mentre lei era intenta a compiere i suoi doveri domestici?
Il tempo troppo breve della sua infanzia era ormai scaduto, ma le si era cristallizzato negli occhi che emanavano una dolcezza tutta nuova: la dolcezza di chi sta per diventare donna ed il distacco che la madre sarebbe andata ad affrontare di lì a poco ne era la prova.
La macchina dello zio era già sulla strada.
Eccolo scendere dalla Mercedes con il vestito scuro, quello che usava per le occasioni solenni ed il volto aveva assunto un’espressione dolce, nel vedere il fratello della sposa darsi da fare per lo scherzo di rito agli sposi.
I tratti marcatamente spigolosi della sua fisionomia, si erano dilatati in un sorriso di approvazione perché la sua bella auto avrebbe subito infondo ben poco.
Eccola! Ora usciva dalla porta. Possibile che quella figura tutta pizzi e crinoline fosse la nipote?
Non era passato tanto tempo da quando lo faceva disperare, perché attratta dai suoi alberi da frutta su cui cercava di arrampicarsi anche quando quel ben di Dio era ancora acerbo.
Si era buscata tutti i mal di pancia che le aveva augurato, ma ancora non si arrendeva: aveva sempre le braccia alzate, ora sul ciliegio, ora sul pesco, ora sul pruno, e quanti i limoni che non aveva visto per colpa sua?
Tanti, troppi.
Aveva cercato di darle una regolata, ma il tempo e la vita stessa ci avevano pensato al posto suo: ora senza le trecce e quell’abbigliamento che durante tutta l’adolescenza le aveva dato un aspetto quasi selvatico, pareva proprio una donna.
Era quasi ora di andare. Il fratello mise in un posto sicuro il frutto del suo lavoro e chiamato dallo zio uscì dal suo nascondiglio per veder la sorella che con il trucco e l’abito bianco si era trasformata.
Non invidiava certo le donne lui che in qualche decimo di secondo era già pronto per farne di tutti i colori ed in quel giorno, in quell’occasione storica per l’intera famiglia aveva intenzione di farsi ricordare da tutti, soprattutto dallo sposo che le sottraeva una componente della famiglia che amava sin troppo.
Lei l’aveva ricoperto di mille attenzioni da quando era nato in avanti e. consapevole del suo grande amore e del fatto di essere stato desiderato molto anche dalla sorella oltre che da tutta la famiglia, ne poteva approfittare per chiedere qualsiasi cosa, piccola o grande che fosse certo di essere ben presto esaudito.
Non aveva che tredici anni la sua “vice mamma” quando l’aveva tenuto la prima volta tra le braccia, ma l’aveva accudito insieme alla madre ed al padre come se fosse stata una sua creatura, stupendosi ad ogni suo piccolo sorriso, provando forti ansie ad ogni suo piccolo movimento ed egli di queste attenzioni moltiplicate per tre aveva goduto per tredici anni. A quante cose avrebbe dovuto rinunciare!
Alla sua prelibata cucina, (era l’assaggiatore ufficiale), alla complicità vivace e leale che si era creata tra loro due durante gli anni, nonostante la differenza d’età.
Ora l’avrebbe vista partire, salire su quell’auto aiutata dalla cugina, sua testimone di nozze.
Quest’ultima con la sua solita aria allegra, cercava di smorzare l’intensità emotiva che chiaramente stava invadendo l’animo della sposa. Lei la conosceva sin troppo bene per lasciarsi incantare dai suoi fragili tentativi per cercare di celarli, perché erano quasi come sorelle.
Avevano vissuto insieme mille avventure e litigato molto durante tutta la vita e tra di loro si era instaurato un rapporto di sfida e confronto necessario ad entrambe al fine di crescere. Avevano idee contrarie su tutto, ma si erano sempre cercate e reciprocamente dato dei buoni consigli mentre diventavano donne, tanto che, la sposa, non aveva esitato a chiederle di fare da testimone alle nozze.
Erano insieme quando essa conobbe il futuro marito una domenica di settembre nella discoteca di un paese vicino al loro, decisamente complici nel frangente in cui si trovavano, in quanto i rispettivi genitori non erano del tutto al corrente della destinazione di quell’uscita domenicale nel piovoso pomeriggio. In quella pista, avevano goduto del frutto a loro proibito, dello scatenarsi al ritmo della musica insieme alle amiche.
