mi piacerebbe scrivere questo mio racconto insieme a molti di voi c'è qualcuno che
Prologo
Tutto quello che fra poco vi narrerò potrà soltanto in parte rendere omag¬gio al grande amico, eroe indiscusso, grande combattente, difensore dei deboli del mio mondo.
Credetemi, sono convinto che alla fine del mio racconto anche voi come me direte: -" È proprio lui quello che ho sempre sognato di avere per amico".
PREGO, SEGUITEMI...
Capitolo 1
Quella notte Ugo aveva fatto molto tardi, però la sveglia come al solito suonò alle cinque e venti. Il suo primo impulso fu quello di spegnerla e girarsi dall'altro lato, ma la solita voce che sentiva dentro lo spinse ad alzarsi ed a procedere a tutte quelle operazioni che meccanicamente com¬piva ogni giorno.
Vestirsi, lavarsi, tutto fu uguale alle altre mattine; solo una cosa era di¬versa: lo strano sentore che lui aveva e che gli si ripercuoteva nell'anima. Qual¬cosa stava per succedere: non so, gli elementi, l'aria, le nuvole, il cielo, era tutto uguale, ma lui sentiva che qualcosa doveva acca¬dere.
Prese come al solito la metropolitana, con le solite persone, le persone di tutti i giorni, quelle che vengono da fuori, che fanno i pendolari, che stanno se¬dute, ti guardano ma non vedono né te né qualsiasi altra cosa; stanno lì fissando il vuoto, tentano di proseguire oltre quel tunnel, cercano un mondo che vorreb¬bero ma non hanno.
Quel giorno fu come gli altri; trovò un posto a sedere e cominciò come gli altri a guardare un luogo che non c'era, a cercare l'immaginario confine tra la realtà e la fantasia. D'improvviso davanti a lui si fermò una donna, una strana donna com¬pletamente vestita di velluto; abito certo adatto alla stagione, ma di una fattura che non aveva mai visto: tutto intarsi di broccati e di seta. Gli sembrava di uno stile antico ed immaginò appartenesse a tempi remoti, forse ad una dama del duecento o anche molto prima. Ciò che più lo colpiva, tuttavia era lo strano colore, diverso da tutti gli altri, un colore diafa-no, un colore che non apparteneva a questo mondo.
Il cappuccio calato sulla testa mal celava la bellezza della donna: i lunghi capelli biondi e morbidi come le dune di un deserto afri¬cano incorniciavano uno splendido viso e soprattutto magnetici occhi di un celeste cri¬stallino che, messi in risalto dal trucco violet¬to delle palpebre e dal colore am¬brato della pelle serica, avrebbero tolto il respiro al più navigato Dongio¬vanni. Era bellissima e lui pensò:
- "Conoscerla sarebbe elettrizzante". Stava già perdendosi in mille impossibili fantasie quando senti:
-"Non è molto difficile conoscermi".
Ugo, ebbe un sussulto, poi si guardò intorno per vedere se qualcuno gli avesse parlato. Sia da un lato che dall'altro i suoi occasionali compagni di viaggio gli parvero in preda alle loro solitudini, assenti e sonnacchiosi, totalmente assenti rispetto a quelle parole che erano esplose nella sua testa. Si disse:
-"Questo succede quando fai molto tardi la sera e non dormi; credi di essere sveglio ed invece continui a sognare ed ecco strane visioni, questi suoni” arguì Ugo questa sera sicuramente sbrigherò a tempo le mie faccende, così riuscirò a dor¬mire almeno otto ore".
Ma la stessa voce, che poco prima aveva parlato, ficcanasò di nuovo nei suoi pensieri e disse:
-" Non ti sbagli, amico, non stai sognando, non sei stanco. Sono io, sono Annie, ti sto parlando attraverso la mente. Sono qui davanti a te e dopo tanti anni di ricerche sono riuscita a trovarti".
Un gelido tremito attraversò Ugo che questa volta rimase allibito. Guardò negli occhi la signora e scoprì che la sua mente non gli stava dicendo una bugia, le sue orecchie non stavano mentendo; capì che ciò che stava succedendo era realtà: quella signora aveva di certo parlato, ma non come tutte le altre persone, bensì trasmettendo i propri pensieri.
-"Alzati", disse la bella signora, "alzati e vieni con me. Andiamo un po' più lontano dove nessuno possa sentirci in modo che io ti parli come è di uso presso di voi, normali esseri umani".
Ugo, inebetito, non pensò a nulla. Come un automa si alzò dal suo posto e seguì la signora che intanto si era avviata verso la vuota fine del convoglio e ponen¬dosi con le spalle alla cabina di guida lo attendeva; attraversò quei pochi metri di vagone affollato con un certo imbarazzo aveva la sensazione che tutti lo stessero guardando. Era inconsapevole del fatto che nessuno tranne lui poteva udire o vedere la bella signora. Ma lo stato di trance in cui era caduto non gli permetteva di farsi domande ne tantomeno di capire per¬ché stesse così docilmente eseguendo tutto ciò che gli chiedeva di fare la bella signora, mai conosciuta nè vista prima di allora.
Quando l’ebbe raggiunta, le chiese chi fosse e da dove ve¬nisse. Udì per la prima volta la sua voce una melodiosa voce che nascondeva qualcosa di magico e di incantatore:
-"Sono Annie della stirpe dei Gregor. Sono l'ultima discendente di una an¬tica casta di clerici cercatori d’eroi. È da tanto tempo che cerco una persona come te, una persona che potrà cambiare le sorti del mio mondo.
Vengo dal monte Big Stone; lassù nel tempio dove io vivo sono l'ultima persona rimasta ; ti chiedo una cosa: vieni con me, aiuta il mio mondo a so¬pravvivere ".
Ugo si domandò quale strano meccanismo governasse tutte queste cose; proprio a lui che non aveva mai manifestato eroismo, nè forza fisica, adesso era stato chiesto di salvare un mondo, un mondo che, tra l'altro, non co¬nosceva assolutamente e che non gli apparteneva. Non aveva mai sentito parla¬re della casta dei sacerdoti cercatori d'eroi. Ma la signora gli parlò di nuovo:
-"So che sei scettico e che non riesci a credere a tutto quello che dico, ma se vorrai seguirmi solo per un momento ti mostrerò quello che potrai fare per noi, se lo vorrai e diventare così un eroe del nostro mondo".
L'idea sconvolse Ugo. Lui che non sapeva colorarsi di altri colori diversi dal più tenue grigio, improvvisamente si trovava a dover misce¬lare tutte le tinte che la fantasia poteva immagina¬re; non avrebbe mai pensato di trovarsi a vivere una tale situazione, e in quel momento realizzò:
-"Non è possibile, non puoi volere me! Vedrai che tra un po’ ti accorgerai di aver sbagliato persona, e poi mia moglie, le mie bambine...! No, proprio non posso". Ma dal profondo del proprio Io emergevano, accavallandosi tra di loro come su di una tavolozza di colori, fantastiche immagini.. Però, sarebbe bello..., io un eroe, salvare delle regine, delle principesse, avere per amici e compagni di avventura dei cavalieri antichi...".
Per un momento chiuse gli occhi e si vide cavalcare uno splendido stallo¬ne bianco attraverso a lande, a brughiere di sconosciuti paesi nordici. Quando lì riaprì per poco non svenne, sopraf¬fatto dallo stupore: non si trovava più sul suo vagone, non indossava più giacca e cravatta, non aveva più la ventiquattrore che usava tutti i giorni per andare a lavoro, ma al suo posto tra le mani stringeva un vecchio sacchetto di cuoio ed i suoi vestiti consistevano in una corta tu¬nica che a malapena gli copri¬va le cosce e un cappello di panno sgualcito; le sue calzature erano state ricavate da un unico pezzo di cuoio, ma a dire il vero erano molto più morbide di quelle con cui era uscito di casa.
Accanto a lui c'era ancora la bella signora, e dietro di loro si apriva una specie di grosso ovale nebbioso, da cui si riusciva ancora a distinguere la gente che fino ad un istante prima aveva diviso con loro quello squallido vagone che li avrebbe portati alla fine alla solita squallida giornata, immaginò fosse una porta temporale. Intorno si stendeva un grande prato circondato da una fitta boscaglia di pini, che mescolava le centi¬naia di tonalità di verde con lo sfondo grigio delle rocce che si ergevano immen¬se dietro di essa.
Appena fatto il primo passo, la signora si voltò verso il portale aperto nel vuoto e con un gesto, che a Ugo sembrò di pre¬ghiera, lo fece sparire ; non si rese conto in quel momento di essere stato praticamente imprigionato grazie quel magico trapasso temporale, la sua mente era rapita dalla mae¬stosità del castello che si stagliava contro il cielo sulla cima di quelle mon¬tagne, uno splendido castello formato da due magnifi¬che torri al centro delle quali, racchiusa, quasi sospesa, un ‘ immensa sfera di cristallo verde lasciava trasparire sacralità e mistero.
Tutto questo confuse talmente Ugo, che non seppe più cosa chiedere per primo alla bella signora.
Come al solito, avendo letto nei suoi pensieri, lei rispose:
-"Siamo nei pressi della dimora dei miei avi, alle falde del monte Big Stone: il mio mondo. È stato possibile giungervi grazie ad un tuo amico fra¬terno. È lui che ci ha aiutato a trasportarti e che ci ha permesso di farti passare dalla nostra parte della realtà". E quel magico e fumoso ovale che hai appena visto chiudersi è stato aperto solo dalla sua forza di volontà e dalla sua residua fantasia che va sempre più diminuendo nel nostro mondo.
Ugo si chiese chi fosse mai questo suo amico, e la signora gli rispose indi¬cando il suo fianco:
-" È lui, è lui che ha fatto in modo di poterti portare qui ".
A quel cenno Ugo si girò e vide una persona che aumentò il suo già im¬menso sbigottimento: la per¬sona alle sue spalle era la sua copia in tutto e per tutto tranne che per la strana aura che lo circondava di un mistico alone. Era anche vestito allo stesso modo, con gli stessi inusuali capi di abbigliamento.
Questi non disse una parola: si limitò a sorridergli come se fosse una per¬sona a lui molto ca¬ra. Poi, con atteggiamento paternalistico, parlò:
-"Su, muoviamoci, entriamo subito nel castello di Annie. Abbiamo molte cose da rivedere e molte da studiare prima di iniziare il nostro viaggio".
Detto ciò allungò così velocemente il passo che dopo poco scom-parve nella fore¬sta.
Non fece a tempo ad accorgersi della scomparsa della strana figura che, vol¬tatosi per chiedere alla signora dove fosse finito il suo presunto amico, Ugo si ritrovò completamente solo. Ormai consapevole di stare veramente vivendo quell’incredibile frangente si rassegnò e con molta cir¬cospezione si rimise in cammino verso il castello che per dire il vero non sapeva neanche dove fosse. Man mano che si addentrava nella foresta tutto gli sembrava più oscuro e le ombre si disegnavano minacciose lungo il sentiero.
D'un tratto ebbe la sensazione che qualcuno gli chiedesse di cambiare strada. In effetti pochi metri più avanti un essere dall'aspetto di un pic¬colo uomo faceva segni nella sua direzione. Non sapendo resistere a questo richiamo si avvicinò e il "Nano" lo implorò:
-"Aiutami ad uscire di qui. Sono imprigionato e non riesco a muovermi, liberami prima che mi trovino le forze del male di Goblear". Guardandolo bene, Ugo si accorse che le sue gambe erano chiuse in una trappola legata al ter¬reno.
-"Chi sei?... Cosa fai?... Cominciò Ugo, ma prima che potesse chiedere altro il pic¬colo uomo parlò di nuovo :
-"Io sono Walla, abito il bosco in cui tu stai camminando. Salvami ed io ti farò ricco ".
-" Non so che farmene della ric¬chezza in questo posto che non conosco, ma ti libererò ugualmente". Detto questo si avvicinò e armeggiando tra leve e corde intrecciate riuscì a liberarlo. Il nano, appena libero, mantenne la sua pro¬messa e gli lasciò in dono una scure a doppia lama di pregiata fattura con delle stranissime rune d'oro incise sul manico da abili mani. La cosa più strana era pe¬rò il fatto che le due lame erano così lucide da potersi paragonare ad uno specchio. Walla, prima di scomparire nel buio del sottobosco, disse con voce stridula :
-" Lei tornerà da sola in mano a chi rifletterà onore e gloria ". Appena l’ebbe raccolta da terra e impugnata, una piccola scossa lo percorse, ma lui quasi non ci fece caso abbagliato come era da tutti questi avvenimenti che si succe¬de¬vano uno dietro l'altro senza dargli tregua, e proseguì il cammino verso il castel¬lo.
