racconti » Racconti su sentimenti liberi » Il fiume
Il fiume
Non dormo neanche stanotte, del resto mi sono quasi assuefatto alle mie notti insonni, ma domani tutto sarà risolto, forse; già …domani.
Domani, che parola, poi cos’è il domani, solo una sottile differenza fra oggi ed ieri, un confine che non esiste, scandito solo dal ciclo naturale del giorno seguito dalla notte?
Oppure una virtuale e voluta barriera che ci siamo creati, per dividere il tempo che inesorabilmente scorre o semplicemente una recondita ed intima speranza che quello che dovrà accadere, sarà meglio di ciò che è gia successo. Sarà solo poi questo, perché per me non esiste differenza alcuna: oggi è stato come ieri, così sarà domani…no domani sarà diverso.
Un velo leggero di malinconia adombra il mio cuore, il gelo mi attraversa raffreddando il mio animo, allora a volte sto lì presente ma distante, perso nei miei pensieri, lontano, pur essendo qui.
Come disteso sotto un albero, alla sua ombra, con gli occhi al cielo verso le nuvole.
Così, quasi da sembrare intento ad altro, forse perso, ma con i sensi tesi ed attenti, pronti a sentire se il vento, accarezzandoti il viso, potesse portare con sé il profumo di una rosa, la fragranza di una viola, il profumo di vaniglia : il profumo di te.
Dolci sensazioni ed emozioni, già passate ma non offuscate dal tempo, amore vissuto e ormai perduto, ormai amari ricordi senza te.
Ma il vento non arriva mai, questo vento tanto atteso ed agognato, né brezza leggera che allevia il mio dolore, né imperioso vento che spazza le mie nubi, nemmeno irascibile uragano che distrugge il mio dolore e spazza con furia ciò che ne rimane, cancellando per sempre quel poco che resta.
Poi in fondo che cosa resta, arida steppa, arsa prateria con sterili e secche sterpaglie, un misero tugurio
nella desolazione: questo è ciò che resta, nemmeno un uragano si degnerebbe di sprecare le sue forze, per distruggere quello che rimane di me:niente.
Sì, niente, senza di te vuol dire niente, anzi meno di niente: un vuoto senza amore, apoteosi del nulla, trionfo imperituro del fallimento: un lavoro in rovina ed un cuore sincopato.
Chissà dove sarai adesso, poche sillabe al telefono "Addio, non cercarmi, la mia vita è altrove- poi più niente, così sei andata via dalla mia vita, in silenzio come sei entrata, quasi senza rumore alcuno.
Perché?
Il perché me lo chiedo da tanto ma non so trovare risposta a questa mia domanda, ma che senso ha trovare le risposte, adesso non ha più senso nulla.
Ma domani no, domani si cambia davvero, una decisiva svolta, forse troverò la panacea dei miei mali, il giusto coronamento alle aspirazioni della mia vita…inutile.
Accendo il piccolo abat-jour e mi guardo intorno, la mia stanza illuminata dalla tiepida luce sembra più
malinconica ancora, mi alzo, tanto non dormo comunque.
Uno sguardo alla sveglia che fa capolino fra i libri, disordinatamente ammucchiati sul comodino, impolverati ed abbandonati a se stessi : è già domani.
Mi preparo con cura, ho tutto il tempo per farlo, il mio appuntamento è troppo importante, devo curare tutti i dettagli.
Indosso l’impermeabile, sotto ho messo il vestito chiaro, quello delle grandi occasioni con la tua cravatta preferita.
È già primavera inoltrata, al mattino il fresco è piacevole, ma meglio coprirsi un po’, il tempo è ancora troppo incerto.
Prendo la borsa e mi avvio verso la porta di casa, una breve occhiata allo specchio del piccolo ingresso di casa : mi vedo come mi vedono gli altri, un uomo di mezza età , con gli occhi stanchi e dall’aria mesta, ma dall’aspetto ordinato e distinto, con questa cravatta farò certamente un’ottima impressione quando mi presenterò.
Le luci della città mi scorrono a lato piano, mentre in auto percorro il lungo viale che mi porta verso la periferia, la primavera è senz’altro una delle stagioni più belle, il risveglio della natura è palesemente annunciato dagli alberi rinati e dalle gemme che mutano in fiori.
Lentamente comincia ad albeggiare ed i toni scuri della notte, dolcemente si affievoliscono, ammorbidendosi e lasciando il posto al chiarore limpido del nuovo giorno.
Che meraviglioso miracolo l’alba, misteriosa nascita del domani atteso, mirabile spettacolo di colori, caleidoscopico dipinto realizzato da un artista superbo.
