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cronaca di una notte inutile
4 bottiglie di ceres vuote ed una mezza piena. mezza bottiglia piena di per se è già un buon segno. i buonsegni arrivano dal nulla e non è condizione necessaria riuscire ad interpretarli soprattutto se si pensa che l'interpretazione dei segnali per alcune società era propria degli uomini saggi. probabilmente dovrebbe ancora essere così, se l'informazione (o la negazione della stessa) nei nostri contesti non fosse invece propria di organi di propaganda che più che interpretarli (strutturali o sovrastrutturali che siano) li modella in modo da poterne trarre il massimo tornaconto. una mezza ceres è quello che rimane da bere dall'alto del mio trespolo in questo bar del cazzo. saranno anni che ci vengo e ne ho viste passare di persone qua dentro, alcuni ci vengono ancora, li guardo oggi e rivedo le stesse facce di allora, un po' più arrugate fondamentalmente uguali. le stesse espressioni di quando erano ragazzi però molto meno sorridenti e inghiottiti da quella routine inabituizzabile alla quale ad oggi continuo a deprecare la mia appartenenza. non ricordo esattamente il giorno in cui ho preso consapevolezza dell'assenza di libertà nella quale mi sento invischiato fino addivenirne mosca, l'abitudinarietà a cui sono legato e frutto del fossato o muro che mi sono costruito intorno, differentemente dalla solitudine inconsapevole dei miei simili ignari della condizione eppur vittime di attacchi di panico e crisi d'ansia e tossicodipendenti di prozac valium e serenase (patologici esclusi). raggio di sole nel buio Francesca. la barista ex-moglie del pusher del locale, donna di un fascino imbarazzante con la quale di tanto in tanto mi piacerebbe trattenermi oltre la chiusura. ho smesso di frequentare bar con baristi uomini dopo l'ultima rissa di cui ancora porto i segni ed alla quale mi tocca ripensare ogni qual volta mi guardo nello specchio. 12 punti sullo zigomo sinistro (sembra essere l'insegna del barbellaluna) non fanno di me sicuramente un bell'uomo. ma ho le mani di un pianista e le donne dicono che il mio modo di toccarle le fa sentire attraenti e protette. Francesca è il mio guru di sbronze, raramente riesco a rivolgerle la parola da lucido ed è solitamente dopo la seconda o terza birra che riusciamo a d intavolare un minimo di conversazione. questa sera è più bella del solito e non riesco a trattenermi dal non dirglielo. quello che mi ha colpito di lei, a parte il fatto che sia una donna sensuale, è il suo modo di guardarmi, è così individuale. so per certo di non essere il suo unico uomo, anzi diciamo pure che non sono il suo uomo, ma il modo in cui mi guarda mi rende così partecipe di quell'affinità elettiva che fa breccia nel suo cuore che mi commuove quasi...
stasera c'è proprio un grancasino in questo posto la band che si esibisce ha un buon seguito di raggamen, il cantante angelo detto il bronzino (non chiedermi il perchè) intona il pezzo forte "sono in poppa". cazzo non c'è niente da ridere, proprio niente. non riesco a divertirmi neppure un po', nonostante il popò di figa che mi circonda non provo nessunissima emozione. ho una strana sensazione stasera come se stesse succedendo qualcosa che mi riguarda ed io nonne sono consapevole. so di essre in matrix, ma è quantaltro evidente che io non sono l'eletto. controllo le tasche dei miei pantaloni per controllare che le chiavi di casa siano lì e ci sono, magari stanno rubando. ma cosa vengono a rubare a casa mia. si vabbè ho un buon lavoro stabile e in un contesto come quello in cui vivo è già un privilegio, ma non sono ne ricco ne colleziono oggetti di valore. ho un televisore sedici pollici ed un lettore dvd, dvx, mpeg e mp3, uno stereo compatto economico ma discreto col quale ascolto la mia musica brasiliana, ma nel complesso non ho nulla di valore.
“Il fatto più o meno consiste in questo, ammesso che riguardi un fatto, jung sostiene l’esistenza di un inconscio collettivo e lo dimostra attraverso la spiegazione dell’esistenza dei bisogni/piaceri che accomunano l’umanità indipendentemente dal retaggio culturale che caratterizza i contesti sociali, deduco che nell’ambito delle affinità elettive alcune sensazioni inconscie accomunino a partire dall’umanita intera (l’amore per la natura), alle piccole comunità (l’amore per un monumento o un’opera d’arte), fino a due persone, come nel caso dei gemelli. Allora sarà mio fratello massi…”.
Francesca mi guarda con aria interrogativa.
“secondo me dovresti seriamente prendere in considerazione l’idea di bere un po’ meno. Non riesco a seguirti quando mi parli così, jung retaggi culturali, chi siamo noi per parlare di contesti sociali, quando già non riusciamo a condurre una vita “normale” nel posto dove siamo nati… probabilmente hai chiaro in mente dove vuoi arrivare, ma non ti seguo… mi preparo un cuba libre.”