I portali apparvero dopo qualche minuto, immensi, di bronzo e le-gno lavo¬rato in maniera tale che quasi sembravano essere stati colati nello stesso stam¬po. Non mancavano che poche decine di metri al castello che una grossa sagoma nera gli si parò davanti. Come era già successo per il nano del bosco, anche questi conosceva il suo nome, ma di certo non era ben di¬sposto nei suoi riguar¬di. Né il ringhio né il ruggito sono, infatti, un ‘ espres¬sione amichevole.
Quell'essere che gli si era parato davanti non era neanche lonta-namente nella sua immaginazione; sicuramente era stato pensato da una mente perversa: una specie di umanoide dalla pelle verde, la faccia squa¬drata con gli zigomi sporgenti ed i canini inferiori che fuoriuscivano dalle labbra come nei cinghiali; i suoi occhi erano rossi e tutto il suo corpo esprimeva forza e ferocia.
Brandiva una poderosa spada a due mani piena di ammaccature sul filo della lama e gli si faceva incontro ringhiando e urlando il suo nome unito a in¬sulti irripetibili. Senza rendersene conto, Ugo prese da dietro le spalle, dove l'aveva legata, la splendida scure da guerra e aspettò. Non sapeva cosa sarebbe successo, ma aspettò.
L'Orco, vista la scure, esito per un istante ed Ugo, che pensava si fosse fer¬mato per discutere, gli chiese:
-"Chi sei? Perché mi minacci? Cosa ti ho fatto di tanto orrendo che ti spinge a trattar¬mi così?"
Per tutta risposta, con un urlo che avrebbe gelato il sangue nelle ve¬ne persino ai più esperti veterani, roteando lo spadone gli si scagliò contro; d’istinto Ugo spostò il viso, che tuttavia venne inciso dalla parte inferiore dell'occhio destro fino alla fine della ma¬scella.
La miscela di emozioni e paura che si andavano accumulando nel suo animo trovò nel dolore per la ferita il reagente esplosivo:
Impugnata con forza la scure a due mani Ugo, la spinse con tutta la sua rabbia in avanti e il mostro non ebbe il tempo di scansarsi. Forse non si aspettava una così fulminea reazione, e la scure scese impietosa tra il collo e la spalla addentrandosi nelle sue carni fino a metà to¬race. Non uscì neppure il più piccolo gemito dalle sue fauci perché la sua enorme bocca era già piena dell'orrido verde sangue. Crollò a terra quasi diviso in due; Ugo non si era reso conto che il suo nemico era ormai morto e con impeto abbassò di nuovo la scure sul collo dell'orco, questa volta de¬capitandolo.
Un urlo di vittoria uscì dalla sua gola, un urlo che risaliva agli albori della civiltà umana; la sua mano andò verso la guancia che gli doleva e inorridito vide che era piena del suo sangue.
Si accorse solo allora che l'essere che aveva colpito era morto, l'aveva ucciso, sì, proprio lui, che fino a qualche ora prima, ancora nel suo mondo, non aveva il coraggio di uccidere neanche un ragno quando sua moglie impaurita glielo chiedeva, ed ora lui, aveva messo fi¬ne all'esistenza di un essere vivente. Dopo qualche istante o forse poco più, riuscì a ritrovare sé stesso e fattosi coraggio scavalcò il corpo mutilato dell ‘ orco e si diresse verso la porta del castello. Un passo dopo l'altro si avvicinava al portale. Ormai riusciva a distinguere le mae¬stose descrizioni in altorilievo che ritraevano tutta la storia delle genti della stirpe dei Gregor.
All'improvviso sentì delle urla che provenivano dalla foresta. Si voltò e vide in lontananza una moltitudine di sagome che somigliavano tantissimo al mo¬stro che poco prima aveva ucciso. Non ne riusciva a distinguere molto bene il numero : dieci, quindici, forse venti erano quegli strani esseri urlanti che, imbrac¬ciando ala¬barde e lance e correndo, si avvicinavano sempre di più a lui ma il portale pur¬troppo era chiuso.
Urlò il nome della signora:
-" Qualcuno mi apra, per favore, Annie..! Annie dei Gregor, apri questo maledetto portone!"; nessuno si fece vivo né aprì il portone, frattanto, il plotone dei mostri si avvicinava sempre più.
Strani cubi di legno cesellati armonicamente con la struttura del portale emergevano dai disegni, come non vi facessero parte; altri invece rimanevano interni come se spinti nelle loro sedi per qualche strano motivo.
Ugo provò a spingere con tutta la sua forza la poderosa porta ma tutto ri¬mase immobile. Allora si appoggiò sconfitto con le mani sul portone pigiando per caso proprio uno di quei cubi di legno che scivolò nella sua sede. Questo gli fece capire che quella era la serra-tura del portale. Cercò di spingerli tutti per aprirlo; intanto la furia dei mo¬stri era ormai tanto vicina che Ugo poteva sentire persino il loro nauseante puzzo di animale.
Una lancia si conficcò nel portone a poco più di un palmo dal suo torace:
-"Devo ragionare più in fretta, devo riuscire a capire qual è il meccanismo che lo fa muovere", si sforzava di pensare, ma in quei pochi istanti le sensazioni si accavallavano nella sua mente, come una valanga che scende nella valle tra¬scinando con sé tutto ciò che trova sul percor¬so.
Non riusciva a concentrarsi e intanto la distanza tra lui ed i suoi avversari diven¬tava sempre più sottile.
All'improvviso un’intuizione balenò nella sua mente e lui vide la soluzione :
-"Ma sì , è soltanto un alternarsi dei cubi nella distanza delle mani aperte! " Ugo affondò le mani nei cubi all'altezza delle sue spalle co-me per spingere il portone e con uno scatto metallico e senza neanche il minimo cigolio questo si aprì .
Non fece neppure un passo dentro il castello che il portale, magicamen¬te (o forse solo comandato da qualche mano amica ), si richiuse, giusto in tempo per sentire i colpi di alabarda che gli orchi, infe¬rociti dalla delusione di non aver potuto mettere le mani su quel piccolo umano assassino di un loro amico, picchiavano sul bronzo e sul legno del portale.
Le voci ed colpi si fecero sempre più deboli fino a che sparirono nella notte della foresta. Appena ripresosi dalla scarica adrenali¬nica di quel trafelante inse¬guimento, vide quello che in realtà non avrebbe mai neanche osato sognare. Tutta la struttura della parte centrale del castello era fatta di un materiale tra¬sparente molto simile al cristallo, ma si¬curamente di una consistenza superiore, anche le mura esterne, che da fuori davano l'impressione di normali mura di pietra o roccia, dal centro di quel cortile apparivano completamente assenti. Persino il portale, che in realtà aveva appena chiuso, era difficilmente visibile.
Tutto questo dava l'impres¬sione a Ugo di trovarsi ancora in mezzo al prato verde che circondava il castello e gli riempiva l'anima di una strana sensazione: un misto di libertà e allo stesso tempo di protezione che è propria dell'essere rac¬chiuso tra delle mu¬ra.
Poteva distinguere chiaramente tutto quello che succedeva nell'interno di quel palazzo di vetro. Seduti di fronte a lui c'erano lo strano personaggio che gli somigliava moltissimo ed Annie.
Prima di recarsi nella stanza dove erano le due figure, si girò un po' intor¬no, forse per cercare di capire dove si trovava veramente. Una cosa era comune in quel posto, e cioè tutto o quasi tutto il materiale usato per costruire dalla sedia alle porte, dalle finestre ai secchi poggiati sul pozzo era il medesimo, ossia cristallo, con qualche strano meccanismo che faceva in modo che dall'esterno tutto sembrasse di soli¬da roccia, mentre lì ora tutto era perfettamente trasparente.
Si fece coraggio ed entrò in quella stanza dove aveva visto i due miste¬riosi personaggi.
Annie era seduta su di un grande trono al centro di un salone arredato in modo regale; sulle pa¬reti erano incisi dei motti antichi in una lingua che a Ugo parve un antica lingua ecclesiale; le grandi lastre di onice striato di rosso e celeste fa¬cevano da con¬trasto con la volta del soffitto a grandi arcate, che era splendida¬mente affre¬scata con delle scene di epiche battaglie tra umani, draghi, orchi e mostri vari.
Lo strano personaggio che era seduto sugli scalini ai piedi del trono di Annie, iniziò a parlare prima che Ugo potesse finire di ammirare le bel¬lezze di quella sala :
-" Bene, abbiamo visto che hai superato tutte e tre le prove che Annie mi aveva proposto di farti fare e senza nessun problema. La tua bontà d'animo, il tuo coraggio e la tua intuizione sono state egregie. Complimenti. Certo, ti aspetteranno prove molto più dure di queste, ma da ciò abbiamo visto che sei, come io dicevo, naturalmente predisposto a certi tipi di contrattempi che potran¬no capitarti molto spesso durante il nostro viaggio".
Ugo era sbigottito dal vedere di nuovo sé stesso riflesso in quel personag¬gio che stava parlando. Era come vedere la propria immagine in uno specchio che non segue i tuoi stessi movimenti, ma ne fa di propri e di di¬versi. Pedantemente ripeté quella cantilena che ancora nessuno aveva totalmente esaudito con una seria risposta:
-"Chi sei tu? Come mai mi trovo in questo posto? Ho ucciso un essere mostruoso e non ne so neanche il motivo...! Chi è veramente lei?".
-"Calma, calma, un secondo di tempo e ti spiegherò tutto quello che vuoi sapere. Ades¬so calmati, riposati un po'".
D'incanto, come se qualcuno senza farsi vedere l'avesse portata vicino a lui (o forse già c'era e lui non l'aveva ancora vista ), una sedia di cristallo dall'alto schienale stilizzato apparve proprio dietro le sue gambe e lui se¬dette.
"Tutte queste domande avranno una risposta. Incominciamo da me: il mio nome è Mente e sono la materializzazione di tutti i tuoi sogni, le paure, l'avventuroso e il magico di quella parte di te che hai sempre tenuto nascosta a tutti. Sono mesi che mi sto impegnando nella ri-cerca e nei preparativi di questo viaggio. Sai, sono sicuro che insieme io e te riusciremo in quello che finora è costato la vita a tanti guerrieri, maghi ed eroi di questo mondo. Noi non ci siamo conosciuti prima perché solo in questa dimensione io potevo divenire reale. Per far ciò era necessario che qualcuno da questa parte avesse disperatamente bisogno di me. Solo quando Annie ha cercato nel suo cuore il mio aiuto io ho avuto finalmente la possibilità di divenire reale ed ho partecipato al suo messaggio di soccorso”.
-"Cos'è questo mondo!?" proruppe Ugo "Perché io che non ho mai fatto nulla di diverso dall’ordinaria routine quotidiana posso riuscire a salvarlo!?".
Intervenne Annie:
-"Tutto iniziò qui su Titan mille, forse duemila anni fa. In questo mondo parallelo al mondo degli umani era tutto sereno e tranquillo e tutte le razze di esseri viventi umani e non umani come ad esempio Elfi, Nani, Minotauri, Goblin, Or¬chi, e migliaia di altre specie, vivevano in pace ed armonia tra di loro. Finché un brutto giorno un essere maligno pensò che poteva mettere le mani su tutto questo con la magia per trarne un personale guadagno.
Incominciò a porre inimicizia tra le varie razze tra quelle meno intelli¬genti assoldò i suoi seguaci quali Goblin, Orchi, Trolls, e suoi soldati furono i terribili esseri non morti: mummie, spettri e scheletri. Purtroppo anche esseri molto ma molto più pericolosi di quanto un comune essere umano come te possa immaginare furono soggiogati dalla potenza del male e asserviti al suo po¬tere i "Draghi". Tutti i tipi, dal piccolo drago bianco all'immenso drago dorato, furono assoldati dal grande mago malvagio Asser Gunther della stirpe maledetta dei Goblear. Solo un tipo di drago non è stato soggiogato dalla sua mente, il mitico drago di cristallo. Si dice che i suoi poteri siano immensi, ma questa è solo una leggenda. Abbiamo lottato e combattuto fino alla distru¬zione che alla mia morte sarà totale perché nessuno di questo mondo ormai in rovina è rimasto tra i maghi e i chierici per poter affrontare la grande potenza di Asser; nessuno di noi poteva resistere perché tutti sapevamo, bene o male, cosa è il co¬raggio, cosa l'avventura e cosa è la paura ; ci voleva qualcuno al di fuori di questo mondo che non avesse mai vissuto certi tipi di esistenza e potesse quindi avventurarsi nei labirinti che la mente malvagia di Asser Gunther ormai si sta allargando su tutto il nostro pianeta.
Esiste purtroppo un solo modo di porre fine al suo incon¬trastato dominio. È quello di distruggere il suo "Globo delle Esistenze", che racchiude tutta la sua potenza ed è custodito nelle segrete del "Castello della Notte Eterna". Quest’ultimo venne fatto costruire da questa mente perversa. - calco¬lando che un giorno qualcuno avrebbe potuto tentare di entrarvi -, nel bel mezzo della fo¬resta "Delle Nebbie" dalla quale nessuno è mai tornato per spiegarci il perché di questo nome. Molta strada dovrai percorrere durante il tuo cammino, e le tante espe¬rienze ti porteranno ad avere una conoscenza superiore; ciò ti servirà a superare le spaventose insidie celate nella forza della sua mente; vedrai che anche se tutto questo ti sembra per il momento così oscuro e così irreale, poi la verità sarà sempre più chiara e tutto ti parrà meno estraneo. Ti volevo ancora dire ricorda : “ così come tu ci hai pensato, così noi siamo e qui tutto sarà sempre così ”.
