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Il fascino delle città: Roma
Roma! Roma è una vecchia, nobile signora con un passato
antico che non ha segnato il suo volto di molte rughe.
Ha avuto un impero che schiacciò molte popolazioni e che crollò per intrighi di palazzo e per decadenza civile, politica e morale. Ha subito l'invasione dei Visigoti che la saccheggiarono nel 410, scampò all'invasione degli Unni fermati dalla mano del papa Leone I Magno. Di nuovo saccheggiata nel 1527: la popolazione massacrata, specialmente quella dei Borghi, i miei Borghi, la cappella Sistina ridotta a stalla, preziose opere artistiche distrutte, mentre il papa Clemente VII si era rintanato in Castel S. Angelo percorrendo il corridoio, ancora intatto, che collega il Vaticano al Castello che è un rifacimento dell'antico Mausoleo dell'imperatore Adriano. Considero un "sacco di Roma" anche la distruzione dei Borghi insieme alla cancellazione di Piazza Rusticucci, calda dei colori ocra dei suoi palazzi e degna anticamera di S. Pietro. Questo particolare sacco non fu opera di invasori ma di un Mussolini malato di mania di grandezza. Via della Conciliazione, che ha sostituito i Borghi è grande, ma fredda e i molti lampioni che la illuminano su due lati mi sembrano buffi cappelli calati sugli obelischi di Piacentini.
A Roma sono visibili le testimonianze di vari stili architettonici e figurativi, dalle antiche vestigia al paleocristiano, dal romanico e rinascimentale al barocco, dai mosaici bizantini alla pittura moderna. Le bellezze artistiche e naturali di Roma sono state celebrate da molti. Vorrei ricordare Ottorino Respighi che ha donato suoni alle sue bellissime fontane ed ai suoi pini.
Mi mancano, nella città dove vivo, i due polmoni verdi di Roma, il Gianicolo e Villa Borghese, il più grande che, dalla terrazza del Pincio, offre uno dei panorami più belli del mondo.
Mi manca la via Appia illuminata dalla luna che accarezza le tombe di antichi, illustri personaggi come la giovane Cecilia Metella nel cui mausoleo si sono fusi, nella struttura dell'architettura classica, elementi del periodo medioevale. Vorrei affacciarmi da Ponte Sisto, da Ponte Milvio, da Ponte S. Angelo, i ponti più belli di Roma, per guardare le acque torbide del Tevere che i romani, tradendo per amore la verità, hanno chiamato biondo. Vorrei compiere il rito della monetina gettata nell'acqua della monumentale Fontana di Trevi e vorrei infilare la mano nella Bocca della Verità per verificare se, mordendola non ha assolto il mio tradimento o se, accarezzandola, vuole consolare la mia nostalgia. Vorrei bere un caffè al Caffè Greco, seduta su una delle poltrone rosse dove sostarono artisti di tutto il mondo.
Amo le piazze di Roma. Piazza Farnese ricorda la serena razionalità di Firenze ma in un segno più grandioso. Vi assistetti alla festa per il bicentenario della Rivoluzione Francese. Ed era il mio compleanno! L'antitesi di Piazza Farnese è Campo de' Fiori, un largo spazio occupato interamente dai banchi di venditori di frutta, verdura e altri alimentari. Ci sono le grida invitanti agli acquisti, i chiacchiericci degli acquirenti, bambini che corrono, si rincorrono, litigano. Domina questo mondo popolare la statua di Giordano Bruno, mente alta e fiera che credo non disdegni di stare al centro di questo variopinto scenario umano. Bruno, secondo un racconto di Brecht, aveva molto rispetto per la gente umile. Sopportò pazientemente l'insistenza della moglie di un sarto al quale Bruno, che non aveva più denaro, doveva pagare il mantello che indossava. Fece suo il problema della donna: restituì il mantello al sarto e partì, così, in pieno inverno, alla volta di Roma per affrontare il processo che lo avrebbe condannato a morte.
Ah, Roma! Hai mille volti e qualche contraddizione. La lunghissima Via del Corso ad un capo ha il brutto Monumento al Milite Ignoto, che i romani chiamano " la macchina per scrivere", all'altro capo la bellissima Piazza del Popolo con un obelisco centrale ed una gradinata che sale a Villa Borghese. Chiudono il suo spazio articolato due chiese congiunte da Porta del Popolo che introduce al Piazzale Flaminio da cui si inerpica il Muro Torto. In una delle due chiese ti folgorano le pitture del Caravaggio con i loro bagliori ed ombre cupe.
Guardando a destra della "macchina per scrivere" c'è la ripida scalinata di Aracoeli. In vetta la chiesa omonima dove, durante le feste natalizie, ogni bambino può salire sul pulpito per recitare le sue poesie. Ricordo un bambino che, a metà della sua recita, si fermò impacciato. Se la cavò brillantemente confessando, sorridendo: " Mannaggia! Me sò scordato!". Discese dal pulpito fra gli applausi di tutti.
