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Crumiri
Qualche giorno prima, era venuto da me Marco. Non era normale, sembrava trafelato, agitato, eccitato: sembrava gli avessero iniettato dell’argento vivo in corpo. Aveva un’aria soddisfatta; non ricordavo di alcun nuovo record alla playstation, né di nuove componenti per il suo scassatissimo pc. Eppure aveva un’aria di decisa superiorità stampata in volto: se ne stava lì in piedi, con le sue mani nodose da vecchio nelle tasche a guardarmi con aria sorniona, con quella sua felpa a quadri blu e righe bianche che aveva da poco comprato al mercato(una bella felpa devo ammettere, più volte mi era venuta l’idea di prenderne una simile).
Dopo due minuti in cui continuò a fissarmi, finalmente gli feci la domanda per cui agognava:< Che vuoi?>. Mi travolse come un fiume in piena travolge una capanna di fango. Termini che si sovrapponevano ed al tempo stesso un’ incredibile pregnanza della parola; in sostanza non si capiva nulla. Alla fine del suo contorto discorso mi guardò più animato di prima, ma davanti alla mia non voluta indifferenza cominciò ad aggrottare le sopracciglia e un’aura di malinconia gli adombrò il volto. Con voce esitante mi chiese perché non gli dicessi niente, neanche un “cretino” di disprezzo, al che gli spiegai che del suo discorso avevo capito poco o niente, e che sinceramente non riuscivo a comprendere perché avesse parlato tanto male; per sdrammatizzare gli consigliai anche un corso di logopedia. Calmatosi, apparentemente, mi spiegò per filo e per segno il motivo della sua venuta: tirò fuori il cellulare e mi mostrò un messaggio di una certa Viki, che mi fece leggere accompagnando il suono della mia voce con delle esclamazioni gutturali e dei “troppo figo eh?”. Il testo del messaggio diceva:
“Qst è un mex riservato agli studenti, x nn prendercelo ancora contro i denti, il 23 allo sciopero anche tu, non siamo mai in 1 in +. se la catena spezzerai, 10 anni di sfiga avrai. ps: tesoro ti lovvo tanto!!”
Wow. Sciopero generale degli studenti. Era davvero un evento tale da perdere il controllo della lingua. Non sapevo nulla che per il 23 fosse stata indetta una manifestazione in tutta Italia, tanto meno che venisse sparsa la voce tramite messaggi per cellulare. In verità non sapevo nemmeno che cosa volesse dire “ti lovvo”, tralasciai per non fare la mia solita figura di imbecille, tuttavia sperai tanto che non parlasse così anche abitualmente; ebbi modo di essere confutato dall’esperienza diretta. Questo comunque era un pensiero secondario, un surrogato della mia mente di cui sul momento non mi accorsi nemmeno:nella mia testa trovava spazio solo lo sciopero, lo sciopero, lo sciopero, lo sciopero…In fin dei conti dovete capire che per un quattordicenne di prima superiore non è una novità da poco uno sciopero generale della sua categoria, specie se è il suo primo sciopero:è la prima volta che si sente chiamato a far parte della società adulta protestando contro una qualche legge o decisione, non ha importanza l’argomento.
Passai una trentina di secondi fantasticando, alzai lo sguardo agli occhi di Marco e nel riflesso delle pupille vidi dipinta sul mio volto la sua stessa espressione inebetita; allontanai da me il libro di latino, non c’era tempo per perderlo ad imparare le declinazioni, bisognava passare parola a più conoscenti possibile se si voleva che lo sciopero fosse un successo. Passammo in rassegna tutti i campetti ed i giardini della zona, tornammo verso ora di cena che avevamo infiammato gli animi rivoluzionari di circa 35 ragazzi tra i 14 ed i 16 anni. Ricordo che davanti a casa mia ci dividemmo con la promessa di ritrovarci il giorno seguente a scuola, e di propagandare l’adesione allo sciopero. Entrato trovai la cena già pronta, di conseguenza mi preparai in fretta e furia e risposi in un modo il più evasivo possibile alle domande su come avevo trascorso la giornata, se avevo studiato per il compito di latino del giorno seguente, cosa aveva Marco di tanto importante da irrompere in casa in quel modo senza neanche ricordarsi di salutare, egli che era sempre stato così educato e rispettoso, polite direbbero gli inglesi. Consumai la cena velocemente, trangugiando le varie pietanze senza neanche volerne capire il gusto; poi mi avviai spedito verso la mia camera, dove mi addormentai di un sonno profondo e senza sogni, che placò l’ansia che aveva cominciato ad attanagliarmi dal pomeriggio.