Non finì di pronunciare queste parole che un buffo servitore vestito di un corto saio di velluto rosso porpora entrò trafelato nella sala, con al seguito due enormi guerrieri nelle loro splendide corazze lucide.
-" Dama Annie, mia signora, ci sono i vostri generali che..."
-" Perdonateci, Signora, purtroppo le cose stanno andando male. Le truppe di Goblear ci spingono ormai da vicino. Il nostro consiglio è abbando¬nare subito il castello prima che Lord Benedict riesca a mettere le sue mani adunche sulla vostra sacra persona".
-" Sir Mantis e Sir Delfin, sarò da voi in un secondo. Ora però lasciatemi con i miei amici "
I cavalieri si ritirarono dalla sala senza mai dare le spalle alla loro padrona e quando furono del tutto scomparsi alla vista Annie riprese la parola e disse :
-" Temo che per me sia giunta ormai la fine. Posso operare, con le forze rimastemi, un solo incantesimo e voi dovrete essere lontani quando quell‘ essere immondo di Lord Benedict entrerà dalle porte di questo castello. Quindi, signori, preparatevi a viaggiare magicamente". E senza dare modo di replicare a nessuno si alzò dal suo trono, cominciò a recitare una nenia che uscendo man mano dalle sue labbra le si condensava in un'aura azzurrina, che alla fine l'av¬volse completamente. Poi, puntando le braccia tese verso i due increduli perso¬naggi nella sala, li salutò per l'ultima volta; quindi, piegando il volto verso terra, diede forza alla sua magia e un lampo di luce accecante uscì dalla punta delle sue dita colpendo in pieno Ugo e Mente e catapultandoli all'istante, in una nu¬vola di nebbia, lontano dalle battaglie che in quel momento stavano spargendo forse l'ultimo sangue eroico del regno di Titan.
La nebbiolina ancora non si era del tutto dissipata che il nostro amico Mente disse :
-"Bene, siamo stati portati nel posto più lontano dal castello di An-nie"
-"Cos'è questo... posto" disse Ugo con le labbra che non si decidevano a muoversi.
-"Siamo nella stupenda valle della foresta di cristallo".
In effetti si trova¬vano in mezzo ad un sentiero che tagliava per tutta la sua lunghezza una foresta completamente di cristallo, "cose" scheletriche senza una "verde foglia" che solo in parte rendevano l'idea di ciò che avrebbero dovuto essere, cioè alberi. Si paravano da una parte e dall'altra non lasciando filtrare il benché minimo raggio di luce tanto erano intrecciate e contorte tra di loro.
Capitolo 2
Presi da tanta bellezza, i loro occhi rimasero incantati per qualche lungo istante nell'ammirare la fattura della foresta che, anche se magicamente, era co¬munque stato il lavoro di qualcuno che sapeva molto bene il proprio mestiere; ciò li portò a non osservare molto bene tutto il resto che accadeva intorno a lo¬ro finché Mente non disse concitato:
-"Presto, nascondiamoci dietro questi cespugli! " strattonando Ugo che non aveva per la verità avuto sentore di alcunché.
Da dietro il fitto cespuglio Ugo, guardando meglio la strada, si accorse delle due figure che camminavano nella loro direzione.
-"Come hai fatto ad aver visto quei due prima che fosse possibile per chiunque?! ". La domanda, anche se formulata in modo banale, aveva un che di vero. Non era possibile per un essere dai poteri normali avere visto da circa due chi¬lometri di distanza e senza nessuno sforzo due piccolissime, ora che le guarda¬vano attentamente, figure sullo sfondo del sentiero.
-"Mah!? Non so che dire, ho avuto soltanto una strana sensazione di pe¬ricolo ed è questo che mi ha fatto muovere così".
Ben presto le due figure ebbero a rivelarsi per quello che in realtà erano, cioè un guerriero umano e uno strano piccolo umanoide con la testa di volpe.
Il guerriero era grande, grosso e con un portamento regale come quelli che aveva visto nella grande sala del trono di Annie, però, a differenza, non aveva la corazza splendente, o perlomeno non lo era più , era invece tutta ammac¬cata e impolverata e ciò metteva ancor di più in risalto l'unica cosa lucente, una splendida aquila bifronte incoronata da tre pianeti che brillava nel centro del suo petto; al suo fianco pendeva un lungo spadone con un'elsa in avorio e ametista splendidamente cesellata e appeso sulle sue spalle uno scudo mille volte colpito da armi nemiche di tutti i tipi.
Il suo compagno era sicuramente di una razza subumana ma trasmetteva al solo sguardo simpatia e cordialità. A malapena la sua statura arrivava alla cinto¬la del guerriero che a sua volta era alto intorno a due metri.
Era vestito sicuramente in modo originale con un elmo piumato, senza più tante piume, che aderiva perfettamente al capo lasciandogli però scoperto il volto. Una cotta d'oro, ovvero costruita con l'unione di centinaia di monete d'oro, di tutte le dimensioni, sicuramente di provenienza illecita, gli copriva il busto. Indossava pantaloni aderentissimi in cuoio, che a dire il vero data l'usura lasciavano ben poco all'immaginazione di chi stes¬se guardando, e stivaloni al ginocchio di un colore metallico, che nell'insieme sembravano l'unica cosa curata. Non portava apparentemente armi, tranne un pu¬gnale di strana fattura ricurva, e sulle sue piccole spalle era attaccato uno zaino dal quale uscivano mille e mille oggetti strani.
I due Personaggi avanzavano verso Ugo e Mente in silenzio e con un’ aria molto affaticata, la spalla del guerriero per giunta era solcata da un profonda fe¬rita da cui non scorreva più sangue ma che comunque doveva essere il frutto di uno scontro non molto lontano. Arrivati all'incirca al punto in cui erano nascosti Ugo e Mente, si fermarono a parlare tra di loro. Poi, improvvisamente, il guerriero mise mano alla spada e la sguainò con tanta velocità da creare un sibilo sini¬stro. Il piccolo essere che lo accompagnava si poggiò con le proprie spalle alle spalle del guerriero e tirò fuori il pugnale ricurvo, in verità un po' ridicolo se paragonato al terribile spadone del compagno. Ma alla pochezza della sua arma unì una voce decisa, forte e chiara:
-"Vigliacchi, uscite subito fuori da quei cespugli! " e il guerriero con più veemenza ribadì a suo modo il concetto:
-"Venite fuori e battetevi da guerrieri, luridi incroci tra un hobgoblin e un Troll! " Dicendo questo roteò il suo spadone mandando in mille pezzi la cima del cespuglio di cristallo dove si erano nascosti Ugo e Mente.
-"Ehi! Ehi! calmati bestione " esordì Ugo non sapendo neanche lui da dove gli venisse tanto coraggio.
-"Non ci siamo nascosti qui per tendervi tranelli "continuò Mente.
Uscendo fuori dal loro precario nascondiglio sia l'uno che l'altro si posi¬zionarono in modo da fronteggiare il duo che gli si parava dinanzi, Ugo non vo¬lendo pensò ad un’ arma da avere nelle mani e magicamente la sua ascia da guer¬ra a due lame apparve e lui la serrò. Il gigante urlò di nuovo :
-"Chi siete, sporchi conigli senza fegato!? Fatevi sotto, che io possa disse¬tarmi con il vostro sangue! " Detto questo alzò in aria la spada in procinto di me¬nare un terribile fendente quando il suo compagno esclamò :
-"Fermati Maroon Nausicud, ferma il tuo braccio. Non lo riconosci? " Il guerriero restò goffamente con le braccia sospese sul capo rispondendo negati¬vamente alla domanda postagli.
-"Ma sì , è proprio lui, Scithia dei Gregor, il grande personaggio del quale tutti i chierici bianchi di Titan stanno premonizzando l'arrivo e di cui parla la leggenda della sacra pietra. Guarda, ho qui anche il disegno del suo volto che nella casa del mago Xanathu casualmente scivolò nelle mie borse. " Tirando fuori dalle sue borse una pergamena antichissima, il personaggio dalla faccia di volpe la srotolò e la mise sotto il naso incredulo di Maroon.
-"Bè , bisogna ammettere che se non è lui gli somiglia tantissimo. " Allen¬tata un po' la tensione che si era creata, senza comunque rescindere dalla posi¬zione che aveva assunto, il guerriero riprese:
-"Vladimir Massarin, non dobbiamo farci incantare dalle somiglianze, do¬manda a questi marrani i loro nomi e i nomi dei loro padri." Roteando in aria il pugnaletto con fare disinvolto il Foxman ripetè:
-"Allora non avete sentito il mio potente amico, quali sono i vostri nomi e quelli dei vostri Avi? "
Oramai non c'era limite alle sorprese che potevano capitargli e non si me¬ravigliarono più di tanto, quindi preso il coraggio a due mani Ugo rispose :
-"Non sono Scinthia..."
-"Ehm!" scansando Ugo con il gomito e ponendosi davanti a lui, Mente ri¬prese "Il mio compagno voleva sottolineare che mai nessuno lo aveva chiamato per nome senza il suo onorevole seguito di appellativi, cioè Signore delle Re¬gioni dei draghi di Platino, Gran Reggente del trono dei pendolari metropoli¬tani, padrone..."
-"Basta Mente" disse, sottovoce, sospingendo in avanti il suo amico. Mente continuò:
-"Certo il mio amico ora è un po' logoro e carente in quanto ad armatura, ma non gli manca di certo il coraggio e l'audacia di battersi con chi gli mancasse di rispetto anche si trattasse di un drago dorato " e sudando freddo nell'attesa di una reazione di qualsiasi tipo da parte dei due personaggi , si spostò leggermente di lato dando la possibilità ad Ugo di tornare di fronte al suo enorme avversario.
A queste parole Maroon abbassò la spada e piantatasela in terra si ingi¬nocchiò e come lui fece il suo compagno.
-"Grande e potente Scinthia, Signore dei draghi di platino, Gran Reggente dei pendolari metropolitani, perdonaci per non averti riconosciuto subito, ma sai bene che di questi tempi in questo lato di Titan non si può sottovalutare nessun avversario, neanche il più schifoso dei Troll".
-"Ma come mai loro riconoscono me in questo Scinthia, e non hanno fatto neanche caso al tuo volto identico al mio " bisbigliò Ugo, rivolgendo sottovoce la propria meraviglia verso Mente.
-"È semplice, perché loro mi vedono in tutt'altro aspetto" e rivolgendosi ai due Mente aggiunse -"Signori illustri, ora che sapete che non volevamo aggre¬dirvi, volete spiegarci chi siete e cosa fate nel bel mezzo della foresta di cri¬stallo?! "
-"Certo, la verità ti sarà detta mio caro straccione, però non prima che tu ci abbia spiegato perché noi dovremmo parlare a te che non sei nessuno, quando dobbiamo dire tante cose al grande Scinthia ". Il Foxman disse questo con molta noncuranza come se in realtà non stesse affatto pensando al peso effettivo delle sue parole.
-"Sì , ti spiegherò perché devi, con una piccola lezione di maniere ". Ciò di¬cendo Mente iniziò a cantilenare una filastrocca in una lingua incomprensibile. Qualche istante, ed una fitta coltre di nebbia giallognola lo avvolse mentre scompariva dalla vista dei due figuri che rimasero a dir poco stupiti quando dalla cima di un basso ramo dietro le loro spalle si sentirono chiamare.
-"Allora, come vedete, avrei potuto usare la mia magia in modo molto più devastante per voi, ma questo vi serva per capire che in fondo non si deve giu¬dicare una persona solamente per il suo aspetto esteriore". Il guerriero era anco¬ra in preda allo stupore ma il Vladimir Massarin, che, come tutti quelli della sua specie, era molto curioso, anzi aveva fatto della ricerca e dell'avventura una ragione di vita, chiese :
-"Dimmi come sei riuscito a fare questo, Signore..."
-" Forse un giorno, ora però, se non vi dispiace, siate così cortesi da farci capire cosa fate qui e da dove venite così logori e malconci".
-"Questa è una lunga storia, mio signore..."
-"Smettetela con questo - mio signore- " esclamò Ugo " Io mi chiamo U.. Scinthia e per voi che mi sembrate delle persone ammodo Scinthia e basta".
-"Grazie, mio signore, Ehm Scinthia; la nostra storia, la mia e di Vladimir, è iniziata forse tre o lune fa quando il destino ha fatto incrociare le nostre strade.
