Francesca, da sempre, da quando ha scelto di essere la mia compagna, dorme completamente nuda; estate o inverno che sia, ama andare a letto con “quattro gocce di profumo” ispirandosi a Marilyn; me lo disse, ridendo del mio stupore, con quel suo tono dolce e indisponente che tanto adoro.
E così ha continuato a fare anche dopo l’aggressione, ha sempre cercato di riprendere la normalità, almeno in mia presenza. Ha mentito sul rossore degli occhi, giustificandolo con una improvvisa allergia da polline! Ma io so che non s’è mai ripresa completamente, so che la perdita di Aisha ha lasciato in Cesca un vuoto enorme, e tutte le mie coccole, tutta la mia dedizione, non bastano a placare il suo struggimento.
Da poco ha ripreso a frequentare l’università, vuole dare qualche esame che le è rimasto arretrato, vuole, ritornando nell’ambiente accademico, dare una impronta di regolarità alla sua vita.
Io la guardo, quando gira per casa come un fantasma, quando siede, lo sguardo assente rivolto al cielo, quando a letto la stringo forte a me, e lo strusciare del suo volto sul mio collo è inumidito dalle sue lacrime. Io la guardo e parlo e dico boiate, e mi rendo ridicolo, e subisco i suoi silenzi imbarazzanti.
Io la guardo e la vedo sfiorire; nonostante ce la stia mettendo tutta, Cesca si sta afflosciando, si sta consumando, come un cero votivo, lentamente, ma inesorabilmente; la sua fiamma vacilla e tremola.
Ed io non so più che fare; ho contattato una sua vecchia amica, compagna di scuola, mia ex alunna; ci siamo incontrati nell’atrio di Giurisprudenza, e dopo qualche battuta scherzosa, per rinverdire i nostri ricordi, le ho chiesto di cercare di convincere Francesca ad uscire un po’ con lei e magari altri della vecchia cricca. Le ho raccontato in “summa”, la nostra storia ed ho visto luccicare una lacrima negli occhi di Emilia, lei, da brava ragazza quale è sempre stata, mi ha promesso di fare il possibile, ed ora aspetto evoluzioni dei fatti.
Una mattina, intorno alle 6, con un pallido nascente sole, offuscato da un manto di umido, mi sveglio e allungata la mano in cerca della mia piccolina, trovo il letto vuoto; aguzzo l’orecchio per sentire se sta in bagno o a preparare qualche cosa in cucina. Nulla. Cerco di restare calmo, freddo e raziocinante; penso a quello che è potuto accadere, faccio dei “film”orribili, mi aumenta il battito cardiaco in modo anormale, allora mi alzo e senza neanche cercare le pantofole inizio una perlustrazione di casa, breve in realtà, due stanze bagnetto e cucinotto, giusto 20 secondi; la trovo seduta vicino al balconcino della cucina, ha le mani abbandonate sul grembo, gli occhi chiusi rigati di lacrime, un volto, nonostante la spossatezza, di una bellezza incredibile; nella sua dolcissima nudità sembra una statua di una Madonna dolente, mi si strazia il cuore, vorrei strillare, dare calci nel muro, mordermi le mani fino a mozzarle; vorrei fare qualcosa di utile per Cesca, qualcosa di concreto.
E comincio a credere di non essere più adatto a lei. Comincio a pensare che, forse è ora che la lasci libera, che la lasci volare come una farfalla, diretta ad altri fiori.
Se non si rivolge più a me, per cercare conforto, se preferisce stare sola, a guardare il nulla di un cielo triste……. Allora qualcosa è finito, qualcosa s’è rotto.
Temo che Francesca non mi ami più, e forse, non se ne rende neanche conto, altrimenti, per come è fatta di carattere, avrebbe già trovato il coraggio e la forza per dirmelo.
“Grazie vita, grazie!”
Mi accorgo che ha qualcosa che stringe nella mano…..