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Il gioco di una vita
Eccoci qua. La solita situazione del tipo "io scrivo, voi leggete"; l'ennesima perdita di tempo inutile per me, un'altra perdita di tempo utile per voi.
Perché inutile per me? Perché potrei anche scriverne mille di queste stronzate, niente e nessuno cambierà in meglio.
Perché utile per voi? Per il semplice motivo che chiunque leggerà queste righe eviterà di dedicarsi ad altre squallide attività quotidiane come, ad esempio, "non fare un cazzo".
Nonostante abbia esordito con tono irriverentemente burlesco coperto da un sottile velo di - ormai saldamente affermata - idiozia carnale, il resto dello scritto desterà nel lettore ben altre sensazioni, comprese: indifferenza schifata, odio nei miei riguardi, stordimento destabilizzante, inappetenza cronica, nausea, desiderio di drogarsi, smanie generiche di morte. Se i malanni persistono consultate un esperto.
Prima di cominciare, vorrei esordire con un prologo travestito da domanda:
In un mondo dove ogni avvenimento assurdo appare ordinario all'occhio umano, cinicamente desensibilizzato dalla quotidiana vista in differita di odio e morte che aleggiano nella troposfera terrestre, chi riesce più a mantenersi calmo, sereno e razionale ma allo stesso tempo godersi al massimo la propria vita senza ledere quelle altrui?
Ve lo dico io chi: solamente coloro che riescono a viaggiare metafisicamente con scioltezza in un labirinto senza fine, fatto di pareti come blocchi mentali e di un pavimento che rende ciascuno di noi instabile e guardingo: una lastra di ghiaccio che tenta di far scivolar via i nostri sogni semplicemente facendoci sbattere il culo per terra. Il trucco, a parer mio, non sta nel camminare lentamente e tentare di mantenersi in posizione eretta passo dopo passo, metro dopo metro, anno dopo anno: si tratta solamente di prendere una rincorsa e "slittare" sopra di esso, sorridendo e compiacendosene. Temete di non riuscire a fermarvi una volta preso un ritmo vitale particolarmente sostenuto? Non fatevi prendere dal panico o rischierete di cadere, facendovi seriamente male. Se proprio volete rallentare oppure fermarvi del tutto, guardatevi intorno: avete una triste distesa di pareti blocco-mentali sulle quali fare presa. Sbattete contro di esse per rallentare o arrestarvi. Chissà, forse riuscirete anche ad abbatterne qualcuna.
Un vita-labirinto. Sì, credo proprio sia la rappresentazione non-astratta più corretta immaginabile. Pensateci bene: un'unica strada da percorrere che si snoda in un tragitto tortuoso, pieno di curve e bivi. Non è possibile vedere oltre le pareti, non si è capaci di sapere cosa ci aspetta dietro ogni angolo e l'unico modo per scoprirlo è quello di andare avanti e imboccare nuove strade.
Il tempo è il tempo: dominante, relativo e indifferente. Sia che tu conduca una miserevole esistenza incatenato ad un lavoro che odi, senza amicizie né amore; sia che tu abbia raggiunto il traguardo che ti eri prefissato in età adolescenziale inseguendo il tuo sogno e dedicandovi anima e corpo; sia che tu faccia parte della massa stereotipata che affolla oggigiorno questo pianeta; il tempo scorre con indifferenza e ti guarda. Così come accade dentro al vostro personale labirinto: potete anche tornare indietro e provare a ripercorrere un sentiero già calpestato, ma le lancette dell'orologio non vi seguiranno né si fermeranno per voi. Inoltre, spesso, nuovi muri si ergeranno dietro le vostre spalle, a seconda delle vostre scelte. Da notare l'uso del nuovo termine "muro" e non più "parete", due tipologie differenti di impossibilità visiva e "movimentale". La parete potete anche tentare di abbatterla, dipende solo dalla vostra determinazione e dalla vostra tempra. Quanto più fortemente sentite di potercela fare, tanto più fragile si rivelerà. Con il muro, però, potete tranquillamente perdere in partenza le speranze: se decidete, quindi, di tornare indietro e vi trovate di fronte ad una massiccia costruzione fatta di calcina, occasioni perse, scelte alternative scartate e mattoni, significa che avete varcato un punto di non-ritorno e dovete soltanto guardare avanti, da lì in poi.
Questa accozzaglia di concetti apparentemente senza senso avevano il semplice scopo di frastornarvi. Adesso inizia il racconto vero e proprio e non potrete fare niente per evitare di leggerlo!
Questo racconto non è reale, trattasi di una pura esposizione di eventi ideologicamente possibili. Concretamente improbabili ma possibili. Ogni riferimento di qualsiasi tipo a fatti o persone reali è casualmente voluto.
Mentre ascolterete ciò che sto per raccontarvi, provate ad immaginarlo nelle vostre menti. Tentate di dare vita a ciò che fra poco vi esporrò, intagliatene i margini con tratti artistici o rudimentali, utilizzate i colori a vostra discrezione per riempire le sagome. Scegliete voi la dinamica sceneggiativa: fate di questa narrazione la vostra personale rappresentazione soggettiva. Dopodiché, riflettete.
Immaginate un tempo senza né principio né fine di durata illimitata, un luogo inesistente ma precedentemente descritto, dei protagonisti immortali senza vita propria.
Un labirinto può essere un posto molto interessante dove poter giocare ed entrambi lo sapevano. Ormai da tanto tempo, ogni giorno, si trovavano alla stessa ora nello stesso posto e si dedicavano per ore al loro passatempo preferito. Quello era solo un giorno come tanti altri.
E: "Ehi, 'U'.. Eccomi. Scusa il ritardo."
U: "Ciao 'E'.. Non preoccuparti, sono arrivato da poco. Tutto ok?"