Io sono un cavaliere dell ‘ ordine sacro dell'Aquila bifronte e sono rimasto l'unico superstite di un attacco di Orchi e Goblin alla mia guarnigione in cammino verso Anthinea, dove si stanno radunando tutte le forze che combattono i mostri e gli alleati umani del maledetto Asser Gunther; ero rimasto a seppellire i corpi dei miei compagni ed amici morti nella battaglia quando dal profondo della fo¬resta ho sentito delle grida e ancora rabbioso per non aver potuto annientare completamente il nemico che se l'era battuta a gambe levate, mi sono precipitato nella foresta e là ho trovato Vlad che si batteva coraggiosamente con pugnale, e, come al suo solito, parlantina, contro tre o quattro Goblin superstiti della bat¬taglia.
-" A dire la verità , signore," si intromise Vlad -" Maroon non diede il tempo a nessuno dei Goblin, che non erano tre o quattro, ma sei, di cui uno che doveva essere il capo, armato fino ai denti, dicevo, non diede loro il tempo nem¬meno di vedere di dove venisse la loro morte. Con la sua potente spada spic¬cò dal collo con un solo colpo tre di quelle luride teste ; replicò con il rovescio del colpo e altre due teste volarono via con un tale rapidità che io penso che il loro capo sia morto (ucciso dalla paura) prima che la spada si abbattesse esattamente in mezzo ai suoi acquosi occhi.
Da quel momento ci unimmo per percorrere una strada sicuramente piena di pericoli, ma che ci ha regalato anche qualche soddisfazione, una delle quali siete... sei tu, mio Scinthia.
-"Certo" disse Maroon "Un prode cavaliere come te non può camminare senza una buona armatura degna del suo casato. Come mai tu non ne porti e co¬munque dobbiamo fare qualcosa per procurartene una degna del tuo nome, vero Vlad?!"
-"Sicuro", disse Mente "il mio amico senz'altro sarà molto felice di in-dossare la sua armatura; dal castello misteriose forze ci hanno trasportato qui e non gli hanno neanche dato il tempo di indossare una seppur misera cotta ci ferro.
-"C'è la possibilità che noi possiamo fare qualcosa per te, Scinthia" disse Vlad ". Ad un’ora da qui, camminando sempre nel bosco di cristallo, abbiamo in¬crociato un bivio che secondo la mia antichissima mappa condurrebbe alla leg¬gendaria dimora del drago di cristallo".
-"Ma questa è una vecchia stupida favola" disse Maroon, "non possiamo perdere tempo dietro le tue fantasie. Dobbiamo ricollegarci subito con le nostre truppe e dar loro una mano per cercare di battere Asser".
-"Non sono favole" ribadì Vlad "la mappa parla chiaro. Guarda!" e spianò sul terreno un antichissimo rotolo di carta pergamena la quale venendo fuori da una delle sue borse portò dietro un nugolo di oggetti strani e all'apparenza inu¬tili, spargendoli tutti intorno.
-"Certo, vedendola è tutto semplice, ma la tua mappa non dice che per arri¬vare alla dimora del drago di cristallo dobbiamo attraversare prima il bosco di Vedika e nessuno è tornato per spiegarci cosa succede lì. La tua mappa è stata sicuramente disegnata molto prima che su quel bosco venisse lanciata la male¬dizione che ora lo cinge e lo rende impenetrabile ed è quindi impossibile trovare la dimora del drago.
-"Le tue dissertazioni, Maroon, sono molto sagge" disse Mente "ma non è con la sola saggezza che riusciremo a fare qualcosa per il nostro mondo. A noi serve, oltre che una buona armatura per Scinthia, anche sapere se il drago di cristallo è o no solo una leggenda perché se così fosse le nostre possibilità di arrivare a sconfiggere il male diventerebbero assai poche".
-"Io dico : andiamo e scopriamo questo terribile bosco di Vedika" disse Scinthia "E nessuno mi fermerà , per la barba di Geppetto! "
-"Chi è questo Geppetto? " chiese Vlad "forse un Dio?"
-"No, solo un suo modo di dire" disse Mente, sorridendo tra sé.
Il tramonto era vicino e anche se tra quel groviglio di cristallo non passava molta luce, di certo ora stava facendosi più buio.
-"Bisognerà fermarsi, altrimenti nel buio rischieremo di perderci" disse Maroon ". Io nella mia borsa ho uno strano oggetto che nelle tue mani Mente po¬trebbe risultare utile per il nostro cammino. L'ho trovato nella tasca di un Goblin a cui non serviva più perchè era morto. È uno strano globo di pietra nera montato su di una base di avorio sulla quale ci sono delle strane incisioni che forse un uomo di magia come te potrà leggere. Ti assicuro, l'ho visto emettere una luce azzurra che ha rischiarato tutto il viale in cui il Goblin ha trovato la sua morte.
-"Fammi vedere" disse Mente che, girandosi tra le mani quello strano og¬getto, continuava ad emettere versi incomprensibili, fino a che con un sibilo che non aveva niente di umano (Sì è possibile) girò un paio di volte la base e ne lesse le rune incise sopra fino a che quella pietra nera cominciò nella meraviglia di tutti a divenire prima opalescente e poi ad illuminarsi sempre di più tanto da rischiarare tutto il loro cammino fin dove era visibile. La legarono ad un lungo bastone e Mente disse "Ora potremo camminare anche nel buio della notte".
Il bivio comparve loro circa tre ore dopo. Ormai la notte era calata sulla fo¬resta e i rami degli alberi illuminati dalla luce della sfera magica proiettavano al suolo spettrali figure che di certo non aiutavano il gruppo a rimanere sereno. Maroon, che insieme a Scinthia apriva il cammino, disse:
-"Ecco. Ora inizia la strada che ci porterà a verificare la solidità della paro¬la di Vlad".
-"Maroon! Quando fai così io non so cosa ti farei " rispose Vlad.
-"Cosa mi faresti piccolino? Dimmi tutto!! "
-"Zitti" esordì Mente che, come al solito, prima di tutti aveva udito qualco¬sa muoversi nell'ombra e anche la foresta parve ubbidire a Mente.
Tutto fu silenzio e in quel silenzio proprio dove finiva il cono di luce ma¬gico apparve una figura verosimilmente umana, la quale per niente intimorita dal gruppo e dal buio della foresta si parava loro dinanzi. Le sue fattezze molto ele¬ganti erano mal celate da un busto d'argento modellato addosso e molto aderente che disegnava le gambe lunghe e slanciate, uno scudo d'oro e d’argento era tenuto dalla mano sinistra, mentre la destra portava una bellissima spada curva di un modello che nessuno su Titan aveva mai visto. L'unica cosa che non si riu¬sciva a scorgere, era il volto celato da un elmo completamente chiuso, la cui forma di bocca di drago faceva ben intuire che non si poteva molto scherzare con questo tizio.
La solita voce sottile di Vlad precedette tutti nel parlare e, con fare diplo¬matico, si diresse subito al punto:
-"Cosa possiamo fare per te, nobile guerriero che vaghi nella notte in questi posti dimenticati"?
Il guerriero non mosse una cellula e non rispose alle domande se pur sua¬denti del piccolo Vlad.
"Brutto bifolco maleducato" esordì Maroon "il mio amico ti ha fatto una precisa domanda, potresti almeno degnarti di rispondere".
Per tutta risposta il guerriero calciò il terreno mandando negli occhi di Ma¬roon una manciata di povere e pietrisco. Questo fece impazzire il grosso e focoso Maroon che come un bufalo caricò il misterioso guerriero, il quale restò immobi¬le anche alla vista dell'enorme mole che gli si faceva sempre più vicina bran¬dendo lo spadone sulla testa.
Proprio mentre Maroon abbatteva la sua spada, pensando di aver diviso in due parti uguali il misterioso figuro, lui si spostò lateralmente e lasciando solo un piede nella stessa posizione sgambettò Maroon che si ritrovò bocconi nella polvere con la spada curva e splendente puntata per terra all’altezza della nuca.
A questo punto dalle labbra di Scinthia uscì un urlo raggelante.
-"Fermati! Non osare toccare il mio amico", ma il misterioso guerriero non sentì quello che Scinthia stava urlando e con il tacco dello stivale colpì con forza bruta Maroon alla testa facendolo rimanere senza conoscenza nella pol¬vere.
Si girò appena in tempo per parare l'ascia da guerra che Scinthia in quello stesso momento aveva calato con un vigore centuplicato dalla paura all'altezza del fianco del guerriero. Le lame scintillarono lasciando capire al gruppo che forse la lotta sarebbe stata molto dura e di certo non molto breve. La figura del misterioso guerriero pareva illuminata da un alone di luce diafana e rossastra. Si voltò roteando la spada che a malapena Scinthia riuscì a vedere e a parare con la sua ascia, ma il colpo gli fece cadere a terra la sua arma e quindi si trovò di¬sarmato, proprio mentre il guerriero, caricato di nuovo il braccio, si accingeva a calarlo su di lui e questa volta per colpire mortalmente.
La mente di Scinthia pensò all'ascia e tanto bastò per far sì che ella ritor¬nasse nelle sue mani. Il colpo del guerriero arrivò ma il recupero dell'ascia lo fece rimbalzare in modo anomalo e la spada cadde dalle sue mani mentre lui perse l'equilibrio e si trovò seduto a terra con Scinthia che stava per calare la scure da guerra sulla sua testa. Il suo cervello aveva già ordinato alle braccia di colpire ma la sua scure non si decideva ad abbattersi sul suo nemico. Quindi anche se con rincrescimento Scinthia abbassò l'arma e disse al guerriero, che ormai aveva chinato il capo sicuro di dover rimettere l'anima al suo Dio:
-" Tu, dimmi chi sei, perché hai colpito il mio amico, cosa fai qui? La mia arma non ha voluto colpirti, e quindi non devi essere un malvagio. Rispondi! "
La figura che fino a quel momento era stata completamente silente si alzò e disse: "Io sono Trizya Bohemien, Signora del bosco che voi chiamate Vedika". Dicendo queste parole, che lasciarono completamente allibito tutto il gruppo, la splendida donna si accinse a sganciare i fermi laterali del suo elmo e tiratolo verso l'alto scosse la testa facendo ricadere dei lunghi capelli di un colore per lo meno insolito, argento quasi bianco; i suoi occhi verdi chiari erano talmente grandi che senza neanche tanto sforzo chiunque avrebbe potuto guardare fin giù nel profon¬do della sua anima, e forse era per questo che portava quell'elmo completamente chiuso : per non far notare al proprio avversario quel suo dolce viso che rassicu¬rava e lasciava trasparire una forza interiore al limite dell'umano e nello stesso tempo una vaga sofferenza, come se attimo per attimo cercasse di risolvere con la dolcezza della sua espressione tutto il dolore ed i guai che le dovevano esse¬re successi. Li aveva sorpresi tutti. Infatti, nessuno avrebbe mai pensato che die¬tro tanta freddezza, aggressività e velocità di esecuzione si celasse tanta dol¬cezza e bellezza.
-"So che voi siete molto scioccati dal modo di presentarmi, ma sicu-ramente ora avete capito che non sono qui per caso. Io sono stata per anni in at¬tesa del vostro arrivo e non a tutti è stato dato il privilegio di poterlo racconta¬re. I miei seguaci che ora ci stanno osservando hanno sempre pensato ad elimi¬nare i perdenti dei miei combattimenti; tu sei il primo umano che riesce a bat¬termi, quindi sei sicuramente il prescelto. Tu sei Scinthia".
Dalle sue labbra uscirono prima dei suoni gutturali incomprensibili, poi in comune disse loro: " Non agitatevi e non vi faranno alcun male; sono solo i miei seguaci".
Dalla foresta si udirono prima dei brontolii, poi un sempre più forte trame¬stio fino a che nella luce della torcia magica apparve il primo Gerval.
Un Gerval è un essere nato dall'unione ancestrale di un drago con un umano. La sua statura di poco inferiore ai tre metri è superata solo dalla brut¬tezza delle forme. La faccia di un Varano attaccata ad un corpo umano: le ma¬scelle adornate da una doppia fila di denti conici erano in competizione con le corna ricurve alla base del cranio. Ma una cosa lasciava completamente esterrefatti: gli artigli di cui tutte le zampe erano provviste in egual misura, erano tanto grossi quanto affilati. Vlad pensò:
-"Ora capisco perché lo chiamano bosco degli artigli e anche perché nes¬suno è mai sopravvissuto per descriverceli". Tutti i mostri al seguito di Trizya si accodarono al gruppo e con fare solenne il più grosso di tutti, che sembrava essere il capo, emise uno di quei strani versi gutturali e gli altri si misero in fila or¬dinati per due e si fermarono.
Vlad, che aveva proprio il Capo ad un passo, bisbigliò con un filo di voce a Mente:
-"Questo grosso ammasso di peli puzza come un caprone che si è rotolato in un letamaio".