Non sento i miei da tempo immemore, tantomeno mio fratello Massimiliano, chissà come sta… è stato sempre un po‘schivo con me ma fondamentalmente starà diventando un brav’uomo. Quando sono partito da casa aveva 22 anni e studiava lettere all’università di Messina, aveva una ragazza bella, seria, attaccata ai valori del pranzo la domenica in famiglia, al natale mai fuori prima della mezzanotte, che sognava una casa una famiglia due bambini, che non desiderava nessun altro al di fuori di lui, gelosa del suo gioiello di uomo, prosperosa, capelli ricci e lunghi, socievole, simpatica, un po’ stronza in pratica. Credo che quando l’ebbe lasciata nonostante lui abbia provato con dolcezza a farle capire che prima di accasarsi sentiva il bisogno di fare altre esperienze, abbia tentato di uccidersi un paio di volte. Forse dovrei chiamarlo. Suppongo che la sua vita avrà subito delle inflessioni, chissà se avrà avuto bisogno di me. Che domanda stupida! Certo che no, mi avrebbe sempre potuto chiamare, anzi sono sicuro che lo avrebbe fatto. Sono un mito per lui!
Otis Redding blues club questo è il nome del locale, uno dei pochi posti dove ancora si può fumare tranquillamente. Su uno sgabello quadrupede in ferro colorato di rosso, sento il rigido della tavola poggiachiappe ricoperta di gommapiuma imbottita in similpelle nera. Dopo un’ora che ci stai seduto su il sangue smette autonomamente di circolare nelle zone circostanti al sedere e perdi la sensibilità delle gambe. Una volta mi sono alzato di scatto e la gamba sinistra mi ha ceduto. Non si può credere alla gran figura di merda che mi sono sparato, si sono riuniti tutti attorno e una tipa si è tolta il cappellino per raccogliere le offerte per lo spettacolo.
Sono successe veramente tante cose in otto anni. Con loro ho smesso di avere contatti manmano che il mio rapporto con la giustizia andava peggiorando. Prima la denuncia per truffa, poi i sospetti di pedofilia per quella diciassettenne che tutto aveva fuorché l’innocenza di una diciassettenne. Devo ammettere che mi mancano ma quello che sono diventato altro non servirebbe se non a turbare la sottile immobilità alla quale sono legati, sembra che mai niente possa succedere in quella casa. Un tipo sbronzo si avvicina al bancone e ordina una heineken, fa la radiografia a Francesca e le fa l’occhio melenso.
“come ti chiami?” le chiede.
“Francesca” risponde lei con disinvoltura sorridendo.
“che nome banale è Francesca, non ti si addice. Sei una donna così attraente”.
“ah si? E secondo te come dovrei chiamarmi? Da che tipo di persona ho la faccia?”
“non so… potresti chiamarti vanessa”
Francesca tira fuori un sorrisetto malizioso, gli porge la birra e prende i soldi.
“tu invece come ti chiami?”
“emilio”
“ciao…”
La heineken è proprio una pessima birra, sempre sgasata, la si dovrebbe bere immediatamente appena viene tirata fuori dal frigo e, ironia della sorte, te la servono sempre “caldina”. Bleah…
“sei una donna fantastica mi piace il tuo modo di gestire le situazioni con gli uomini”
“Nicola sei un uomo così galante, vuoi una sigaretta?”
“la fumo volentieri ma ne prendo una delle mie”
Si sporge dal bancone per farmi accendere e le vedo il seno.
“sai m’imbarazza un po’ il fatto che ogni qualvolta ti veda debba essere mezzo sbronzo in realtà mi piacerebbe conoscerti anche al di fuori di questo contesto”.
“sei un bell’ uomo ricco di fascino, ma vengo da una storia difficile e per me questo non è proprio momento per intraprendere una storia e con te probabilmente mi farei coinvolgere”
“è incredibile. La tua schiettezza mi spiazza. Non credo che mi arrenderò così facilmente, ma se mi parli così non posso fare altro che rispettare la tua scelta. Sei un esemplare unico di bella femmina e per me sei l’unica”
A questo punto si mette a ridere di cuore
“ma se ti vedo sempre con una diversa”
“sarà anche vero, ma lo è altrettanto che non è mai la stessa. Tu saresti l’unica e lo sai”
si scosta dal bancone mi porge una nuova ceres e mi abbandona. La band suona “sono siciliano dalla faccia strana” mi alzo e azzardo qualche passo di danza. Sono un po’ goffo e fuoriforma ma mi diverto. I fumi dell’alcool faranno il loro dovere, nella coltre di fumo intravedo Corinna, mi avvicino e ballo un po’ con lei…
“lo sai che sei proprio carina stasera?”
Mi sorride. A passi alterni ritmati mi porto all’interno del mio cerchio di fuoco, una sensazione di nuova maturità pervade le mie cellule. In pochi momenti possiamo attraversare nuovi livelli consapevolezza, il ballo è il rito schamanico che ci conduce attraverso la notte verso un nuovo mattino.
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- Ciao Luigi, innanzi tutto ti ringrazio per aver commentato anche questo racconto ostico... Messina-Berlino (???) è un parallelismo un po' forzato. In realtà lo scrivere diventa importante nel momento in cui, a seguito di lunghi giorni in cui ogni cosa che ti circonda ti procura un conato di vomito, cerchi in quest attività non un mezzo per "vivere", ma al limite per sopravvivere a tutto, e in questo, da ciò che ho letto di tuo, mi sembra che la spinta possa essere condivisa... e poi, non costa nulla
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