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MARE D'AUTUNNO
“Ciao. Scusa se ti disturbo, ma devo organizzarmi, va bene per le nove?” Sarò puntuale, risposi.
Riattaccai, uno sguardo all’orologio, c’era tempo, continuai a battere sulla tastiera.
Avevo smesso da tempo di provare entusiasmo per queste cose, da quando era finita con Laura, non riuscivo più a vivere un momento sereno. Qualunque rapporto mi creava più sofferenze che gioie, finivo sempre per fare confronti, con il risultato di sentirmi più vuoto e più solo.
Anche i tentativi di ricordare le tribolazioni di quella storia non miglioravano la situazione. Un po’ come quando da bambini ti raccontano la favola dell’orco, stai al gioco, ma non hai paura; anzi l’orco, finisce per diventare una figura familiare, un compagno di giochi.
Allora perché accettare di farsi coinvolgere? Sarebbe stato facile declinare l’invito, oppure coinvolgere altre persone; facile prevedere cosa sarebbe successo uscendo da soli, visto, che da circa un mese mi telefonava quasi tutti i giorni. Non che mi dispiacesse, ma non intendevo far crescere quel rapporto. Poi senza quasi accorgertene ti lasci trasportare, magari per pigrizia, per solitudine, per uno strano senso di ribellione.
Eravamo a fine settembre, non erano ancora le nove di sera, ma il Lido era deserto, pochi locali aperti, poche luci, qualche passante. Una desolazione. Ma chi me l’ha fatto fare? Perfino gli alberi sembravano assumere un’espressione di compatimento.
Più passano gli anni e più rincretinisco.
D’altronde, che dire di uno che per anni rimpiange la libertà, perfino la solitudine e appena le conquista, cade in depressione.
Parcheggiai rassegnato, come sempre ero arrivato con mezz’ora d’anticipo.
Meno male che non t’interessava più di tanto, altrimenti cosa facevi ……..
Non avevo ancora terminato il pensiero, che vidi lampeggiare due fari dall’altra parte dello spiazzo; <Mi sono liberata prima ed ho pensato di anticipare, caso mai tu …….> Indossava una gonna che le copriva appena il ginocchio, una camicetta bianca, camminava in modo elegante e non potei fare a meno di notare che aveva un sedere di tutto rispetto. Capelli biondi, occhi verdi, un fisico snello, non avrei saputo darle una età precisa, non era giovanissima, ma sicuramente una bella donna. Come se mi avesse letto nel pensiero <Venerdì prossimo faccio quarant’anni, verresti a cena da me?>
C’eravamo conosciuti ad un seminario, rivisti in qualche altra occasione, frequentando amici comuni. La nostra era una semplice conoscenza, qualche scambio di battute, un caffè, poi un giorno, una telefonata <Oggi vengo a Ferrara, ti andrebbe di bere qualcosa?> Pranzammo insieme e visto che era una giornata stupenda, facemmo a piedi la strada fino alla stazione. Ci salutammo promettendoci di sentirci a breve.
- - - - -
<Hai prenotato?> Come spiegarle? Il ristorante a cui avevo pensato era chiuso per ferie, quello sul quale avevo ripiegato, per turno, non mi era venuto in mente nient’altro. <Pensavo al Bruco?> Era il ristorante più famoso del litorale e naturalmente il più caro. Speravo non pensasse al solito burino che vuole strafare. Fece un cenno affermativo, aggiungendo che lo conosceva solo di fama.
Mentre entravamo non potei fare a meno di pensare a Laura, non c’eravamo mai stati insieme. Avrebbe apprezzato, pur non mancando di rilevare che era tutto eccessivo. Fu solo un attimo, ma abbastanza da sentire quel buco allo stomaco che ben conoscevo.
La cena era stata un crescendo, il tortino di patate con i gamberi era sublime, gli spaghetti all’orata avevano retto il confronto e il fritto confermava la fama del locale.
Il gelato di fichi, completava quell’orgasmo di sapori. Se volevi prendermi per la gola, ci sei riuscito, mi disse allungandomi il suo bicchiere per farmi assaggiare il passito al quale io avevo rinunciato.