Di bambini è colma Piazza Navona, da Natale all'Epifania quando indossa il suo abito popolare e sociale. Banchi di venditori di giocattoli e dolci occupano tutto il perimetro della piazza. Davanti ai banchi i bambini guardano con occhi di sogno gli oggetti dei loro desideri e i genitori scrutano i volti dei figli per dare vita ai loro sogni. Questo abito popolare non offende la dignità artistica conferita alla Piazza dalla chiesa di S. Agnese, dalla Fontana dei Fiumi di Bernini e da altre due fontane ai lati di quella centrale.
Il connubio tra bellezze artistiche e anima popolare direi che è una caratteristica di tutta Roma. Ricordo che, all'epoca del sindaco Renato Nicolini le piazze e le vie più belle di Roma si animavano di spettacoli popolari. Ad ogni incrocio della splendida Via Giulia c'era un piccolo spettacolo: pagliacci, giocolieri, mimi. Nella serena nobiltà di Piazza Farnese sfrecciavano rombanti moto di motociclisti-acrobati. Intere famiglie di romani, con i padri che tenevano sulle spalle i figli più piccoli, passeggiavano fino a notte inoltrata nelle vie della festa, godendosi gli spettacoli.
Forse Roma ha una vocazione spettacolare, una spettacolarità nobile come quella di Piazza di Spagna che ha una gradinata movimentata da linee spezzate che si incrociano, si congiungono e si allontanano creando un'armonia che lascia incantati. A primavera fiorisce di enormi azalee in vasi di terracotta. Ai piedi della scalinata la Fontana della Barcaccia di Bernini, un colpo di genio per le difficoltà incontrate nella sua realizzazione. Dal basso della Barcaccia l'occhio sale, come in una vertigine all'imponenza della chiesa di Trinità dei Monti. Salendo i gradini gli occhi si posano su quella che fu l'abitazione di Keats fino alla morte. Puoi soffermarti sulla Piazza e concederti il piacere un po' frivolo di guardare le vetrine dei negozi di raffinati merletti e di coralli di tutti i colori.
La michelangiolesca Piazza del Campidoglio ha vissuto momenti storici come la proclamazione della Repubblica dopo la seconda guerra mondiale mentre il "Re di maggio" Umberto II se ne andava, sbattendo la porta, verso un doloroso esilio. Sul lato destro del Palazzo dei Conservatori c'è la parte più antica del Campidoglio dove le famose oche scongiurarono il pericolo dei Galli. Da questo lato l'occhio spazia sulla bellezza dei Fori.
Amo le vie di Roma, dall'elegante Via dei Condotti alle minori vie che si snodano intorno alle sue piazze: via dei Cestari, via dei Giubbonari, via del Pellegrino e tante altre che hanno la nobiltà di figlie della vecchia signora e lo stile popolare. Via del Babbuino non è una via minore ma la via degli antiquari che offrono oggetti veramente rari sia per la loro antichità che per l'alta perizia della loro fattura.
Vorrei ricordare tutte le tue chiese, Roma! Ma ne hai tante che è impossibile accennare a tutte. Sarebbe solo un noioso elenco. Fisso il mio ricordo su S. Sabina, una basilica del V secolo, circondata da uno spazio silenzioso e fiorito. L'interno luminoso, elegante, sobrio, invita a gioiose preghiere.
Amo, di Roma, anche le contraddizioni perché la rendono umana e perché di chi si ama si accettano anche i difetti. Anche i romani hanno difetti: un certo menefreghismo, un po' di opportunismo. Ma sono generosi, si arrabbiano, ma gli passa subito e amano la convivialità. Ricordo i tempi in cui le osterie erano sempre affollate di famiglie amiche che portavano con sé teglie di pomodori ripieni di riso, vari affettati e formaggio. Ordinavano il vino e si scambiavano i cibi fra battute e risate. Le osterie di Trastevere erano piene di queste agapi singolari. Trastevere! Uno dei luoghi più amati dai Romani. Anche lì la nobiltà della chiesa di S. Maria in Trastevere convive, senza conflitti, con i popolari tavoli delle osterie.
Ma come faccio a dire tutto di te, vecchia, nobile signora? Troppo ricco e prezioso è il tuo passato e il tuo presente perché io possa abbracciare tutto nella memoria e con la parola.
Chiuderò i miei ricordi con un luogo di dolore: le Fosse Ardeatine. Le vidi, quindicenne, appena furono aperte al pubblico. Le bare di legno vile erano distese, disordinate, a terra. Una grotta era lacerata d un largo buco, in alto. I tedeschi avevano fatto esplodere una bomba per seppellire i 335 civili innocenti fucilati sul posto, uno strato sopra l'altro. Poi le ho riviste adeguatamente sistemate. 335 bare in marmo, tutte uguali, l'una accanto all'altra. Occupano un largo spazio coperto da un tetto di cemento. Su ogni bara il nome e la data di nascita dei martiri. Il più giovane aveva 14 anni, il più vecchio 75. Nel giardino antisante il sacrario, un monumento in pietra bianca mostra a chi entra, nei volti dolenti delle figure scolpite, l'orrore di quel periodo.
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- Grazie, Silvana. Ciao. Franca.
- Grazie. Tiziano. Roma è la mia città. dalla quale mi sono trasferita da molti anni. E ancora ne sento nostalgia! Ciao. Franca.
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