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QUEL PRANZO COL VECCHIO PARTIGIANO
Non si tratta di un racconto, ma della cronaca di una giornata veramente vissuta, nomi, protagonisti, emozioni, tutto rigorosamente autentico. Non una pagina del diario, quelle si scrivono in diretta, ma la descrizione di un’emozione rimasta intatta nel tempo.
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Da pochi mesi ero responsabile della zona del Delta. Il mio impegno a tempo pieno nel sindacato era iniziato nel novembre del 1980, eravamo nel 1983 e quell’incarico andava oltre le mie aspettative e soprattutto alle mie volontà iniziali.
Operaio in un’azienda metalmeccanica, dove ero entrato di malavoglia circa dieci anni prima. Così impari a diventare papà a vent’anni! Sembrava dire lo sguardo di mia madre, la prima volta che mi vide indossare una tuta.
L’impegno nel sindacato era stato piuttosto casuale, almeno all’inizio, ma quasi senza rendermene conto, era diventato una ragione di vita, o quasi (anche se queste sono affermazioni abusate e spesso discutibili). Ricordo quelle assemblee affollatissime, quei ragazzini, quasi tutti strappati all’agricoltura che faticavano a capire ciò che veniva loro detto. I primi scioperi, la prima volta in sala mensa. Il primo accordo aziendale. Mi sentivo un dio. Non saprei descrivere quelle sensazioni, soprattutto non saprei descriverle senza sembrare retorico, ma chi le ha vissute, è in grado di comprendere e soprattutto sa di avere avuto una grande fortuna.
Poi il salto. La proposta di operare a tempo pieno, alcune notti insonni e l’incarico di responsabile di alcuni comuni (si chiamavano ancora leghe) per la Federbraccianti.
Non potrò mai scordare il primo “blocco” del grano. Avevo smesso la tuta da pochi mesi e di agricoltura non sapevo quasi niente, ma l’entusiasmo fa spesso miracoli.
Un gruppetto di braccianti, decisi e fieri, davanti a una mietitrebbia, le interminabili cene notturne sulla capezzagna. Come si fa a scordare la bellezza, l’entusiasmo di quella gente? Il profumo di quell’erba? Si rinnovava il contratto integrativo dei braccianti, ma la posta in palio era più alta, si lottava per dare dignità al lavoro e questa consapevolezza era molto più diffusa di quanto fossero coscienti, gli stessi dirigenti. Racconto spesso un episodio che mi è successo in quegli anni: un agrario, in una trattativa, durante uno sciopero (aveva licenziato due lavoratori), cedendo più che alla ragione, alle necessità aziendali, nel momento di siglare l’accordo, che prevedeva anche la loro riassunzione, sentenziò che era una vittoria di Pirro, un’inutile perdita di tempo, perché nonostante la nostra buona volontà, non si poteva sfuggire al fatto che eravamo i rappresentanti di una categoria di straccioni.
Alla riunione era presente anche il delegato aziendale, un uomo mite, affezionatissimo all’azienda, sempre alla ricerca della mediazione, del dialogo; che prima incredulo, poi rabbioso, accennò una reazione, strinse i pugni e sembrò sul punto di scattare, ma rimase immobile e dalla bocca non uscì nessun suono, in compenso prima gli occhi e poi tutto il viso si riempirono di lacrime. Mi guardò, appoggiò una mano sulla mia spalla e uscì. L’istinto fu di aggredire quel manichino di merda, ma fortunatamente prevalse il buon senso, raccolsi il documento dopo averlo sottoscritto e raggiunsi il gruppo di lavoratori, per informarli dell’accaduto.
Non ho mai avuto dubbi, ma quel giorno ho avuto la certezza di stare dalla parte giusta.
* * *
Prenota il pranzo, disse Gabriele Zappaterra al telefono. Saremo io, te, Luciano Lama (per la verità lui pronunciò il solo cognome, fui io che timidamente, aggiunsi il nome, per avere la conferma di aver capito bene), Arrigo Boldrini e un certo Cervellati, un vecchio partigiano, un romagnolo. Prenota qualche posto in più, forse verranno un paio di compagni.