Imbocco la strada sterrata fra filari di pioppi, ondeggianti lievemente sotto la leggera brezza del mattino, che mi porta sul luogo dell’appuntamento.
Ricordo ancora che la percorrevo da piccolino, con la bici nelle scorribande pomeridiane, per arrivare al vecchio mulino sul fiume, dove si giocava a lanciare i sassi rotondi, contando i saltelli sull’argentato manto di acqua che scorreva lentamente, oppure a posare in acqua le barchette di carta nel piccolo canale adiacente, poi di corsa fino al pontile per ritrovarle, mentre lentamente navigavano verso l’ignoto.
Percorro con passo leggero il sentiero che porta al vecchio pontile, mentre il leggero venticello mi porta il profumo del fiume: il mio appuntamento è lì.
Il vecchio pontile si allunga di alcuni metri nell’acqua, sotto i suoi grossi pilastri scorre lento il fiume, con il suo vociare tranquillo.
Il fiume, con i suoi flutti lo accarezza piano, quasi con delicatezza, come se avesse timore di fargli male.
Mi avvicino al parapetto, appoggio la mia borsa sulle vecchie assi, consumate dal tempo; il sole sta sorgendo, in fondo verso le colline, sono in perfetto orario.
Vedo la mia immagine riflettersi nell’acqua verdastra del fiume, il suo mormorio mi infonde una strana tranquillità, sembra quasi che sussurri la mia voce, come se mi chiamasse:forse mi aspettava.
Sono pronto, chiudo gli occhi.
Mi lascerò andare, mi farò avvolgere dall’abbraccio dei suoi flutti e mi porterà via, molto lontano, dove il tempo non ha ore né minuti, via da qui e da te e forse, chissà, ritroverò le mie barchette…
-Non è ancora ora!-
Sussultai ed aprii gli occhi, una voce aveva pronunciato quella frase, ma se ero da solo, chi mai
aveva potuto proferire quelle parole?
Mi girai e vidi nell’angolo opposto al mio, un vecchietto dai lunghi capelli bianchi, con uno strano berretto rosso a quadri, un po’ consunto, una barba altrettanto bianca, ma ben curata, che spiccava su un viso abbronzato e segnato dal tempo.
Una giacca da marinaio blu, che aveva la stessa età del proprietario, lo riparava dalla frescura mattutina.
Aveva l’aria di una persona simpatica, di quei vecchietti che ti fanno tenerezza a vederli e che hanno sempre cose da raccontarti.
Stava lì, in piedi, in quell’angolo del pontile con una canna da pesca e con il filo ben teso nell’acqua, con le braccia appoggiate alla ringhiera di legno.
Alla mia espressione sbigottita, rispose con un sorriso.
Sorpreso ed attonito, riuscii però a balbettare-Non è ancora ora di cosa?-
- Del sorgere del sole, manca ancora un po’- mi rispose tranquillo, ma notai nei suoi occhi uno strano bagliore, come un lampo improvviso, mentre il suo sorriso, straordinariamente accattivante, mi catturava lo sguardo.
Non poteva di certo leggere i pensieri, mi dissi fra me e me, no di certo, queste cose accadono solo nei racconti di fantascienza.
Mi guardava con quell’aria tarnquilla, due occhi curiosi ma attenti, che mi scrutavano ma in modo garbato, e poi quel suo sorriso che infondeva una sensazione di sicurezza, lo sguardo era rassicurante ma profondo e misterioso.
-Si certo, ha ragione-gli ribattei cercando di non tradire i miei pensieri sotto quello sguardo indagatore.
-Questo posto però ha sempre il suo fascino: il fiume con il suo andare lento, il pontile, il canneto di fronte- la sua voce sembrava quasi una dolce melodia, parlava del fiume come fosse una persona.
-Si, ha ragione,è sempre stato un bel posto, ci venivo da ragazzino anni fa a giocare-
-A giocare con le barchette nel vecchio canale e far le gare, poi, a chi le costruiva meglio e chi arrivava primo al pontile!-mi disse ancora con la sua voce pacata.
-Ma come fa a saperlo?- stupito gli chiesi
-Noi vecchi sappiamo tante cose-mi ribattè .
Fissai ancora il suo sguardo e per un attimo uno strano calore mi avvolse piano, mi sentivo come avvolto da un caldo abbraccio, quegli occhi mi entravano dentro l’anima, mi sentivo confuso ma stranamente rilassato.
-Era un po’ di tempo che non venivo qua a pescare- mi disse ancora.
-Veramente-risposi riprendendomi da quello strano torpore-qui non ho mai visto nessun pescatore!-
-Forse perché qui si fa una pesca strana- ed il suo sguardo brillò ancora-
Non aveva ancora finito di proferire la frase che la canna vibrò di colpo e poi repentinamente si arcuò , mentre il filo si tendeva nell’acqua.
