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Ricontestualizzazione
Ricordi.
... Ricordi?
Adesso i ricordi sono offuscati, flebili, lievi. È tutto così…mischiato…è accaduto così velocemente che fatico a recuperare nella mente i particolari.
Ma varrà la pena ricordarti. Sarà catartico dipingerti su questi fogli. Anche perché è tutto ciò che mi rimane di te, ora che non ci sei più. Ora che chissà con quale altra stai facendo quello che facesti con me.
Ero lì in mezzo a tante a quella festa. Tutte ammassate in quello scantinato freddo, umidiccio e svogliatamente illuminato. Io, rossa ruspante e naturale, un po’ stagionata, con un vestito vecchio appiccicato addosso e con i miei fianchi larghi (mi hanno fatta così, non ho mai potuto farci nulla). Probabilmente scomparivo di fianco alle frizzanti, giovani bionde e alle slanciate more di alta classe. Per nulla appariscente, per nulla “una da notare”. Mi ripetevo sempre, forse sbagliando, che ero “una fra mille, nulla di speciale”. Forse anche poco originale.
Ma non quella sera, però. Quella sera, qualcosa successe. Qualcosa di straordinario. Qualcosa che mi fece ricredere su me stessa, che diede un mio significato al mondo.
Un uomo, sulla sessantina, che avevo già visto qualche mese prima, si avvicinò a me, mi mise una mano attorno al collo - con molta gentilezza, devo dire - e mi portò in cucina. Io lo lasciai fare, anche perché ero un po’ stanca di quel posto dall’odore stantio.
L’ambiente lì era molto diverso: soffusa luce di candele, nessuna ressa, poche persone intente a chiacchierare e spiluccare tartine e barchette.
Profumo di calore umano.
Fu lì che ti vidi. Eri appoggiato al bancone della cucina, con le braccia lungo i fianchi, isolato. Gli altri ti ignoravano, come se fossi piccolo e insignificante. Ma la cosa ti scivolava addosso. Solo dopo avrei capito che la gente si rivolgeva a te solo nel momento del bisogno, ma che in quel momento eri veramente insostituibile.
... Lo fosti anche per me.
Quell’uomo ti si avvicinò, facendoti, capire di volerti presentare a qualcuno. E ti portò vicino a me. Non so cosa mi successe…forse ero già agitata dal repentino cambio di ambiente o forse ero semplicemente “pronta”. Ma fu un vero colpo di fulmine. Eri elettrizzante, magnetico.
La prima cosa che notai, subito, fu il tuo sorriso. E i tuoi denti. Si, i tuoi denti. Perfettamente dritti, allineati, quasi scintillanti. Ricordo che eri magro e slanciato eppure davi l’impressione di forza e tenacia. Non mi sono mai piaciuti i tipi grossi. Ricordo che una volta una mia amica uscì con un tipo enorme, tutto muscoli. Un giovane rampante, arrivò con una macchina di lusso, vestito di nero, elegantissimo. Faceva sicuramente il suo figurone, sulla carta prometteva bene. Tuttavia la mia amica si lamentò di come venne trattata molto sbrigativamente, in maniera meccanica, insensibile, quasi violenta. Fu la prima e ultima volta per lei. Tu invece no. Si vedeva che eri uno “vecchio stampo”, qualche segno dell’età ti rendeva piuttosto ancor più romantico.
Eravamo una di fronte all’altro, incapaci di parlare. Guardavo la tua bocca, grande ed invitante, la immaginavo mentre si appoggiava su chissà quante altre prima di me. Mi raffiguravo baci sbrigativi, veloci, con sciacquette incolori. Sapevo che con me non sarebbe stato così, era evidente anche per te che sarebbe stato diverso tra noi. Eravamo affini ad un diverso livello, meno superficiale - e tu avevi notato la mia diversa consistenza, struttura.
Mi guardasti negli occhi e il nostro dialogo si limitò a questa tua frase: “Voglio fare l’amore con te adesso, qui, subito”. Mai parole furono più intense per me. Io ero pronta, mi sarei unita a te senza indugi in quell’istante.
... Chiusi gli occhi. E fu il paradiso.
Lì, davanti a tutti. Era così naturale, eravamo così fatti l’uno per l’altra che nessuno ci diede retta. Noi isolati in quella bolla d’amore, noi un corpo unico con anime diverse, noi magicamente complementari.
... Lentamente, poco per volta.
Solo ora te lo posso dire, anche se forse l’avevi già intuito: per me era la prima volta e a giudicare da come mi sento ora, da come quello che è successo mi ha “svuotata” e ha fatto sì che versassi ogni goccia del mio spirito, sarà anche l’ultima.
La mia mente corre a quando, una volta dentro completamente, abbassasti le tue lunghe braccia su di me, le tue braccia forti come l’acciaio. Fu travolgente. Mi eri entrato nella testa, eri passato da parte a parte del mio cervello.
Durò poco quel nostro amore. Pochi istanti, in piedi. Fu quasi rubato. Ma fu il momento più intenso della mia vita. Non è strano? A volte si è talmente ed evidentemente due metà della stessa mela che basta pochissimo per stare bene.
Quando ti appoggiasti al tavolo, ti eri portato via una parte di me. E non la mollavi, la tenevi stretta a te. Ero ben contenta però di avertela lasciata. Mi sentivo libera. Libera di donarmi al mondo, libera di essere apprezzata, libera di essere assaporata anche da altri.
In fondo è stato meglio così se qualcuno mi allontanò da te. Era stato il nostro incontro magico, irripetibile. È stato giusto così.
Non credo ti rivedrò più. Se succederà, probabilmente “dentro” sarò un’altra.
... Sempre uguale ma con un altro nome.
Però devo ringraziarti, amato mio. Tanto tempo è passato, ma non ti ho dimenticato e devo ammetterlo: quella sera persi proprio la testa per te. Il mio unico e solo Cavatappi di Metallo.
Per sempre tua.
BarbEra Bottiglia
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