E Trizya: " Attenzione, hanno un udito finissimo, capiscono benissimo il vo¬stro linguaggio e Grust, il loro capo, è molto permaloso. L'ho visto uccidere per molto, molto meno". Vlad con un sorrisetto imbonitore passò avanti nel gruppo e disse:
-"Ma guardi, grande signora, io stavo solo scherzando".
Scinthia, che aveva retto il silenzio fino allora disse:
-”Va bene, ora sappiamo chi sei anche se solo in parte, ma devi comunque dirci cosa vuoi da noi “.
Trizia, che aveva sempre immaginato Scinthia come un enorme guerriero forte e muscoloso, dovette riconoscere di essere molto meravigliata dall'aspetto perlomeno normale del prescelto e disse:
-"Ti aspettavo da molti anni ormai, ma non mi sembra questo il posto adat¬to per iniziare una conversazione. Ora vi porterò nel mio castello", e si incamminò lungo il sentiero che avanzava nella foresta di Vedika, segui¬ta da tutto il gruppo di umani e non. Arrivarono dopo dieci minuti in un punto del sentiero che sembrava essere senza un’ apparente uscita ed i rami degli alberi erano talmente intrecciati da escludere qualsiasi tipo di avanzata da quella parte.
Trizia si spinse in fondo allo stretto sentiero e arrivata a toccare i rami scomparve letteralmente risucchiata dalla foresta. Tutto il gruppo si fermò lasciando solo un paio di passi dal punto in cui la guerriera era scomparsa
-"Dov'è andata? " chiese Scintia a Grust.
-"Capitano, la vostra Signora è scomparsa" ribadì con tono accorato Vlad al capo dei Gerval, ma nello stesso modo in cui era scomparsa, Trizia riemerse dal groviglio dei rami di cristallo e disse :
-"Non vi va di seguirmi, oppure devo pensare che un gruppo di valorosi guerrieri e maghi come voi ha paura di calcare la soglia dell'ignoto?! "
-"Nessuno su questo mondo ci fa paura!" esclamò con voce profonda ed offesa Maroon.
-"Allora venite dietro di me senza fare tante storie, restateci anche se qualche cosa nella mia foresta vi sembrerà impossibile. Voi abbiate fiducia in me e non vi pentirete". Riassorbita dagli alberi questa fu volta seguita da tutto il gruppo che a stento si mosse verso quello che alla fine del sentiero era senz'altro una bellissima illusione.
Il susseguirsi degli eventi li portò per qualche tempo a non meravigliarsi più delle cose che gli succedevano, ma questa specie di atonia cessò nel momento in cui arrivarono a quella che sembrava l'uscita dalla foresta.
Lo spettacolo era a dir poco stupefacente : un castello di fattura finissima, alla costruzione del quale avevano partecipato sicuramente Nani e Maghi, si stagliava di fronte a loro tutto intagliato in unico blocco di zaffiro bianco dalla cima delle alte guglie delle torri fino alla base che era circondata da un fossato o meglio sarebbe dire da una voragine senza fondo. All'apparenza non vi erano ponti o qualsiasi altro tipo di costruzione che conducesse dal lato opposto.
Mentre tutto il gruppo era con il naso in sù estasiato da tanta visione, Trizia si fermò proprio sull'orlo dell'abisso e disse loro:
-" Non distraetevi e da ora in poi seguite esattamente i miei passi" e con fare disinvolto mise il primo passo nel vuoto. Questo tolse per un secondo il respiro a tutti che si ripresero solo allorché come per magia il piede di Trizia si fermò su qualcosa di solido ma di assolutamente invisibile. Continuando il suo cammino nel vuoto Trizia dopo pochissimo tempo si accorse che nessuno la seguiva. Si girò e disse:
-"Vi ripeto per l'ultima volta,
-Non perdete le mie orme o vi ritroverete nelle mani della vecchia signora padrona della voragine".
Scinthia, Vlad, Maroon, Mente seguirono la signora mentre i Gerval troppo ingombranti per salvarsi in quello stretto passaggio si fermarono schierandosi con le spalle rivolte al castello.
Molto tempo, forse un’ ora ci volle per seguire quel percorso magico che per giunta non era affatto rettilineo anzi a volte sembrava voler tornare indietro in un gioco di curve spezzate e sinuose che avrebbero messo fuori gioco anche il più abile dei ladri.
Alla fine tutti si fermarono dentro il bordo del portale del castello e Vlad, che sino a quel preciso momento era stato silenzioso ed attentissimo, riprese il respiro che aveva in verità anche un po' trattenuto e con fare baldanzoso disse:
-"Certo, questo passaggio è di ostacolo per quasi tutti i ladri di Titan".
-"Te compreso” ! ribadì Trizia “e ricorda che cadendo nel fossato non moriresti per l'impatto, anche se sono quasi seicento metri, perché vicino al suo fondo c'è la ragnatela della Donna Mantide che lo abita dal tempo dei sogni. Lei ti userebbe come semplice contenitore per il suo uovo che schiudendosi dentro di te...".
-"Non continuare, riesco ad immaginare quale orrenda situazione potrebbe essere".
-"Bene, vi prego, seguitemi" così dicendo Trizya fece strada al gruppo dentro le mura dello splendido castello. Arrivati nel salone dei banchetti la signora si scusò con il gruppo e disse loro di sedersi e attenderla. Lei sarebbe tornata subito.
Si ritirò in quello che poteva sembrare un lungo corridoio illuminato in maniera abbastanza precaria da qualche torcia.
I quattro personaggi si ritrovarono così a poter discutere la loro situazione e il modo in cui si erano cacciati in questo guaio.
Mente, che aveva l'aspetto di chi sotto sotto ha capito tutto delle cose che gli stavano capitando si rivolse al gruppo e parlò per primo:
-"Sono sicuro che questo castello è la leggendaria dimora del drago di cristallo".
-"Da cosa l'hai dedotto? " affermò Scinthia "Da quando siamo entrati qui la signora non ha detto una parola nè tantomeno ci ha dato delle indicazioni da cui si potesse arguire che questo, come pensi, è il castello del Drago".
-"Non sò darti delle spiegazioni razionali di questo che sento, ma sono sicuro di sentire il carico degli anni di tutto l'arredo e la magia che pervade ogni cosa Millenni di antica magia ".
-"Per una volta date retta alle parole di un buon saggio mago". La voce di una tonalità molto alta ma forte e decisa interruppe tutti i pensieri espressi e non dei quattro, appropriandosi in assoluto della loro attenzione.
-"Scusate la mia intrusione così silenziosa, forse vi ho preso un po' di sorpresa? Beh! Comunque dovrete abituarvi alle sorprese di questo posto, perché le forti emozioni e il mistero regnano sovrani e in questa dimora sono ospiti abituali “.
Mi presento. Sono il famiglio della Signora del castello nonché chierico di Sisnar signore della santa acqua del monte di Ragnar, e penso che per le prossime ore sarò io ad intrattenervi ed a rispondere a tutte le vostre domande che sono sicuro saranno molte.
La Signora mi diceva che sono molte ore che il vostro stomaco non vede arrivare cibo. Sarete affamati, quindi per prima cosa vi farò vedere di che cosa siamo capaci nella nostra cucina e come trattiamo i nostri commensali ".
Detto questo, soltanto muovendo leggermente le mani come nel gesto dell'applauso, ma senza creare il tipico rumore, dal fondo del grande salone apparvero dal nulla sei splendide minute fanciulle elfiche aggraziate nei movimenti ondulanti tipici della loro razza, vestite solo di veli multicolori che lasciavano trasparire molte delle loro grazie, che accompagnavano danzando sei portatori carichi di cibo di tutti i tipi e di tutte le parti di Titan. In pochi istanti il salone era saturo dei profumi speziati dei cibi che si univano con quelli dolci ed inebrianti delle ballerine creando un'atmosfera davvero da notti orientali
Capitolo 3
Il cielo solitamente turchino si tinse improvvisamente di rosso vivo e la luce del caldo sole di Titan si oscurò in modo quasi totale quando le legioni della morte di Goblear arrivarono al castello di Annie sul mitico Big Stone.
Stormi di draghi rossi volteggiavano in file di cento con in sella il loro cavaliere dalla corazza verde scura. Alla loro testa su un gigantesco drago nero dagli enormi occhi color giada il generale Benedict si accingeva ad atterrare sul pianoro davanti al castello.
La sua armatura notoriamente lucida era assolutamente sfavillante. Tutte le dorature brillavano di luce propria e si esaltavano nel contrasto con il profondo color ebano della tektide vulcanica del resto del corpetto. Il giallo dei topazi incastonati negli occhi del grifone al centro del suo petto era talmente caldo che rendeva quel mitologico animale cesellato quasi vivo; nel fodero, al suo fianco, una splendida spada di finissima ed antica fattura mandava bagliori blu acciaio e, forse, tanta luce era dovuta alla voracità con la quale aveva rapidamente succhiato centinaia di volte l’anima di qualsiasi creatura avesse anche solo sfiorato. Il suo elmo dimostrava molto bene la sua natura di adepto delle forze del male, raffigurando nella testa di un drago nero con le fauci aperte tutta la sua crudeltà.
Un profondo suono scaturì dalla sua gola mentre alzava la mano in direzione del portale del castello, che prima divenne di un rosso rubino, poi sempre più chiaro sino a prendere le tonalità del grigio per poi esplodere in una pioggia di schegge color ghiaccio.
“Annie, sto arrivando! È giunta l’ora attesa da anni...” disse, scendendo dal drago Chuck che sputando palle di fuoco si accucciò al suo gesto. Tutte le truppe lo seguirono e ben presto in quel posto sacro cominciò una delle più dure battaglie tra le forze del bene e quelle del male che Titan ricordi. Lord Benedict si faceva largo tra i guerrieri dalle splendide corazze come la falce del contadino in giugno nei dorati campi di grano. Molti dei seguaci del male morirono, ma il loro numero era talmente alto rispetto a quelli del bene che non passò molto tempo che Sir Delfin e Sir Mantis, i due prodi generali di Annie, e pochi altri, pieni di ammaccature, tagli e sangue si ritrovarono chiusi davanti alla porta della sala del trono di Annie. Mentre si accingevano all’ultimo scontro, improvvisamente la porta della sala si aprì e la signora sulla porta urlò: “Basta, fermatevi!! È un ordine! Non voglio che uccidano anche voi!”
A quelle parole i guerrieri anche se a malincuore gettarono a terra le loro armi e piegando il capo si arresero, mentre venivano subito immobilizzati dalle truppe di Lord Benedict. “Fate largo!” gridò un luogotenente dalla faccia segnata da mille cicatrici precedendo Lord Benedict nella sala del trono al centro della quale Annie, bianca in volto come la tunica di una vestale, li stava attendendo.
“Bene, dopo molti anni ci rivediamo”.
“Non certo per mio volere né piacere” disse Annie con l’aria stremata di chi ha adoperato le sue ultime energie nel compiere un incantesimo.
“Dov’é?! Dove si è nascosto il tuo paladino? Facci partecipare alla tua gioia. Presentacelo”
“Tutti i miei guerrieri sono già stati al tuo cospetto e con molto coraggio e onore hanno sparso il vostro ed il loro sangue in questo sacro posto”.
“Non pensare di parlare con un mago da poco. Forse non ricordi bene chi io sia o forse non sai di cosa posso essere capace! Ti dò un’ultima possibilità. Conducimi dal tuo guerriero o ti pentirai amaramente di questa tua cocciutaggine.”
Con la fronte imperlata di sudore per la stanchezza Annie rispose a Lord Benedict che non sapeva di che cosa stesse parlando. “Bene, l’hai voluto tu” e rivolgendosi al suo luogotenente disse: “Demetrian, porta dentro Sir Delfin”.
Il luogotenente uscì dalla sala e poco dopo rientrò con quattro draconiani armati di tutto punto che stringevano braccia e gambe a Sir Delfin. “Ora Annie ti darò un esempio di cosa può fare la magia se usata da menti elette”. Così dicendo alzò le mani e mentre cominciava una cantilena dai toni molto bassi, una sorta di vibrazione invase la sala che cominciò a tremare: Sir Delfin venne circondato da un’aura rossa e gridò con tutta la forza che aveva prima che questa lo avvolgesse attutendone il tono. La sua corazza cadde al suolo, le sue gambe e le sue braccia presero ad invertire il processo di normale crescita ad una velocità sempre maggiore, sino a scomparire totalmente nel busto che nel frattempo si era andato trasformando in qualcosa di informe e molliccio. Alla fine la testa, ultima dimora delle sembianze umane di Delfin, si tramutò nella orribile fattezza di un’enorme testa di bruco. Avvolto sempre nella luce rossa, Sir Delfin, o il mostruoso verme quale ora appariva, si dibatteva nei spasmi del più puro dolore. Annie con gli occhi pieni di lacrime disse : “Non sarà questa stupida messinscena da guitto saltimbanco che sminuirà l’animo nobile di Sir Delfin”.