Con fare esperto il vecchio pescatore diede un colpo secco alla canna e quasi magicamente dall’acqua saltò fuori un pesce, appeso al filo, che il vecchio afferrò con una mano, dimostrando una maestria ed uan agilità incredibile.
Osservai il pesce, che stranamente non si agitava, sembrava quasi come ipnotizzato dallo sguardo del pescatore. Quest’ultimo appoggiò la canna sul pontile e delicatamente toccò il pesce, che quasi per incanto aprì la bocca lasciando cadere il filo, che no aveva nessun amo.
Forse stavo sognando o ero già bello che morto, forse morire era così semplice da non accorgersene e tutto questo accadeva nell’aldilà.
Ma no, ero sveglio e quel pesce si era agganciato a quel filo, senza esca e senza amo, non reagiva fuori dall’acqua e sembrava quasi giocasse con il vecchio pescatore, un pesce stranissimo da un colore dorato, luccicante e brillante che riluceva nel chiarore mattutino.
Il vecchio pescatore teneva in mano quello strano pesce, senza stringerlo, sembrava quasi non volesse fargli male. Lo carezzò dolcemente ed il pesce rispose con un guizzo lieve, poi con gesto misurato si abbassò sul pontile e lo lasciò scivolare nell’acqua. Il vecchio pescatore si sollevò e rivolse il suo sguardo verso me, ma non rimase colpito dalla mia espressione strabiliata.
Ero davvero allibbito.
-Sorpreso?- mi chiese divertito.
Feci cenno di si con il capo, in cenno di assenso, la mia bocca era bloccata dallo stupore.
Mi sorrise ancora ed ancora ebbi addosso quella strana sensazione.
-Ma…che strano pesce …e poi l’amo…?-farfugliai.
-Oh sì, non è un pesce comune: è il pesce della speranza e vive solo nel fiume della saggezza.
Non occorre l’amo per pescare questo pesce, l’amo lo ucciderebbe e lo dovrei privare della vita, e la vita è un dono meraviglioso, per tutti.È un gioco fra noi due, ma la vita non è un gioco e va rispettata, il Signore ci ha fatto questo dono grande, immenso ed unico.
La vita, amico mio,è fatta di gioie e amori, da dolori, odii e futili rancori. A volte può sembrare crudele, ma è quanto mai vera ed occorre viverla così:ognuno di noi ha il suo destino, grandioso oppure meschino che sia, ma noi non siamo giudici del nostro destino, ognuno di noi ha un compito, un messaggio da tramettere, ma spesso facciamo finta di non accorgercene e lasciamo avvolgere dalla nebbia il nostro cuore e la nostra anima-
Quanta saggezza in quelle parole, pensai, ma chi era costui?
Stavo quasi per chiederglielo, ma lui mi interruppe.
-Non farti troppe domande, ma guarda, invece, il sole che nasce: è un nuovo mattino!- continuò con quella sua voce calma.
Così volsi lo sguardo verso l’alba appena giunta, un sole splendente illuminava tutto intorno, annunciando imperiosamente il nuovo dì; brillava la natura con i suoi mille colori, annunciava la vita con i suoi rumori, era uno spettacolo meraviglioso.
Mi voltai verso il pescatore per incrociare ancora il suo sguardo rassicurante e tranquillo, come vento che calma la burrasca del mare.
Ma non c’èra più nessuno alle mie spalle, eclissato, svanito nella bruma mattutina, eppure era lì un attimo prima, proprio in quell’angolo del pontile, appoggiato al vecchio palo inverdito dall’umidità.
Ma che cosa era quell’oggetto sotto il vecchio palo, là proprio nell’angolo?
Mi avvicinai piano verso l’angolo del pontile : appoggiata alle assi consunte c’éra una piccola barchetta di carta, costruita con un foglio di quaderno a quadretti, ingiallito dal tempo.
La raccolsi, abbassandomi lentamente e all’improvviso mi vennero alla mente i ricordi della mia infanzia, e la corsa delle barchette : ognuno di noi dava un nome alla sua e con la penna lo si scriveva sui due lati.
Mi tremavano le mani adesso, guardavo e riguardavo sbigottito quella barchetta fra le mie mani, la tenevo delicatamente, quasi per non rovinarla.
Su un lato, di colore azzurrino sbiadito dal tempo, si notava a stento una scritta, in stampatello ordinato : CHICCO, era la mia barchetta!
12345
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
- Un bellissimo racconto, ben descritta la natura che ti circonda, sembra quasi di essere lì con te... la memoria dei ricordi ed il loro mistero... Davvero bravo.
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0