Quante possibilità esistevano (lo chiedo a Te pur non conoscendoti) di rincontrare quel paio d’occhi di Passante? Eppure sono stati due i giorni che hanno osservato l’incrociare dei nostri sguardi. Quel primo mattino di partenza non eri invisibile come tutti gli altri, ma luminosa e ingenuamente bella. Solo mia è stata la fortuna di notarti, solo mia la condanna a non dimenticarti. Il sedile accanto al grande oblò circolare, prima tuo, dopo che hai lasciato la nave è diventato mio. E mio il tuo profumo, solo mio il tuo ricordo e quell’illusoria ebbrezza che seminate Voi Passanti nelle tempie di noi giovani viaggiatori. Quando le tue pupille non erano per me, percepivi le mie fisse su di te. Le sentivi a tal punto sfiorarti le guance, i capelli e le labbra che non potevi non voltare lo sguardo e confermare quella che, in quel momento, era già una certezza: la mia attenzione per te. La mattina dopo sei svanita girandoti un’ultima volta, rispondendo coi tuoi ai miei occhi. La magia del Caso ha fatto il resto, ha deciso che al termine dei nostri viaggi divisi ci saremmo rincontrati su un’altra nave, che per noi era sempre la stessa; ha scatenato un nuovo e ancora dolce gioco di sguardi, ha resuscitato quell’Amore Passante che in realtà non era mai morto. Fino a quell’ultimo istante: io sulle scale pronto allo sbarco, tu poco distante in attesa. Ancora un gradino e poi non ti vedrò mai più, piccola e stupenda passante. Ancora un passo, e un muro di cemento, uno di tempo e uno di memoria ci avranno diviso per sempre. Voltati per l’ennesima ma ultima volta. Regala a questo mio innocente cuore la gioia di possedere nuovamente le tue pupille. E lei si è voltata. Mi ha guardato negli occhi e ancora oltre. Le fiamme che mi ardevano nel petto non hanno disciolto il mio corpo ghiacciato e non sono riuscito ad offrirti il mio umile sorriso. Quale orrendo rimorso è questo, quale sorella agonia che ancora mi accompagna.
In un battito di ciglio mi sono innamorato di te, ti ho amata e ti ho detto addio