“È vero”, rispose Benedict mentre brandendo la sua spada divise in due con un solo rapido colpo la piccola testa del bruco”. Questo era solo un piccolo trucco, ma ora verrà il bello. Prendete Sir Mantis e conducetelo in mia presenza. Ora, mia cara, ti darò dimostrazione della forza della mia mente” non aveva neanche finito di dirlo che Sir Mantis era già immobile come una statua davanti a lui. Nemmeno il più piccolo movimento delle palpebre, nelle loro normali funzioni, gli era permesso.
“Tieni, Annie, fammi vedere di quale colore è il nobile sangue di questo guerriero”.
La forza di volontà di Annie stava combattendo una inutile lotta con la mente di Benedict che voleva obbligarla a muoversi in quell’insano gesto “No, fermati, ti dirò tutto, ti dirò dov’è lui, ti dirò dov’è Scintya, ma ferma la mia mano”.
La sua mente quasi sentì scivolare via la presa della volontà mostruosa di Benedict e le sue mani chiuse sull’elsa della spada magica si aprirono, lasciando cadere a terra l’arma che senza neanche toccare il pavimento ritornò nelle mani di Benedict.
”Or bene, dimmi, sono qui che fremo”. Tristemente con gli occhi bassi Annie gli disse quello che era successo e dove aveva mandato Scintya poco prima del suo arrivo.
”È veramente un peccato che non ci si possa salutare con il tuo guerriero, almeno per ora, ma vedrai che non tarderà molto al suo appuntamento con la morte”. A questo aggiunse una risata che parve provenire dal profondo degli abissi di Goblear.
-”Ora che sai tutto, ridai la libertà al mio fido Mantis” . Senza lasciare la sua spada Benedict si slacciò i fermi laterali dell’elmo che si aprì lasciando fuoriuscire una cascata di capelli neri come l’ala di un corvo, lunghi fin sulle spalle.
Tolto l’elmo Annie potè notare nel suo sguardo qualcosa che un tempo era stato amore e che ora si era tramutato nel più radicato dei rancori.
Il suo volto dai lineamenti bellissimi, quasi femminei, era da un lato completamente sfigurato per una terribile disgrazia... ma questo era successo molti anni prima, quando Sir Benedict e Annie erano dei ragazzi e i loro cuori ancora leggeri, essendo privi di tutti quei fardelli che la vita con i suoi problemi ti propone.
L’amore nacque nel cuore di Benedict fin dalla prima volta che la vide così pura e allegra da poterla paragonare alle fresche acque di una sorgente di montagna. I lunghi capelli color del sole sciolti sulle spalle le arrivavano ai fianchi, dalla sua nascita nessuno aveva avuto mai il coraggio di tagliarli tanto erano belli. Il suo volto trasmetteva un senso di pace e nobiltà che chiunque riusciva a percepire.
Lei era già sulla via che poi l’avrebbe condotta alla presenza divina del suo credo e a divenire un grande chierico.
Lui era baldanzoso, di nobili origini, già cavaliere e con una spiccata predilezione per la magia nera. Il loro rapporto all’inizio fu abbastanza piacevole, ma le cose si complicarono quando Sir Benedict seppe dalla stessa Annie della sua grande devozione per il suo credo e delle promesse di castità e di povertà fattegli.
Il novello mago non poteva sopportare la rinuncia a tanta bellezza e da nobile viziato qual era ordì di tutto per potere avere la bellissima Annie sino ad arrivare ad usare la magia nera. Una notte, dopo aver pensato e ripensato all’ennesimo rifiuto della dama, mise in atto un malefico piano che già da molto tempo stava tramando. Si trasformò in un grosso avvoltoio e volò fino alle alte finestre del castello Big Stone dove era la stanza da letto di Annie, che finite le sue preghiere si era addormentata nel grande letto a baldacchino ricoperto di candidi veli. Atterrato sul bordo della finestra e riprese le sue sembianze, Benedict si avvicinò al suo letto ammirando le splendide forme del giovane corpo che vesti sottilissime lasciavano non solo immaginare.
La sua passione lo portò ad osare sempre di più fino al punto di toccare le candide mani di Annie, che svegliatasi di soprassalto a quel tocco si mise ad urlare e tutto divenne all’istante concitato.
Benedict cercò prima di spiegare, ma visto che otteneva ben poco, le mise la mano sulla bocca per farla smettere di urlare. Questo terrorizzò letteralmente la ragazza che con la forza tipica di chi ha paura spinse Lord Benedict con le due mani. Il mago, non aspettandosi tale reazione, cadde all’indietro sbattendo la testa contro un alto braciere acceso perdendo i sensi e il contenuto infuocato si versò completamente sul lato destro del suo bel viso bruciandoglielo fino all’osso. Quando si riebbe dall’incidente si trovava in una stanza che a suo parere doveva essere l’infermeria. Il suo volto era completamente bendato. Erano passati ben quattro giorni ed al suo fianco c’erano Annie ed il padre, Herbert dei Gregor. Benedict cercò di sollevarsi ma Herbert non glielo permise e disse:
”Se sei ancora in vita lo devi solo alla compassione che hai trovato nel cuore di Annie perchè io ti avrei ucciso come un cane. Ma ora pensa a rimetterti perchè nessuno mi toglierà la soddisfazione di cacciarti con le mie stesse mani da questo onorato castello “.
E non passarono molti giorni che Benedict venne letteralmente gettato nella polvere dalle robuste braccia di Sir Herbert.
Prima di riprendere la strada del suo maniero, il Lord mago giurò a se stesso e ad Annie che la sua vendetta un giorno sarebbe stata feroce e totale...
Ora, poggiato che ebbe il suo elmo, si avvicinò ad Annie. Era in uno stato di alterazione da vittoria, ed il suo volto era esattamente a metà scarnificato. Riferendosi al prode guerriero che aveva di fronte disse:
“Lui non soffre molto, te lo posso assicurare, almeno non quanto ho sofferto io fino a questo momento. Ora finalmente posso prendere a modo mio quello che avrei voluto molti anni fa”. Così facendo si avvicinò mostrando il lato migliore del volto ad Annie e piegandosi verso di lei si preparò a baciarla. Quasi a contatto con le labbra, però, girò il viso mettendo in risalto la sua parziale mostruosità. Annie ebbe un attimo di disgusto misto a terrore ma lui cinicamente ribadì :
“ Vuoi salvare ancora il cavaliere che hai appena tentato di uccidere? ” vedendo i suoi occhi lacrimevoli Benedict si avvicinò di nuovo alle sue labbra tremanti e la baciò con insana passione.
Le sue mani si posarono lungo i sinuosi e morbidi fianchi di Annie e per un effimero, lunghissimo istante Benedict riprovò quella senzazione che lui, forse nella sua mente, definiva Amore.
Subito dopo però la parte malvagia riprese il sopravvento, si staccò da quel morbido contatto, prese dal fodero la sua spada magica e con tutta la sua rabbia la conficcò nel bel mezzo del cuore di Sir Mantis tanto da arrivare sino all’elsa.
Il cavaliere neanche si mosse. Restò immobile per un breve periodo finchè il Lord mago non estrasse la spada.
A quel punto crollò al suolo in un lago di sangue, circondato dalle urla di dolore strazianti di Annie che non resse oltre e svenne.
“Bene!! “ disse Benedict “questo ci risparmierà la fatica di trascinarti via a forza. Demetrian, prendi la signora e portala sul mio drago Chuck”.
“Milord, cosa ne faremo dei superstiti della battaglia? Ci sono centinaia di feriti anche molto gravi” chiese Demetrian prima di uscire con la signora.
Con voce profonda Benedict rispose :
“Uscite tutti dal castello. A loro penso io “ e restato solo nella stanza del trono nella quale molti anni prima era stato oltraggiato dal padre di Annie pensò tra sè :
“ Voi siete stati strenui difensori di questo castello da vivi. Continuerete ad esserlo anche da morti e solo chi non è più vivo o non ha più a cuore la sua vita potrà riportarvi alla normalità”. Così dicendo mosse a cerchi concentrici le mani, mentre la sua voce andava assumendo toni sempre più cupi.
I guerrieri, che al primo movimento delle sue mani erano stramazzati al suolo ora pian piano si rialzavano assumendo le movenze di veri e propri morti viventi. Benedict si mosse tra di loro con molta velocità come se anche lui temesse per la sua vita e sicuramente sarebbe stato pericoloso anche il minimo contatto con quei mostruosi resti di esseri umani.
Una volta fuori, riguardando il castello dal suo drago, Benedict pensò che la sua vendetta non fosse del tutto completa e con un sortilegio fece in modo che un fitta vegetazione ricoprisse magicamente il castello per non farlo vedere neanche dall’alto.
“Ora il mio onore è quasi del tutto ripagato, Sir Herbert dei Gregor. E adesso tocca a te, dolce Annie. Chuck, portami a casa dal nostro padrone Asser. Questa sera ci divertiremo con la sacerdodessa. Chissà che il suo spirito tristo non riesca a soddisfare il desiderio e la voglia di mesto del Signore della notte” .
Il drago, spalancando le enormi ali membranose, si staccò dal suolo e roteando a spire concentriche si alzò sempre più in alto per poi allontanarsi verso sud. Dopo qualche ora Chuck avvertì il suo cavaliere che il castello della notte eterna era in vista, e che lui si sarebbe abbassato per meglio lanciare un incantesimo di dissipazione del magico, in modo da superare la barriera di forza eterea che circondava come una cupola il castello e l’intera valle. Detto fatto Chuck lanciò l’incantesimo ed atterrò facendo scendere il suo signore proprio davanti alla porta di ingresso del maniero di Asser Gunther, il Signore della notte eterna, nonchè padrone di tutte le forze del male.
Il castello paventato da tutto Titan oltrepassava i limiti delle più tetre fantasie. Era completamente costruito con un materiale nero e sulle sue pareti, fin sui piani più alti, cresceva una strana pianta, forse un tipo di muschio rosso che da lontano dava l’impressione del sangue che cola lungo una grande lavagna. Le mura che da lontano sembravano di semplice roccia, ad un analisi più approfondita rivelavano la loro vera natura: erano cioè vive, ricavate dalla compressione della disperazione, del lutto, del dolore, che Asser era riuscito a provocare per centinaia di anni su Titan, il tutto racchiuso in contenitori magici a forma di grossi mattoni. Un basso ma continuo lamento si levava da loro verso il cielo tanto da rattristare anche l’animo più lieto.
Mentre si avvicinavano all’ingresso della fortezza lo struggente brusìo che prima era in sordina si fece sempre più forte fino a divenire un vero tormento.
Quel suolo e quelle mura pareva vedessero nella morte solo un gesto di pietà. Erano vive solo per il ricordo del dolore e della sofferenza, anzi tutto ciò che li circondava era così . Benedict si apprestò ad entrare, seguito da Annie, affranta dal dolore e dalla fatica, e dal suo servitore Demetrian, uno strano personaggio legato a Benedict da uno stravagante legame di interesse per la magia. In effetti Demetrian era stato il maestro del Lord mago e lo aveva iniziato alle arti della magia nera. Ma poi tutto era diventato ben poca cosa in confronto agli insegnamenti di Asser Gunther e lui, per non lasciarlo (forse nel suo piccolo doveva essergli legato con un sentimento che si avvicinava molto all’amicizia) era dunque divenuto suo luogotenente e quasi servitore.
Mentre si avvicinavano alla parte delle mura interne si cominciava ad intravedere il cortile che portava al castello vero e proprio. Il panorama si faceva sempre più lugubre e truculento: nel cortile alcuni soldati draconici e degli orchi si divertivano a seviziare e violentare prigionieri sia umani che di altre razze di Titan. Il tutto sembrava facesse vibrare di piacere non il gruppo di soldati ma l’aria stessa del castello. Insomma pareva che tutto fosse un immenso palcoscenico del quale l’unico spettatore fosse Asser Gunther.
Molte altre porte si aprirono e si richiusero prima di arrivare davanti alla sala del trono, e molti furono gli orrori a cui Annie fu costretta ad assistere, così tanti che alla fine non le rimasero più lacrime per poter manifestare il suo dolore. Le stanze, man mano che si avvicinavano al centro del castello, andavano sempre più assumendo una colorazione vicina al rosso fino ad arrivare al rosso sangue della stanza del trono.
L’inquietante sala era di dimensioni ragguardevoli, circa cinquanta metri di lunghezza per cinquanta di larghezza per dodici di altezza. Era completamente rossa perchè lungo la superficie delle pareti trasudava un denso liquido che a prima vista pareva proprio sangue e che si raccoglieva in una vasca, la quale si snodava lungo tutto il perimetro della stanza.
Il pavimento ed il soffitto erano di quarzo liscio e lucido e riflettevano tutto facendo assumere alla stanza la stessa tonalità di colore.
Quattro fontane, ai rispettivi angoli della stanza, gettavano continuamente lo stesso liquido che raccoglievano dalle mura. Nel centro, chiuso da un portale alto tre metri e largo tre, si alzava una specie di cubo di un materiale che allo sguardo di occhi inesperti poteva sembrare granito, ma in realtà era vivo e più da vicino si notavano le circonvoluzioni di un organismo molto familiare, un “cervello”.
