Cammino lenta, mi attardo per evitare di vedere l' umana sofferenza:
egoisticamente.
Luce soffusa alle 7. 30 del mattino, passi felpati attendono ai bisogni di anziani logorati nel corpo scarno e nella mente.
Parcheggiata su una scomoda sedia, con la linfa vitale che goccia a goccia pervade le mie vene stanche e inospitali, assisto a questo movimento di vita dimenticata. Conto le gocce per non pensare... una, due, cinque... ci vorranno circa 4 ore per il tosco benefico... spero.
Camici bianchi corrono: impassibili sguardi. Un sorriso forzato, e quello invece sincero di una amica che non vedevo da tempo.
Aiuta un camice bianco amico, ti fa sentire in parte protetta da un che di magico. Anche se in effetti sia io che lei sappiamo benissimo dove si andrà forse malapena... a parare.
Ci si volta insieme all'unisono verso la sofferenza palese del corpo che corre al suo naturale destino: ci si guarda in silenzio e poi un abbraccio fraterno e complice. lei riprende a fare il camice bianco.
Sommessi mormorii, un sorriso forzato alla anziana signora.
Pallido sole trapela alle mie spalle e io forzatamente mi maschero al meglio: il solito per le formalità.
Oramai sulla sedia "rovente" è manifesta la mia non voglia di lottare, scappo ai dolori presenti, agli amici che vivono realtà fuorvianti dell'io..
divento maschera, divento cinismo manifesto interiore, fingendo con quella che è per me la dignità manifesta.
non ho più alcun desiderio collaborativo...