Forse un giovane si sarebbe avvicinato a una di loro scegliendo la più bella, un po’ come in quel gioco che tempo prima amavano tanto, in cui i protagonisti si schieravano gli uni di fronte agli altri fingendosi dame figlie del re e cavalieri in cerca della più bella tra tutte da condurre all’altare.
Quel giorno “il gioco” lo vinse le più piccola di quel gruppo. Un giovane venuto da lontano la imprigionò nel suo sguardo e non le diede possibilità di fuga: quello sguardo non l’avrebbe fatta dormire più la sera.
Ecco. La sposa era finalmente entrata nell’auto senza grossi danni per il suo bel vestito.
Il padre l’aveva raggiunta e si era seduto accanto a lei.
Un giro di motore diede il via a quello che per una sposa pare essere il viaggio più lungo.
Padre e figlia si strinsero la mano al fine di infondersi coraggio reciproco, in silenzio perché in quel momento le parole erano superflue. In un primo tempo il padre non era propenso che la figlia si sposasse e seguisse il marito al suo paese; tentò con ogni mezzo di convincerla a cercare di cercare una soluzione diversa da quella, ma lei, sicura di ciò che stava per affrontare, non volle sentire opinioni diverse dalla propria e ribatteva con forza sempre maggiore le ragioni del suo cuore.
In fondo lui vent’anni prima aveva lasciato il suo paese nel Meridione d’Italia per far sì che la sua vita seguisse il suo corso e non trovava giusto che lui dicesse che erano altri tempi, perché gli stessi tempi venivano per tutti, e quella non era una ragione per impedire il suo volo.
Come aveva osato sfuggirgli dalle mani come una farfalla così in fretta? Era stato lui stesso in fondo, con il suo esempio, ad insegnarle che il mondo è di chi osa, di chi si fa avanti con le proprie capacità e fu proprio grazie all immagine di forza che il padre le aveva dato che quell’essere così simile a lui aveva compiuto tutti i passi che avevano segnato la sua brave storia compreso il giuramento d’amore che si stava compiendo di lì a poco.
L’auto si fermò davanti alla chiesa del piccolo paese, mentre la vita scorreva come sempre; il bar era aperto e c’erano i soliti uomini, avventori dalle grosse voci che discutevano tra loro davanti al solito bicchiere di vino mentre crocchi di donne e bambini si fermavano un istante per vedere la sposa scendere dall’auto. Alcuni fortunati potevano semplicemente aprire il balcone e godersi lo spettacolo comodamente dal terrazzo: la cucina per un attimo poteva essere lasciata in sospeso. Vedere il vestito di una sposa significava avere modo di parlarne per giorni insieme ai compaesani.
Ecco, si vedeva già il pizzo bianco spuntare dall’abitacolo dell’auto, ora tutta la gonna. Ma come! Non ha il velo! L’acconciatura però le sta bene.
Quante voci! Quanti sussurri! Padre e figlia sapevano perfettamente ciò che accadeva alle loro spalle, perché era ciò che accadeva tutte le volta ai matrimoni del paese, ma non importava loro nulla di tutto ciò in quel momento solenne.
Lo sposo stava aspettando la sua compagna all’altare, con la stessa espressione dolce di quella domenica di tanti anni prima quando era riuscito a farsi notare da lei per lo sguardo inconfondibile chele aveva rivolto in mezzo a quella confusione.
La sua figura slanciata era sottolineata dal vestito scuro ed in quel momento apparve agli occhi di quella che stava diventando sua moglie più bello che mai: l’unico uomo capace di renderla felice e di fare di lei una donna.
Iniziava un altro capitolo della loro storia; il nuovo cammino aveva tanti interrogativi, ma erano entusiasti all’idea di affrontarli insieme.
Il braccio del padre ebbe un tremito. La commozione era troppa mentre si avvicinava al giovane genero ed ora doveva consegnarle la figlia, doveva staccarsi da lei e lasciarla andare. L’avrebbe resa felice?
Le avrebbe dato protezione e tutto ciò che lui le aveva sempre assicurato?
Non lo poteva sapere, ma ormai bisognava osare. II mondo in fondo, è di chi osa.
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0 recensioni:
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- Matrimonio d'altri tempi... lo riconosco... bello, bello...
- È veramente un bell'affresco di emozioni la tua "Sposa di primavera".
Sensazioni che capisco bene sia dalla parte della sposa che dalla parte in questo mio caso della madre. Si è felici quando una figlia si sposa, ma la nostalgia può essere superata solo quando arriva un nipotino/a. Te lo assicuro. Hai talento.
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