Fermi davanti al grande portale d’oro massiccio tempestato di pietre preziose, che sicuramente erano tra le più belle di tutto Titan, le due figure si genuflessero e costrinsero anche Annie, ormai quasi in trance, a farlo.
Benedict parlò: “Grande Asser, padrone di tutte le forze del male e Signore della notte, ho portato al tuo cospetto la donna che mi hai chiesto”.
Per qualche istante nessuno rispose, poi le grandi pareti del cubo cominciarono oscenamente a pulsare e tutta la sala a vibrare. Il liquido delle fontane e delle pareti prese a scorrere più velocemente e ad un tratto le grandi porte cominciarono lentamente ad aprirsi.
Quello che apparve agli occhi di Annie la meravigliò molto di più di quanto l’avessero meravigliata tutti quegli eventi.
Uno strano vortice orizzontale e splendente si stendeva su tutta l’area dell’apertura della stanza e nel centro aleggiava un volto. Ma la cosa strana era che il volto trasmetteva una sensazione tangibile di amore, di saggezza, di tranquillità e dolcezza in netto contrasto con tutto quello che lo circondava.
Una splendida voce si materializzò dal profondo del vortice come se accarezzasse il viso di chi l’ascoltava: “Bene, abbiamo il piacere di conoscerti, Annie dei Gregor. Sei l’ultima persona che mi mancava per chiudere il cerchio magico di cui ho bisogno per tornare nella mia dimensione”.
Annie, quasi come se qualcuno le avesse gettato un secchio di acqua gelida sul volto mentre dormiva, si destò dal suo stato di trance e disse.
“O meraviglia, chi sei tu?! Tutti ti hanno sempre disegnato come la personificazione del puro male! Come mai invece io sento trasparire da te solamente bene? Perchè tutto intorno a te è grande sofferenza ed invece qui davanti ai miei occhi io vedo solo amore e pace?!”.
Un ruggito di rabbia deformò il volto di Asser, che esplose in un gelido turbinio di parole: “Non vedo perchè dovrei risponderti, ma visto che presto morrai, con mia somma gioia, voglio rivelarti tutto quello che di me non sai”.
A quel punto una strana forma vitale colpì Benedict e Demetrian lasciandoli storditi al suolo, e prendendo Annie tra le sue spire la portò dentro lo strano vortice: “Ecco, vedi, tutto è iniziato moltissimi anni fa. Nessuno era ancora nato qui su Titan ed io vivevo nella mia dimensione su Mystic, la mia patria, lì dove esiste solo il male”.
Capitolo 4
Non avevano ancora finito di mangiare e di raccontarsi tutte le avventure più o meno gonfiate, che dal profondo corridoio di lato alla grande sala apparve come per incanto Tryzia.
Tutti compreso lo stesso Ottavian restarono immobili con lo sguardo fisso sulla splendida figura che si stagliava sullo sfondo del salone.
Il suo abbigliamento era per usare un tono pacato assolutamente meraviglioso, una serie di veli di seta colore del mare le copriva le splendide gambe fino alla vita dove iniziava un corpetto di stoffa completamente coperto di brillanti, un decoltè sicuramente di una bellezza statuaria e i suoi capelli di quell’insolito colore argento sciolti sulle spalle erano circondati da una coroncina tempestata di pietre blu di zaffiro.
-”Signori vi prego continuate pure i vostri discorsi ed il vostro pranzo “ Tryzia andò verso la sedia al capo della tavola e si sedette al fianco di Scinthia guardandolo con la sua solita dolcezza notò che i suoi occhi erano fissi sul suo seno e sorridendo gli disse:
- “ scusatemi se vi ho fatto attendere ma sto pensando che in fondo non vi dispiace molto visto l’effetto che sto procurandovi.” a tali parole Scinthiasi ridesto da quel sogno e arrossendo vistosamente disse:
-“Mia signora non ho parole per scusarmi se non quelle di dirvi che l’armatura da voi portata non vi rendeva il giusto anche se la vostra bellezza già ne traspariva in questa foggia togliete assolutamente il respiro.”
-”era molto molto tempo che delle parole così adulanti non mi venivano rivolte sono lusingata da questo vostro atteggiamento anche se è esattamente quello che mi aspettavo da voi.” mentre gli altri commensali contunuarono a parlottare sottovoce tra di loro commentando le sinuose curve di Tryzia
lei noncurante seguitò:
- “se non vi dispiace vorrei invitarvi a passeggiare nel mio giardino devo parlarvi da solo “. il volto di Scinthia si fece di mille sfumature di rosso e poi cercando di fare uscire una voce che non voleva saperne disse :
-”ce... certo non potevo pensare cosa più piacevole Lady Tryzia “ si alzarono dal tavolo e porgendo la delicata e allo stesso tempo sicura mano sul braccio si incamminarono nel più assoluto silenzio verso il giardino.
Sebbene di piccole dimensioni era perfetto in tutte le sue parti e il profumo era avvolgente perlomeno quanto quello di Tryzia.
-”Venite voglio farvi vedere una cosa che sono sicura vi piacerà “. Nel centro del lussuregiante giardino era sistemato un ripiano esagonale di alabastro verde con sù ancorata una splendente armatura ed uno scudo con su la stessa effige incisa sul pettorale di Maroon Nausicud.
-”Vedete questa corazza e questo scudo sono qui che vi aspettano da più di ottocento anni o almeno spero che siate proprio voi.” “ Il lavoro paziente e saggo di molti nani e maghi si sono uniti per ricavare dall’acciaio e dal cristallo una corazza assolutamente perfetta solamente che in tutti questi anni nessuno è mai riuscito ad indossarla per la forte magia che la protegge da mani impure. La leggenda dice che “solo colui che non essendo di questo mondo sia due persone in una indosserà l’armatura” questo dilemma non è stato ancora risolto dai più grandi studiosi di antichità , ma io sono sicura che sei tu la persona adatta lo sento.”
-”Vi devo avvertire che i pochissimi che finora hanno provato ad indossarla senza avere i necessari requisiti non sono sopravvissuti che qualche istante al primo contatto con la corazza dissolvendosi nel nulla.”
Scinthia pronunciò molte frasi ma l’unica che Tryzia riuscì ad udire fu:
-” e io dovrei provare a toccarla!!?? ma non credo proprio!!”
-” Se siete proprio voi l’uomo che tutti aspettano su Titan non avrai nulla da temere da questa nobile armatura”
-” e se non lo sono divento una bella nuvoletta di vapore. Non ho voglia di provare questa sensazione neanche se...” le labbra di Tyzia si erano già posate sulle sue ponendo fine a quell’incerto discorso suscitando una serie di reazioni meravigliate in Scinthia che la guardava con gli occhi di Ugo e pensava a sua moglie e alle bambine a cosa stesse accadendo e cosa stesse facendo quella bellissima donna con le sue labbra posate sulle sue, ma il tutto non durò che qualche istante poi le sue mani come guidate da un impulso irrefrenabile si mossero verso il morbido ed agile corpo di Tryzia e cominciarono ad esplorarlo ma nello stesso istante la signora si staccò dalla presa e disse :
-”Tu sei il cavaliere annunciato da tutti i menestrelli di Titan. Provala.”
Scinthia se pur a malincuore si stacco da quel caldo abbraccio e avvicinandosi all’armatura disse :
-”Cosa succederà alla mia famiglia se non sono adatto a portarla.”
-”Tu hai una famiglia!?? disse Tryzia “Dove??”
Scinthia stava per rispondere sulla Terra poi pensò che neanche sapeva dove fosse la terra.
-”dimentica quello che ho detto”io non ho una famiglia o almeno non l’ho più.”
Poggiò la mano sull’armatura e questa che fino a quel momento era stata una bellissima ma normale armatura cominciò ad emettere una serie di strane pulsazioni luminose poi improvvisamente divenne translucida e scomparve alla sua vista.
-”Ero certa!! Sei tu proprio tu! Oh mio grande eroe benvenuto nel grande regno di Titan.”
Schinthia non si era reso conto ma l’armatura era magicamente passata dal piedistallo a coprire la sua figura nel breve istante del battere delle ciglia.
-”Splendida, proprio per te raccogli lo scudo e la spada e senti un ultima cosa nessuna arma se non una magica potra scalfire la tua armatura ma non essere mai sleale con il tuo avversario altrimenti pagherai la tua slealtà.”
Tornarono verso le sale del castello e Scinthia si accorse che gli occhi di lei lo guardavano con un altra luce un insieme di passione e grande ammirazione per cercare di evadere quello sguardo gli chiese notizie di questo suo meraviglioso castello.
-” Molti cercano la mia dimora e molti credono che sia solo una favola narrata dai nonni per far addormentare i nipotini in realtà pochissimi sono entrati e rimasti vivi per molto tempo in questa dimorae forse dopo di voi nessuno vi entrerà più per molto tempo”.
- “sono certo che tu mi stai tenendo nascosta qualcosa di molto importante “. gli occhi della bella signora rispondendo al suo sguardo brillarono di una vivida luce dando la netta sensazione che la la sua non solo un semplice ipotesi.
Il rientro nella sala fu quanto mai movimentatoil giovane foxman cominciò a girare intorno a scinthia e ad esaminarlo minuziosamente, Mente non riuscì a pronunciare che una frase interessante molto interessante, ma il più sbalordito nel vederlo fu sicuramente Maroon che si gettò in ginocchio ai suoi piedi e pronunciando frasi sconnesse in Trant l’antica lingua dei cavalieri di Titan tirò fuori la spada e massala a terra disse:
-”grande Scinthia eroe di tutti gli eroi finalmente sei tornato tra noi ora le cose cambieranno per il nostro mondo e avremo la nostra rivincita sulle forze del male.”
passarono molto tempo ad rimirare la splendida armatura che ora faceva del piccolo Scinthia un grande cavaliere la giornata era quindi stata fintroppo movimentata e tutti forse anche perchè sicuri della propria incolumità tra le solide mura del maestoso castello si erano rilassati accortasi di questo la Signora incoraggio il gruppo a ritirarsi nelle rispettive stanze a riposare andò per ultimo a consigliare Scinthia gli porse la mano e disse:
-”La tua camera è molto vicina alla mia così che tu possa essermi accanto per qualsiasi motivo io abbia bisogno di te.” detto questo che lasciò Scinthia immerso in un profondo miscuglio di emozioni si congedò seguita da Ottavian.
Giunti davanti alla camera di Tryzia i due si guardarono e Ottavian le rivolse la parola con un tono che era ben lontano da quello tenuto con lei davanti a gli altri, entrarono nella stanza di lei e richiusa la porta alle sue spalle Ottavian continuò :
-”No Signora!! Non potete, non dovete!! non dovete proprio!! e sono sicuro che anche voi siete d’accordo con me sulla assoluta negatività che potrebbe scaturire dal vostro atteggiamentonei confronti di...”
-”ma cosa dici Ottavian?!
-”suvvia Tryzia loro non vi conoscono che da poche ore, ma io sono trecento lunghi anni che vi seguo fedelmente e mio padre e molti dei miei avi hanno avuto questo alto onore prima di me quindi sono certo di poter affermare con l’assoluta certezza di non sbagliare che voi vi state innamorando di quel Cavaliere “
-”Ma Ottavian come osi quello che tu definisci cavaliere con quel tono di disprezzo è o è stato un grande eroe un eroe leggendario tanto importante che neanche io dall’alto delle vette dei miei ottocento e più anni posso eguagliare le sue gesta. Si mi piace molto e sono certa che la mia vita cambierà per sua mano.”
- “Mia Signora voi delirate sapete benissimo che non potete innamorarvi di un essere mortale nessuno della vostra razza la fatto tranne vostra madre ma voi sapete anche quale triste storia è poi seguita a poche ore d’amore con l’umano.”
-”Sò tutto e non ho voglia di seguire le tue parole il mio cuore mi parla con un tono molto più alto del tuo e giuro che mi piace starlo a sentire”
-”Non posso permettere che qualcuno vi faccia del male, non posso!!! Perchè io...”
-” Ottavian quello che dici sembra una minaccia pesa bene quello che esce dalle tue labbra e non osare avre nei riguardi dei miei ospiti un atteggiamento che non sia il più rispettoso possibile o guai a te ora buonanotte Ottavian “
-”Ma Signora... “
-“potete ritirarvi Ottavian” uscito dalla camera con l’aria chiaramente contrariata si mosse con il fare da cospiratore verso le segrete del castello allontanadosi nel buio.
Tryzia spogliatasi si pettinava i serici capelli e lunghissimi capelli ritornando con la mente alle dolci cose accadutele nel giorno quando un rumore sordo proveniente dalla stanza di Scinthia la fece ridestare da quel sogno ad occhi aperti si mise indosso una leggerissima vestaglia che non concedeva di certo molto spazio all’immaginazione di chi la stesse guardando ed uscì di corsa dalla stanza per vedere cosa stesse succedendo al suo eroe.
