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Il processo di Socrate secondo Santippe. Prima parte
Un gruppo di amici era andato di buon mattino a casa di Socrate
per accompagnarlo in tribunale. Santippe era uscita poco dopo e,
lentamente, si era avviata per la stessa strada. Quando arrivò
davanti al tribunale c'erano già parecchi gruppi di persone che
parlavano animatamente dell'evento che aveva scosso la città.
Santippe si informò se il processo fosse iniziato. Le dissero che
i giudici erano già arrivati e che Socrate e Meleto erano ai loro
posti. Appena finito il sacrificio, iniziato da poco, il presidente
degli Eliasti avrebbe dato inizio al processo.
Santippe si avvicinò ad un gruppo di donne, come a cercarvi un
un punto d'appoggio. Sentiva un cerchio alla testa e un vuoto nello
stomaco che le dava un senso di nausea. Dai discorsi delle donne
capì che erano ostili a Socrate. Parlavano di giovani, di quanti
nuovi pericoli ci fossero per loro, nel tempo presente, di quanta
malvagia abilità fossero stati capaci vecchi senza scrupoli, per
portarli sulla strda della dissolutezza e della disobbedienza.
"Non c'è più rispetto né per la famiglia, né per le leggi, né per
gli dei" - diceva una di loro. Le altre annuivano e si davano
sulla voce per raccontare episodi a dimostrazione di quanto fosse
vero il traviamento della gioventù. Santippe si allontano e si avviò
verso un gruppo di giovani, sperando di sentire un altro genere di
commenti. I giovani erano eccitatissimi. Esprimevano discordi giudizi
sui motivi delle accuse contro Socrate ma tutti concordavano sulla
innocenza del filosofo. "Anito è uno strumento di Trasibulo. - diceva
uno - Come può pensare che gli ateniesi prendano sul serio le sue
ridicole accuse? In realtà, attraverso Anito, Trasibulo vuole mettere
a tacere Socrate giudicato troppo progressista per la sua democrazia
di facciata". "Ma che dici - controbatteva un altro - Trasibulo,
secondo me considera Socrate un nemico della democrazia e lo
ritiene in qualche modo coinvolto con il regime oligarchico-aristo-
cratico che fu imposto ad Atene dopo la sconfitta subita nella guerra
con Sparta e che fu abbattuto proprio da Trasibulo. Ricordatevi che
Socrate è stato amico di Grizia e di Alcibiade. ".
"Vuoi dire che Socrate ha condiviso le posizioni politiche di quei
due sciagurati personaggi, indegni della libera città di Atene?"- gridò
un altro con la voce carica d'indignazione. "Niente affatto - rispose
il giovane - sapete benissimo quanto stimi Socrate e come sia convinto
del carattere innovativo della sua filosofia. Ipotizzo semplicemente
come Trasibulo possa aver interpretato il ruolo politico di Socrate,
sulla base della sua amicizia con Crizia e Alcibiade. È chiaro
che questa interpretazione rappresenta un gande errore politico di
Trasibulo".
I discorsi dei giovani furono interrotti dal brusio e dalla
agitazione crescenti della folla che, intanto, era aumentata. Qualcuno
aveva avvertito che il processo era iniziato. Santippe sentì le gambe
piegarsi; i battiti del cuore sembravano spezzarle il petto.
Si allontanò per raggiungere una zona meno affollata. Mentalmente
pregava il suo Dio che non aveva un tempio nella città. Aveva solo
quello del suo cuore e quello di tanti umiliati e oppressi.
" Qualcuno, chissà, l'avrà scoperto come me, altri lo cercheranno,
ma Lui è presente in tutti. Forse anche Socrate, nella sua oppressione,
lo sente". Provò a pensare ad altro per distrarsi e far fronte alla
lentezza esasperante con la quale passava il tempo. Pensò ai figli che,
come tutte le mattine, erano a scuola. Pensò a suo padre: con lui
aveva scambiato, nei giorni precedenti, poche parole. Filadelfo si era
mostrato molto preoccupato e aveva detto che quella sciagura proprio
non ci voleva. Su Socrate e sulla possibilità che aveva di uscire
assolto dal processo non aveva detto neanche una parola.
La folla si agitò di nuovo. Rimbalzando di gruppo in gruppo
la notizia arrivò a Santippe: i giudici avevano dichiarato Socrate
colpevole con 280 voti contro 220. Qualcuno imprecò contro i giudici;
un altro, con il chiaro intento di indurre gli altri all'ottimismo,
disse: "Non è detta l'ultima parola. Ora Socrate presenterà
l'antitìmema". " che cos'è l'antitìmema" - la voce di Santippe era
un soffio, il viso terreo. Un uomo la scrutò a fondo, mentre rispondeva:
" È la controproposta di pena che Socrate dovrà chiedere ai giudici
di assegnargli". Santippe non capiva più niente. Socrate doveva dire
ai giudici quale pena riteneva di aver meritato? Ma allora sarebbe stato
condannato comunque? non c'era più possibilità di assoluzione?
Si mise a camminare tra la folla. Ora aveva paura di appartarsi, di
stare sola. Nella sua mente si accavallavano ipotesi di pena: l'esilio?
La prigione? Per quanto tempo?
La folla rumoregiava, ma Santippe non riusciva ad afferrare nemmeno
uno spezzone di discorso intellegibile. Dopo un tempo che Santippe non
seppe mai se fosse stato lungo o breve, il vocìo della folla crebbe di
di nuovo. Un uomo che si trovava all'ingresso del tribunale gridò:
"È stato condannato a morte con 360 voti contro 149".
"A morte?! - esclamò Santippe. "È la pena che ha chiesto Meleto" - le
rispose un giovane che l'aveva riconosciuta. "Sei la moglie? - le chiese.
"SI"- la sua fronte era bagnata di sudore freddo, gli occhi atterriti
erano fissi sul tribunale. Il giovane le propose di accompagnarla
a casa. "No, vorrei vederlo". "Non ti sarà possibile..." Non aveva
il coraggio di dirle che sarebbe stato subito imprigionato.
Con le gambe tremanti Santippe scivolò lentamente tra la folla fino
a raggiungere la porta aperta del tribunale.
Molti giudici avevano abbandonato le loro sedie, ma Socrate stava
ancora parlando ai presenti.
Santippe sperava e temeva, insieme, che Socrate, guardando dalla
sua parte, la vedesse. Una voce, dietro di lei, stava dicendo: "È stata
una pazzia chiedere, invece di una pena, un premio. Addirittura il
privilegio di essere mantenuto nel Pritaneo" In quel momento due uomini
si avvicinarono a Socrate e, incatenatelo, lo condussero via.
"Perché una pazzia? - disse Santippe come trasognata - Ha amato
la città e le sue leggi ed ha sempre agito per renderla migliore. Se la città
non ha capito questo è proprio una maledetta città". Si sentiva
ondeggiare come in uno spazio vuoto, ma si fece forza, Ad occhi
asciutti riprese lentamente la via di casa.
Nota: un brano dal mio romanzo in cui ho assunto Santippe
a metafora di tutte le donne che hanno lottato per raggiungere
la pari dignità con l' uomo.
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- Grazie, Francise. Un abbraccio. Franca.
- È splendidamente descritta la figura storica di Santippe, i suoi turbamenti, i suoi dubbi, i riflessi sul suo animo di quanto sta accadendo.
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