Parlammo ininterrottamente, non trascurando quasi nessun argomento. Lei era piacevole, la veranda davvero confortevole, non so se per merito di quell’atmosfera o dell’ottimo vino, mi feci coinvolgere completamente. Niente fantasmi, niente cattivi pensieri. Sarei voluto rimanere in quella dimensione il più a lungo possibile, ma il tempo passa in fretta. Uscimmo per ultimi e c’incamminammo verso il molo.
Era una notte piena di stelle, la luna illuminava la spiaggia e faceva quasi caldo.
Avevamo fatto programmi per l’autunno, l’inverno e l’estate successiva. Il suo entusiasmo era contagioso. E pensare, che mi era sempre sembrata freddina.
< OK. E adesso? > Tentai di ignorare la domanda, continuando a camminare, ma lei incalzò < Che facciamo? Non ho nessuna voglia di andare a dormire. Almeno …>
Era talmente vicina che fui quasi obbligato ad abbracciarla, la strinsi e la baciai a lungo, non c’eravamo mai sfiorati, prima di allora. < Se poi roviniamo tutto? Ho appena chiuso una lunga storia, una storia importante …… è già un miracolo che non ti abbia annoiata. >
Camminava precedendomi di qualche passo. Qualche metro e < Se non si rischia in una sera come questa?!!! >
Arrivammo in silenzio fino all’auto, aprii la porta per farla salire <Mi fai guidare?> Tornai sui miei passi e raggiunsi la parte del passeggero, lei si mise al volante. Prese la direzione più scontata. Non commentai, non chiesi lumi.
Ci svegliammo che era quasi giorno, la fitta vegetazione della pineta impediva alla luce di penetrare; il primo tentativo di divincolarci mi procurò dolori fortissimi, sospirai liberando tutti i lamenti di cui disponevo, <non ho più l’età per certe cose.>
Voleva essere solo un pensiero, invece quasi gridai. <Non direi!> si affrettò a dire con tono tra il divertito e l’ambiguo. Rimasi in silenzio.
Certo era stato bello, nonostante i piccoli imbarazzi che si provano al primo rapporto, lei aveva cercato di assecondare ogni mio movimento, io cercavo di capire i suoi desideri.
< Rilassati, pensa a ciò che vuoi, non preoccuparti per me, io sono felice, aspettavo questo momento da tanto. >
Doveva essere davvero visibile la mia tristezza se ……, ricordo d’averla chiamata più volte e non sempre con il suo nome, poi venni risucchiato in un vortice dove non c’era posto per i rimpianti né per pensieri prepotenti.
Sentivo che i ruoli erano invertiti ma la cosa non mi procurava nessun fastidio, anzi il gioco cominciava a farsi intrigante, in ogni caso non avevo nessuna voglia di tornare indietro.
- - - - -
Nonostante tutto, non ero certo di aver fatto la cosa giusta, ero andato oltre. non volevo legarmi o forse non volevo chiudere con un passato che seppur abitato da fantasmi, mi faceva sentire vivo.
Nella testa mi rimbombava quel “aspettavo questo momento da tanto tempo” e non volevo ferirla ma nemmeno alimentare pericolose speranze. Ancora una volta lei sembrò leggermi nel pensiero <Nei prossimi giorni sarà difficile sentirci, ma sarebbe un peccato perderci di vista. In ogni caso l’invito a cena per il mio compleanno è sempre valido.> Magari lasciami un messaggio. Aveva pronunciato le ultime parole quasi sottovoce.
Salendo sulla sua auto mi fece un cenno di saluto con la mano, sorrisi, digitai il suo numero, qualche minuto e inoltrai la chiamata <Hai detto che nei prossimi giorni sarai molto impegnata, perciò ho pensato di approfittarne adesso.
Come va? Sono stato benissimo, e tu?> Ci fu qualche attimo di silenzio, l’avevo sorpresa <Stupido! Stupido! Carogna.> Ancora silenzio <E se facessimo colazione insieme?>
Parcheggiammo talmente vicini, che ci baciammo sporgendoci dal finestrino, scoppiando in una fragorosa risata. <OK. E adesso?> Per tutta risposta lei mi fulminò con un’occhiataccia.
Non era amore, ma chi può prevedere cosa succederà domani?
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