Nel corridoio tutto era tornato silenzio ma avvicinatasi di più alla stanza di Scinthia di nuovo quel sordo rumore come di qualcuno o qualcosa che perdesse lentamente il respiro bussò e chiese a Scinthia che cosa non andasse ed il percheè di quei rumori ma nessuno rispose allora si fece coraggio edentro nella stanza quello che le si parò davanti fu almenoper tutta la tensione accumulata in quei pochi istanti molto esilarante ; Scinthia tentando di togliersi l’armatura e non riuscendovi si era poggiato sul muro e perso l’equilibrio era caduto rovinando su di una antica e pesantissima tenda con tutto il suo enorme drappeggio e tentando di liberarsi dall’aggrovigliato fardello non aveva fatto altro che peggiorare la situazione invisciandosi sempre di più in quelle antiche stoffe tanto da non poter quasi più respirare nè muoversi.
Tryzia prima rise di cuore poi richiusa la porta si abbasso per liberare il suo eroe.
-”grazie dolce Tryzia chissa ora cosa penserai di me, ma sai non mi è riuscito in nessun modo di togliermi di dosso questa benedetta armatura “
-”Scusami se puoi la colpa è solo mia che non ti ho spiegato fino in fondo i poteri di questa corazza per toglierla o metterla infatti devi solo pensare che questo avvenga toccando allo stesso tempo le due teste dell’aquila bifronte incise su di lei. “ così fece e l’armatura si compose in un angolo della stanza come l’avevano trovata nel giardino.
Questo però fece rimanere Scinthia in una situazione molto imbarazzante perchè si trovava con una splendida donna completamente o quasi nuda in una stanza da letto e per giunta con quella manovra poco furba in mutande.
Era veramente immerso in una crisi di rossore e agli occhi di Tryzia questo lo rendeva ancora più eccitante lei quindi si avvicinò come un felino che muovendosi nella savana in una caccia notturna stia attento a non rompere il più piccolo ramoscello per non spaventare la preda gli fece scivolare la sua piccola e agile mano sul petto e poi avvicinò le dolci labbra alle sue lui la continuava a guardare senza sapere cosa fare fino al momento in cui le due bocche si toccarono. Dopo quel breve istante tutto fù appassionato quasi violentoe la eterea vestaglia di seta scivolando lungo il perfetto corpo Tryzia si adaggio per terra e il cielo stellato di quella notte si illuminò di mille piccole stelle.
Capitolo 5
Un altro giorno si alzava sulla terra di Titan. Nel castello la vita riprendeva solerte; Scintya si svegliò pensando di trovarsi vicino la dolce Trizya ma non fu così. Il suo letto era vuoto e niente lasciava capire quello che per lui era successo. Era veramente allibito, non riusciva a capire come tutto quello che aveva provato con lei fosse solo frutto della sua mente ma in quel preciso momento qualcuno bussò alla sua porta.
- Avanti, entrate pure.
- Buongiorno mio caro amico; è una giornata stupenda e tutti noi abbiamo urgente bisogno di parlare con te per stabilire il da farsi abbiamo pensato di...
- un momento, un momento. Devo raccontarti una cosa che mi è successa. Forse non dovrei, ma debbo dirlo a qualcuno altrimenti impazzisco. Questa notte la signora del Castello è... . diciamo stata... . forse... insomma io giurerei di averci fatto l’amore, invece questa mattina non c’era più nessuno nel mio letto e non una traccia, nè il suo profumo, nè un suo capello. Non posso averlo sognato.
- Tu dici che non puoi averlo sognato, ma tu allora non hai capito ancora come funziona. Questo mondo è un po’ particolare e tu lo sei ancora di piu’. Qualsiasi cosa tu desideri con tutta la tua forza io cercherò come ho già fatto di realizzarla anche se in modo del tutto temporaneo.
- Cioè tu vuoi dire che i suoi baci e le sue carezze, il suo profumo ètutto frutto della tua magia? Il suo corpo era vero, non era etereo. Come è possibile?
- Tutto è possibile e l’impossibile esiste solo per chi non ha la tua vera forza che in questo mondo ormai è sparita cioè la “fantasia”. Ma ora lasciati alle spalle questi falsi problemi e cerca di capire quello che debbo dirti. Dobbiamo organizzare tutto il possibile per reagire alle forze del male di Asser.
Ma tu non riesci a capire, lei era qui è stata con me oppure no!? Guarda lasciamo perdere davvero ripetimi quello che stavi dicendo.
Nelle segrete del castello Ottavian aveva lavorato tutta la notte alla magia di cui ora si sarebbe servito nella stanza illuminata da una fioca candela rossa con al fianco il suo servitore Burtnz un minotauro dall’aspetto poco rassicurante parlava ad alta voce: “Lo faccio per lei ha perso la testa per quell’umano sarà la sua morte se non la fermo morirà devo eliminare l’umano e il suo gruppo anche se non sarà facile debbo farlo. Fido Burtnz non posso proprio vederla ridursi così per uno stupido essere per di più mortale. Sono ottocento anni che vivo solo per lei è... Si io l’amo anche se tu non mi puoi capire.
Si mise dinanzi al suo grande specchio nero e pronunciando le ultime parole di quell’interminabile incantesimo. Lo specchio cominciò come a bollire e poi come se delle nuvole nere facessero spazio al cielo turchino tutto si illuminò e nello specchio prima nero apparve la tetra figura di sir Benedict.
- Chi osa venirmi a disturbare? Chi sei?
Sento la tua forza ma non riesco a vederti; vieni fuori.
- La mia figura non ti interessa, ti assicuro ma posso giurarti che quello che ti proporrò interesserà il tuo signore Asser.
- Come osi avere tale tracotanza, non sai con chi parli.
- So benissimo con chi parlo e ti assicuro che non ti sottovaluto anche se al confronto della mia magia la tua e quella di un bimbo - disse facendo materializzare un piccolo drago dorato difronte a Benedict- il quale appena lasciato vivere si scagliò su di lui e lo atterrò non prima che lo stesso Benedict provasse a lanciargli contro tutto quello che poteva: lance, pugnali, anatemi e sortilegi. Poi improvvisamente scomparve.
- Cosa volete da noi, in cosa possiamo rendervi aiuto noi visto la vostra forza.
- So che voi state cercando un essere umano da tutti atteso si Titan il suo nome è
- Schintia d’ovè, ditemi dove posso trovano e il mio signore vi renderà merito.
- La gratitudine sarà tutta mia se lo porterete via dalla vita della mia signora. Non posso rivelarvi tutto, ma liberatemi di lui senza fare il mio nome e avrete tutto ciò che vorrete. Potrei farvi immensamente ricco o rendervi quella che un giorno fu la vostra bellezza.
Non credo che voi possiate rendermela.
- Bene voi fate quello che vi ho detto e io vi riporterò gli antichi splendori. Il posto è ………..
Tutti sono d’accordo sul fatto che questo posto mio caro Schintya non è un semplice castello e quella splendida donna non è una semplice signora. C’è qualcosa di strano qui. Per esempio tu hai visto cibi e bevande da molti servitori e ballare molte ragazze Elfo ma Massarin ha girato molte delle aree di questo castello e dice di averlo visto vuoto. Maroon giura di aver visto dipinti di gnerrieri mai visti in tutte le araldiche di Titan ed io stesso sento che la forza che scaturisce da quella splendida creatura non è normale.
- Cioè con questo cosa vuoi dire? Dimmi che cosa è stato “normale” da quando ci siamo incontrati; no tu non capisci ancora, io voglio dire che lei non è………..
- Buon giorno cari signori, una voce forte e dolcissima interruppe il discorso di Mente, purtroppo tutti noi siamo in grande pericolo dobbiamo fuggire e temo che non possiamo perdere tempo in lunghe spiegazioni.
La signora era vestita di nuovo come un cavaliere con tanto di corazza e scudo così come lo erano Schintia e Maroon.
Dobbiamo... Dobbiamo ma perchè cosa è successo chiese Vlad giunto in silenzio dietro la signora. Qualcuno ci ha tradito ed ora le truppe di Asser sanno dove siamo certo ci metteranno qualche tempo per passare l’intreccio della foresta di Cristallo e molti di lori riempiranno lo stomaco da molto vuoto, della vecchia mantide nel fosso ma poi saranno qui e noi non dovremo esserci.
Ma da dove passeremo visto che l’unico posto per arrivare qui è la foresta disse Vlad.
Già da dove? Ribattè Maroon.
Signori ora basta se la signora ci dice così ci sarà sicuramente un valido motivo e noi non abbiamo alcun motivo per dubitare delle sue parole.
Mia dolce signora vi prego di scusare i miei amici, ma loro sono grandi guerrieri e maghi e naturalmente portati a giudicare con sospetto tutti e tutto ma se voi ci dite che corriamo un pericolo dite dove dobbiamo andare e noi vi seguiremo.
Solo ieri sera mi regalavi un dolcissimo sorriso e ti rivolgevi a me con un tono più confidenziale. Cosa ti è successo? Cosa ho fatto per farti cambiare idea sul mio conto. Mah!! Poi mi dirai ora vi spiegherò quello che penso di fare mentre la signora disegnava qualche cosa nel muro delle urla risuonarono nel corridoio che conduceva alla stanza di Schintia.
No non farlo non puoi tradire tutto il tuo mondo. Il tuo modo di essere e anche me che ti ho servito per tanti anni. Una furia vestita di nero si lanciò sulla signora brandendo una grossa mazza ferrata ma prima che potesse colpirla Maroon e Scinthia si frapposero con la spada e la scure al tremendo colpi salvandole la vita.
Allora penso proprio di aver capito chi ci ha traditi - disse Mente - ma ancora non riesco a capire il perché. Poveri mortali pensate veramente di potermi fermare con tanta facilità e roteando le mani avanti cominciò a intonare una strana nenia.
Attenzione è un Druido, può lanciare incantesimi anche mortali - disse la signora che si postò in avanti e con un suo scudo parò la prima palla di fuoco diretta su Scinthia.
Sei un vile traditore ruggì Maroon che abbatté il suo spadone sul cranio di Ottavian, ma prima di finire la corsa il suo spadone e lui stesso si trasformarono in solidissima pietra. Stava per succedere l’identica cosa a Scinthia quando un rantolo soffocato da un rivolo di sangne uscì dalla bocca di Ottavian che si accasciò al suolo ancora vivo anche se ferito a morte dal piccolo pugnale piantatogli nella schiena dal sottile Vlad che di nascosto era riuscito a prenderlo alle spalle e a piantarvi il suo piccolo pugnale con mira accuratissima. Tryzia si chinò su Ottavian morente e lui le disse: “Mia dolce signora io vi amo e vi amerò sempre ma ora fuggite, le truppe di Lord Benedict sono alle soglie del castello, fuggite presto. Ooh!!
Dopo aver posato la sua testa a terra nel suo ultimo respiri qualcosa di magico avvenne nel corpo di Ottavian che nella meraviglia... di tutti si trasformò in un piccolo drago d’oro lungo non più di 3 metri con nel petto un piccolo cuore verde, quel piccolo cuore verde unico punto vulnerabile trafitto dal piccolo pugnale e Maroon riprese le sue sembianze normali.
Un giorno forse vi spiegherò tutto, ora statemi bene a sentire, tirando via un drappeggio dalla parere scoprì una antica mappa di un labirinto di segnata su tela. Qualcuno di voi prenda questa mappa e la conservi con molta cura perché lei è l’unica nostra possibilità di salvezza. Ora seguitemi, e cominciarono a scendere lungo uno scalone che finiva in un atrio con al centro della parete uno specchio. Sentite quello che io dico ed eseguitelo senza esitare o rimarrete da questo lato in balia del malvagio lord. Questo è uno specchio magico. Se voi non avrete neanche la minima esitazione lui vi farà passare altrimenti si comporterà come una porta chiusa ed impenetrabile. Cominci il nostro amico Vlad che senz’altro è il più scettico.
No perché io non voglio fare da cavia per poi rompermi il naso sul vetro.
Coraggio - disse Maroon - passerò io per primo e ti aspetterò dall’altra parte. Detto fatto scomparve all’interno dello specchio allora il piccolo Vlad un po’ per spirito di emulazione e in gran parte per curiosità segui Maroon e quindi tutti gli altri, ultima la signora vi entrarono. All’interno un buio totale vi regnava ed allora Mente accese magicamente il suo bastone che illuminò in modo parziale il loro cammino. Poi la signora cominciò a camminare e tutti la seguirono da vicino passarono pochi secondi ed una grande porta chiusa da un enorme sbarra di ferro si parò loro davanti. Trixy disse: “Ora signori iniziano i nostri problemi; dietro questa porta c’è la donna mantide e vi assicuro che non è proprio una brava donnina. Forse adesso si sarà saziata con il sangue delle truppe di Benedict, ma state dietro di me e molto attenti a non fare il
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