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Copernico

In estate, quaggiù, i campi di grano sono come il mare. Distesi al Sole si agitano ed ondeggiano spinti dal vento, formano una grande massa dorata; un oceano dove le fattorie sono piccole isole e i contadini pescatori, pronti a tuffarvisi e raccoglierne i frutti. I corvi, stanchi per la calura, si muovono su di esso come gabbiani in cerca di cibo, mentre intorno si ergono oscuri gli spaventapasseri e le montagne chiudono l' orizzonte.

Il ragazzo si agitava, nervoso, vicino al suo isolotto, le urla del padre in lontananza. La giornata era calda e con riluttanza si accingeva a fissare i manichini ai loro pali in mezzo al mare. Sudava, e quello che sarebbe stato un lavoro noioso per un uomo risultava per lui estenuante; e inutile, perchè ormai i corvi non avevano più paura dell' uomo e con noncuranza si assopivano sulle braccia e sulle spalle dei pupazzi. Addirittura, il loro numero quel giorno era maggiore del solito, inusuale per animali sì solitari e schivi. E lo guardavano, sornioni e affatto spaventati, mentre appoggiava all' asta di legno la sua scala e saliva i pioli, con le spalle doloranti e la fronte sudata e i vestiti sporchi.

E anch' io lo guardavo, anche se non lo sapeva. E non ero nascosto nel grano ne distante; mi trovavo accanto a lui, camuffato da uno degli spaventapasseri già fissati, aspettando. Da un po' mi trovavo in quella posizione, simile a un grottesco crocifisso vestito di stracci e circondato dai corvi, perfettamente immobile. Ero affamato e stanco mentre il ragazzo continuava a sudare e ad imprecare contro quel lavoro ingrato e faticoso, e contro chi glielo aveva assegnato. 

Vecchio ubriacone era suo padre, diceva, dannatamente grasso e schifosamente inerte, molle, incapace di fissare uno spaventapasseri come si deve. Ne aveva montato solo uno, e poi se ne era andato a bere in città, lasciando l' onore di tale compito a lui per il giorno dopo. Eppure faceva paura, ammetteva, sicuramente avrebbe scacciato più uomini che uccelli. Sciocco; non immaginava che l' opera del grassone giacesse distesa nel campo chissà dove e che quello che stava fissando ero io; e che ero pronto ad agire.

Fui rapido a scrollarmi i corvi di dosso, anche se parve accorgersi del mio movimento. Mi fissò per qualche attimo, indeciso sul da farsi, poi tornò a lavorare con la corda e il pupazzo. Notai con piacere come avesse accellerato il  ritmo dell' opera e come i suoi occhi tradissero una impazienza sempre più invasa da un filo di terrore. Mi aggiustai sul trespolo instabile e feci rumore; un leggero scricchiolio che egli percepì immediatamente e che suonò come un allarme.
Si voltò verso di me e io gli sorrisi da sotto il cappellaccio, il suo volto contratto dal terrore. Saltò giù dalla scala e cominciò a correre tra i filari. Lanciai una risata e sentii il panico colpirlo e prosciugargli ogni energia, cadde a terra.

Era il momento. Prima che potesse rialzarsi mi staccai dal palo e saltai verso di lui, che ormai gridava disperatamente. In un secondo gli ero addosso, sentivo il sangue che sgorgava tra i miei artigli dalla gola perforata. Cominciai a correre, trascinandolo, ma continuava ad oppormi resistenza. In lontananza qualcuno doveva aver sentito la richiesta d' aiuto, perchè udivo una voce di uomo chiamare un nome maschile, disperatamente. Un colpo di fucile, in aria; non c' era tempo da perdere, morsi la gola del ragazzo, che cadde a terra inerte e continuai la fuga. La voce scomparve nel silenzio; mi caricai il peso sulle spalle e spalancai le mie ali, alzandomi finalmente in volo, con la mia preda ormai sfinita, diretto lontano. Cadde il silenzio sul campo sconfinato.

Perchè qui, d' estate, il grano è come il mare, i contadini sono i suoi pescatori, e io sono uno squalo.

 

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7 commenti:

  • Anonimo il 10/03/2009 19:16
    Buono e ben scritto. Bella chiusa dove avrei uniformato gli articoli (cioè determinativi: "lo squalo" ). Piccolo dettaglio, ma importante a mio avviso.
  • carlo degli andreasi il 31/10/2008 01:50
    buono
  • Vincenzo Capitanucci il 16/05/2008 12:54
    Pan ico...

    v