Posso tranquillamente affermare che il giorno dopo si rivelò un vero e proprio successo. Come deciso, io e Marco a ricreazione andammo nell’atrio alla ricerca di qualcuno che potesse aderire alla nostra causa:all’apparenza una facile impresa, tuttavia non così per due ragazzi sconosciuti di prima. Innanzitutto chi ci avrebbe ascoltato? chi non manderebbe a quel paese qualcuno che non conosce se questi gli si mettesse a parlare di cose che non sa o che magari non condivide nemmeno?
La soluzione ci piovve dall’alto, nel senso che proprio la pioggia ci permise di attuare il nostro piano. Appena usciti infatti si mise a piovere, dunque ci riparammo tutti sotto una tettoia dove si trovavano già alcuni ragazzi di quinta che stavano tranquillamente fumando le loro sigarette, fregandosene altamente delle direttive presidenziali, e parlottavano allegramente tra loro del “grande evento”. Ad un certo punto, un tal Andrea di 5A ci si avvicinò e con fare affabile ci chiese se avessimo intenzione di partecipare allo sciopero, perché anche se eravamo dei ragazzini di prima era nostro, anzi soprattutto nostro dovere quello di scioperare. Nel mentre si era venuta formando una piccola folla sotto la tettoia, ed altri ragazzi si erano radunati intorno a noi tre che ormai avevamo cominciato a discutere ad alta voce dell’utilità per i ragazzi degli scioperi; accortomi di quanta gente ci ascoltasse (o meglio ascoltasse lui, Andrea, il tipo di 5°), decisi di propagandare la manifestazione del prossimo venerdì e dunque, lanciando un’occhiata d’intesa a Marco, ci mettemmo ad urlare con energia ai ragazzi di venire allo sciopero, perché “venire allo sciopero è supremo dovere di tutti noi!!”. Ottenemmo un buon supporto soprattutto dalle quinte e quarte, che subito, accortesi delle nostre intenzioni si mischiarono alla folla abbordando le persone nello stesso modo in cui noi lo eravamo stati. Alla fine ci ritenemmo soddisfatti del nostro lavoro di propaganda orale, tornammo in classe pronti ad affrontare un compito di latino per cui nessuno dei due aveva studiato, in trepidante attesa che giungesse venerdì.
E venerdì giunse. Incontrai non poche difficoltà a disfarmi dello zaino:alla fine dovetti portarmelo dietro. In tram notai che c’erano veramente poche persone, le poche presenti o anziani o ragazzi più o meno della mia età, però loro senza zaino. Mi incontrai con Marco presso la stazione, come stabilito, e ci avviammo velocemente verso la piazza centrale della città. Fianco a noi camminavano altri studenti, tutti senza lo zaino, però stranamente sembravano distaccati dalla manifestazione che ci si accingeva ad iniziare, anzi guardavano stranamente interessanti ai lati delle strade. Alle 8 e 35 minuti precisi iniziò il corteo: eravamo davvero in tanti, tutti allineati, alcuni addirittura con gli striscioni, e dalle prime file si sentivano dei cori:<Fioroni buffone, sei tu da riparazione!>. Guardai Marco: urlava convinto. Mi guardai attorno:dei molti che erano accanto a me all’inizio del corteo, ora solo pochi c’erano ancora. Osservando meglio notai che molti si erano diretti verso i negozi e i bar: ecco perché erano tutti così entusiasti alla notizia dello sciopero capii, potevano dedicarsi allo sperpero generale dei soldi. E dunque mi trovavo lì, in mezzo a quella gente che protestava (solo allora lo venivo a sapere) contro la riforma dell’ordinamento scolastico: ne avevo sentito parlare a tavola dai miei.. e io ero favorevole! Interpellai Marco se quello sciopero fosse davvero contro la riforma della scuola; mi guardò stranito come uno che senta dire un’assurdità:<No-disse-protestiamo contro Topo Gigio..>. Dunque avevo capito bene. Quello era uno sciopero contro la nuova riforma, e io che ero favorevole ero stato uno dei promotori di un qualcosa di cui non conoscevo nemmeno l’argomento, solo per la voglia di sentirmi parte attiva della comunità.
Mi fermai in mezzo alla strada; dopo circa un minuto Marco venne a scuotermi, bisognava proseguire nella protesta, non potevo starmene lì in mezzo come uno scemo. Notai vicino a lui una ragazzina poco più giovane di me, sullo zaino aveva scritto “Viki de best”: parlava davvero come scriveva.. Senza rispondergli mi girai e mi avviai verso la scuola, non valeva la pena di rimanere lì. Davanti all’ingresso della scuola trovai un gruppo di ragazzi, protestavano. Quando videro che stavo entrando mi indicarono e uno di loro mi gridò:<Crumiro!>. Mi voltai indispettito: non tolleravo che chi approvasse la riforma contro i nullafacenti criticasse la mia decisione di andare a scuola. Ma non ne valeva la pena. Lo fissai:<Ma chi sono io, Babbo Natale!?>.
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