racconti » Racconti d'avventura » L'uomo del deserto.
L'uomo del deserto.
Ero stanco di camminare. Mi ero svegliato quella mattina all’alba in un campo da me improvvisato la notte prima nel bel mezzo del deserto di Obart. Contavo di riuscire a calpestare di nuovo l’erba prima del calar delle tenebre e infatti dalla collinetta dove ora mi trovavo riuscivo a scorgere non lontano le verdi pianure a sud di Drath Meda, mentre il sole alla mia sinistra si accingeva a sfiorare l’orizzonte.
Legati in un piccolo fascio sopra il mio zaino portavo alcuni legnetti e piccoli tronchi. Li avevo comprati in città 2 giorni prima e il loro peso aveva aggravato non poco la fatica del viaggio.
Nel deserto è praticamente impossibile trovare la legna per accendere un seppur misero fuoco e oggi, come anche ieri, mi sarebbe stata molto utile perché non avrei mai fatto in tempo a cercarla prima della sera, anche ora che una rigogliosa natura si estendeva a perdita d’occhio a poche centinaia di metri da me.
Era ora di rimettersi in viaggio.
Raccolsi il mio zaino incrostato di polvere e sabbia e me lo misi in spalla. Mi riinfilai l’arco a tracolla, controllai che le pozioni di guarigione fossero ben fissate alla cintura e partii verso nord.
Quasi subito mi fermai.
Sebbene fossi molto stanco i miei sensi allenati avevano captato un movimento. Mi voltai verso ovest e guardai. Nella totale immobilità di quel paesaggio desertico una figura si muoveva rapidamente nella stessa direzione che volevo seguire io. Era un uomo. Anch’egli proveniva da sud come me, quindi doveva aver attraversato il deserto. Solo in pochi erano in grado di farlo da soli, senza una cavalcatura o dei compagni su cui fare affidamento, e quei pochi li conoscevo tutti. Dovevo scoprire chi fosse.
Scesi rapidamente dalla collina e mi misi a correre veloce come il vento del deserto verso nord, in modo da superarlo e potermi nascondere più avanti in un punto dove lui sarebbe passato.
L’uomo non sembrò accorgersi di me; io raggiunsi i primi arbusti dove la natura cominciava a riprendere vita e mi nascosi dietro alcuni di essi. Da quella posizione pensavo di poter vedere bene il mio bersaglio senza che lui potesse accorgersi di me.
Avevo un vantaggio di qualche minuto quindi mi sistemai meglio e mi guardai intorno. Il mio sguardo alla fine si fermò nella direzione dalla quale ero venuto e con orrore notai che la stanchezza mi aveva fatto uno scherzo di pessimo gusto….. avevo lasciato decine di tracce dietro di me e non mi ero preoccupato di nasconderle.
“Idiota!” Pensai, “Un giorno morirai per una cosa del genere! E magari proprio oggi!”
Preso dal panico cercai di calcolare quanto tempo ancora potessi avere prima che lo sconosciuto si avvicinasse troppo a me. Sicuramente molto poco. E infatti mentre ancora valutavo se andare a cancellare le mie impronte oppure no, egli entrò nel mio campo visivo. Si muoveva veloce e sicuro, un uomo che conosceva bene quel tipo di terreno.
Con un movimento lentissimo presi in mano l’arco e incoccai una freccia: non potevo rischiare ulteriormente, considerato l’errore che avevo già commesso, dovevo essere pronto a tutto.
Indossava abiti del colore del deserto ed essendo anche molto sporco riusciva a confondersi bene con l’ambiente circostante. Ancora non riuscivo a scorgere il suo volto anche perché l’oscurità era avanzata rapidamente.
Egli fece ancora qualche passo e poi si fermò. Si guardò intorno e si immobilizzò. Aveva visto le tracce.
“Maledizione!”
All’improvviso scattò, rapido come una lepre, verso un altro cespuglio di arbusti e vi sparì dentro. Avevo visto dove si era nascosto ma non riuscivo ad individuarlo.
Decisi di avvicinarmi senza farmi vedere. Lasciai lo zaino e cominciai a strisciare silenziosamente verso di lui sempre tentando di far sì che le poche piante e le pieghe del terreno mi nascondessero alla sua vista. Arrivai a circa 10 metri dal punto in cui doveva essere e mi fermai. Avevo notato che non aveva un arco, quindi a questa distanza io ero avvantaggiato, ma se mi fossi avvicinato di più avrei favorito lui.
Decisi di affidarmi esclusivamente ai miei sensi. Anche se fosse rimasto immobile prima o poi sarei riuscito ad individuarlo, o almeno lo speravo.
Passarono alcuni lunghissimi secondi durante i quali giravo lentamente lo sguardo, setacciando ogni arbusto, ogni rametto, in cerca di qualcosa che stonasse con l’armonia della natura, sperando che un suo movimento, per quanto minimo, lo rendesse visibile ai miei occhi. Ero circondato da un silenzio innaturale, o forse ero talmente concentrato da aver escluso anche il più lieve rumore che non ritenessi importante. I miei muscoli stavano cominciando ad accusare la fatica e la posizione in cui mi trovavo non mi facilitava le cose. Sentivo che da un momento all’altro avrei dovuto spostarmi o mi sarebbero venuti i crampi.
Ma ad un tratto lo vidi. Un lieve bagliore: l’ultimo raggio di sole aveva colpito la lama del suo pugnale facendomi scoprire la sua posizione precisa. Ora era tutto più facile. Partendo dalla sua arma cominciai a ricostruire la sua sagoma e poi anche i dettagli, finchè non lo vidi in faccia. Era Shaak, mio amico e compagno di avventure. Guardava più o meno nella mia direzione ma ancora non mi aveva scorto. Tranquillizzato tirai un sospiro di sollievo, la tensione finalmente abbandonò il mio corpo e involontariamente rilassai i muscoli ormai doloranti. Questo provocò un mio leggero spostamento che causò un appena percettibile rumore….. e lui se ne accorse. Non mi aveva visto ma mi aveva sentito, il che per un abitante del deserto come lui e me era assolutamente equivalente. Scattò fulmineo, percorrendo la distanza che ci separava nel tempo di un respiro. Mi fu addosso in un istante, da quella posizione non avrei mai potuto schivare un suo attacco, quindi cercai di estrarre il mio pugnale per avere almeno una possibilità di pararlo. Ma nel tempo in cui la mia mano si posava sull’impugnatura lui mi era passato alle spalle e la sua lama si poggiava decisa sulla mia gola.
“Fermo!” Mi intimò.
Risposi con voce rantolante “Shaak……amico mio….. sono io”.
Allora mi riconobbe. Rinfoderò l’arma e mi aiutò a rimettermi in piedi. Poi mi guardò sorridendo e scuotendo la testa come a dire: “ Che idiota che sei!” . E io ricambiai lo sguardo annuendo, come a dire: “Hai proprio ragione, amico mio….”
123
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0