E: "Mah, insomma.. come sempre. Nessuna novità. Non ho voglia di fare niente. Vivo ogni giorno aspettando questo momento quindi tutto il resto mi sembra così noioso e ripetitivo!"
U: "A chi lo dici.. per me è la stessa cosa. Allora direi di non attardarci ulteriormente, sei d'accordo?"
E: "Mi hai letto nel pensiero! Forza, entriamo!"
I due entrarono nel labirinto con fare irrequieto e frenetico, come ogni volta. La voglia di giocare era da sempre stata più forte di loro: mai una pausa per scambiarsi due parole, mai una pausa per prendere fiato, mai una pausa per niente. "Una volta entrati nel labirinto esiste solo il gioco, solo e soltanto quello!" si ripetevano sempre.
Si affrettarono a raggiungere uno spiazzo, abbastanza largo da poter essere diviso in due aree sufficientemente vaste, delimitate da un solco nel terreno non necessariamente profondo ma abbastanza da renderlo nettamente visibile ad occhio nudo. Dopo aver ripassato diverse volte la fenditura demarcatrice, ancora parzialmente integra dalla partita del giorno precedente, si disposero in piedi l'uno di fronte all'altro ai lati della riga, ognuno nella propria zona.
U: "Sei pronto 'E'? Cominciamo? Conosci la regola.."
E: "Ovvio che sono pronto e nuovamente ovvio che conosco la regola.."
Silenzio tra i due. Pochi secondi. Poi di nuovo parole.
E: ".. per nessuna ragione è possibile oltrepassare la linea! I cunicoli del labirinto sono tutti comunicanti tra di loro, quindi anche se prendiamo strade iniziali diverse possiamo ugualmente incontrarci dentro! Ma questa linea non deve essere valicata! Dico bene?"
U: "Dici benissimo. Per il resto è concesso tutto nel labirinto. Tieniti pronto perché stavolta ti batterò!
E: "Ah ah ah.. staremo a vedere. Vinca il migliore!"
Si strinsero la mano con fare apparentemente amichevole. Poi si voltarono e si dileguarono nei meandri del labirinto, ciascuno in quelli cui la propria area ne consentiva l'accesso. Si cercarono per ore, senza mai incontrarsi. Entrambi, prudenti e vigili, talvolta avanzavano, talvolta si tenevano nascosti in attesa di una possibile comparsa dell'altro per coglierlo di sorpresa e proclamarsi vincitore. Ma per ore non accadde niente. Dopo una svolta, 'U' si trovò nuovamente nello spiazzo-base nel quale aveva avuto inizio il gioco. Si acquattò dietro ad un'altura, in silenzio e in ascolto. Era solo. Gettò un fulmineo sguardo attorno a sé poi uscì allo scoperto, avvicinandosi alla zona avversaria. Prima camminando, poi correndo. Valicò la linea senza indugi, senza alcuno scrupolo, per poi scomparire in un viottolo secondario e continuare la ricerca.
'È aveva già da un po' adottato la tecnica dell'attesa. Si teneva ben nascosto dietro ad una sporgenza abbastanza pronunciata del terreno. La postazione gli permetteva di tenere sotto controllo diversi sbocchi del labirinto, anche se uno di essi gli rimaneva ugualmente alle spalle. Proprio nel mentre in cui 'È faceva capolino da dietro l'altura per controllare una possibile comparsa dell'avversario, sentì qualcosa premere contro la propria nuca. 'U' caricò il grilletto della propria arma e disse, ridendo:
U: "Te l'avevo detto che stavolta avrei vinto io!"
E: "Eh si.. non c'è niente da dire, mi hai battuto. Congratulazioni! Hai per caso attraversato la linea?"
U: "Che domande... certo che l'ho fatto! D'altra parte siamo uomini. Se non trasgrediamo qualche regola, che ci stiamo a fare al mondo, giusto?"
E: "Sono d'accordo con te. Per vincere ci si deve abbassare a qualsiasi livello di meschinità e direi che lo hai fatto egregiamente, caro mio."
U: "Ti ringrazio. Allora... mi sembra che il gioco sia finito, ci vediamo domani, 'E'?"
E: "Stesso posto stessa ora?"
U: "Ovviamente!"
E: "D'accordo... non vedo l'ora di rifarlo! Sappi che domani, però, sarò io a vincere!"
U: "Ah ah ah, non contarci troppo. Allora a domani."
E: "A domani 'U'"
Il gioco terminò al fragore dell'esplosione, al bagliore della polvere da sparo in deflagrazione.
Credete che questo racconto non abbia senso? Avete ragione soltanto in parte. Dovete, però, tenere presente che la stragrande maggioranza di voi, come era solito dire il mio amico Emmet Brown, "Non sta pensando quadrimensionalmente". Soffermatevi per un attimo a riflettere su quali potrebbero essere le analogie tra il suddetto racconto e il mondo al giorno d'oggi. All'indole dell'essere umano spinta da una morale priva di significato, la tendenza ad un comportamento sciocco, insensato e, ancor peggio, lesivo e retrogrado. Cosa potrebbe rappresentare il labirinto? Chi potrebbero raffigurare i due protagonisti 'È ed 'U', i cui rispettivi nomi non sono altro che le iniziali di quella che si crede essere la razza più intelligente del pianeta? Quale particolare routine comportamentale umana potrebbe aver simboleggiato la trasgressione della regola?
Non starò a rispondervi. Avrete, quasi sicuramente, capito tutto da voi.
Quello era solo un giorno come tanti altri.
Uno dei tanti giorni possibili per dedicarsi al loro passatempo preferito, per impiegare il proprio tempo GIOCANDO AD UCCIDERSI.
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