Riposi la cornetta del telefono. Per alcuni istanti rimasi incredulo. Non stavo nella pelle.
Guardai l’orologio almeno venti volte e arrivai da AROLDO con quasi un’ora di anticipo.
Il locale era quasi deserto, non era alta stagione, ci avevano fatto accomodare in una saletta e per ingannare l’attesa avevano preparato qualche assaggino: sardine in sapore, filetti di anguilla marinata, olive nere e crostini caldi con salmone e bottarga di muggine. Cervellati si dimostrò subito una forchetta di tutto rispetto, in barba ai suoi ottant’anni suonati non perdeva un colpo. Lama lo prendeva in giro tentando di coinvolgere Arrigo Boldrini, che per la verità se ne stava sulle sue, parlando poco, mangiando meno, il tutto annaffiato con acqua, rigorosamente naturale.
Ascoltavo in religioso silenzio, quasi mi nascondevo, ero sicuro che se soltanto avessi provato ad aprire bocca, avrei balbettato. Non era solo emozione, era qualcosa di più profondo.
Papà, peccato non potertelo raccontare.. Ti sarebbe bastato questo per sentirti ripagato di tante ingiustizie.
Una donna seduta poco distante, guardando verso di noi, si lasciò sfuggire “ma quello non è Lama?” Lui si girò e salutò, pochi minuti dopo aveva già stretto la mano a tutti i clienti del locale. Meno male che erano pochi.
Gli argomenti di conversazione erano i soliti: il Governo, il partito, la Resistenza. A Cervellati sfuggì un “quelli erano bei tempi” e mi ritrovai a fissarlo incredulo. La frase fece effetto perfino su Bulow, che tentò di correggere il tiro portando la discussione sui valori della lotta partigiana e sugli orrori del fascismo. Il vecchio partigiano, imperterrito, continuava a mangiare, apparentemente senza replicare; la sua attenzione sembrava interamente assorbita da una anguilla che avevano appena tolto dalle brace.”Vedi Arrigo, tutti hanno della Resistenza un’idea lugubre, ma non è così. Abbiamo vinto perché avevamo ragione, ma anche perché eravamo giovani, belli, pieni di vita. Ci piaceva mangiare, guzer e rider.” Pronunciò quelle parole senza distogliere lo sguardo dal piatto, e chiese conforto in dialetto a Luciano, che non aspettava altro; parlò ininterrottamente per quasi un’ora, aneddoti, storie, persone. Sembrava tutto facile, c’era da essere invidiosi. In realtà anche tra le risate, si coglieva la drammaticità di quei momenti e anche quel tavolo, era significativo dei modi diversi di vivere la Resistenza.
Ad un certo punto, sbottò e rivolto a Boldrini “a tsi propria un patacca, sei peggio di Trentin, che mangia solo carote, ma almeno lui pensa in francese, ma ti, Dio … sei un romagnolo …..” e alzando il bicchiere, ci obbligò a fare l’ennesimo brindisi.
Ogni tanto, invitava Bulow a partecipare, ma erano tentativi che andavano quasi sempre a vuoto. A dir il vero, non lasciava molto spazio agli altri, però era piacevole da ascoltare. Il tono sempre uguale, sia che parlasse di donne, di politica o di sport. Zappaterra, interista doc, lo fece imbestialire dicendo che la Juventus (di cui lui era tifosissimo) godeva di troppi favori arbitrali. Lama si alzò furibondo e sentenziò “questo é il vero male della sinistra, incapace di guardare avanti e sempre pronta a colpevolizzare gli altri per i propri insuccessi.” Aveva quella gestualità inconfondibile, che lo aveva reso famoso, ma in questo caso servì solamente ad accentuare una risata fragorosa, a cui partecipò perfino il comandante in capo delle brigate partigiane, che scuotendo la testa, gli intimò di smetterla di dire cazzate.
Erano le quattro passate, quando uscimmo dal ristorante, il tempo per gli ultimi saluti e l’auto si diresse verso Ravenna.
Un giorno, pensavo, racconterò questo episodio ai miei figli, peccato non poterlo raccontare a mio padre. Sarebbe stato orgoglioso e probabilmente mi avrebbe descritto per l’ennesima volta, la scena di Giuseppe Di Vittorio (nome e cognome erano d’obbligo), che mi teneva in braccio, mentre lui, sul palco introduceva il comizio.
Da Di Vittorio a Lama. Mica male. Girai la chiave della mia 127 e …… però sulla Juventus, ha ragione Zappaterra.
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0 recensioni:
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Anonimo il 16/02/2009 21:27
Emozionante... Rivivo molte cose. molte situazioni. Bel lavoro.
Anonimo il 03/07/2008 19:23
molto bella COMPAGNO
- Ho letto con piacere questo racconto, mio padre era un sindacalista, sarebbe piaciuto anche a lui
- Ho letto solo ora il tuo racconto scritto bene, è bello sia la storia e sopratutto quei tuoi istanti cosi importanti della tua vita, che ci hai trasmesso con tanta intensità. Spero che la tua vita e i tuo lavoro ti diano ancora momenti così. Ultima cosa... Zappaterra aveva ragione... Ciao.
- Ho veramente gustato il resoconto di questa meravigliosa esperienza vissuta: ricordi di momenti vissuti con gente autentica, che ha ispirato la propria condotta a veri ideali sociali e umanitari. In fondo la Resistenza, oltre a rappresentare la concentrazione di forze ed energie contro il fascismo, ha rappresentato la fede in principi, che potessero porre le basi di un mondo più equo.
Da interista non posso che concordare con Zappaterra...
Ignazio
Anonimo il 23/11/2007 14:05
Sei davvero bravo Ivan: riesci, con i tuoi racconti a catturare l'attenzione del lettore e a fargli vivere emozioni che magari, anche tu, (come in questo caso) hai provato.
In questo racconto ho trovato molto particolare ed intelligente la volontà, da parte tua, di soffermarti su particolari apparentemente secondari (come la descrizione degli "assagini" pre-pasto o le battute sulla Juventus) ma che, in verità, stemperano la tensione e l'inevitabile imbarazzo dovuti all'incontro con un vecchio partigiano, con un eroe della nostra Resistenza.
Mi ha molto colpito la tua capacità di rendere il più possibile vicino alla normalità ciò che, in verità, si presenta come un evento unico, irripetibile e, per questo, speciale.
- caro Ivan, mi fai ritornare, con nostalgia, a un passato di impegno, abbastanza vicino al tuo, con questi tuoi racconti... eh! gli anni '70 e tutto il resto. pensa, non pensavo, avendo letto il tuo racconto "una serata particolare", che nelle tue corde ci fosse (come autore) anche questo. mi piace. Comunque, ... mi hai chiesto un altro racconto? se vuoi ti accontento. ho pubblicato "Itakende, a casa, a Itaca". vado ancora sul fantastico, o se vuoi sull'intimo. sono cambiato un po' da allora (i 70), e dietro la storia fantastica, mi sento più sicuro di poter ben raccontare i piccoli drammi personali. spero ti piaccia. ciao, Sandro.
- La prima parte fa pensare, e riflettere,... la seconda parte è spensierata e da buonumore...
... ma quanto m'è simpatico 'sto Zappaterra... sarà perche anche io sono interista???
Scherzi a parte, come tutti i tuoi racconti, coinvolge. Insomma, l'ho letto e gustato due volte!!! Complimenti!
Un abbraccio!
Anna
- hai una capacità di raccontare fuori dal comune.. brvissimo ivan. ciao, duccio.
- lo sai che mi piace come racconti... ancora una volta fai vivere e interpretare il film vero delle tue storie. MAGICO!!! 10 e lode
- Non solo una pagina di vita ma di storia, e anche un ulteriore esempio della tua capacità di raccontare e raccontarti. Si capiscono davvero molte cose di te.
- Un bel pezzo di vissuto raccontato magistralmente. Io sono uno di quelli che può ben capire l’impegno, i sacrifici, le lotte, le trattative sindacali e le assemblee coi lavoratori. Ho pure conosciuto Luciano Lama, quindi…….. Bravissimo.
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