racconti » Racconti surreale » il blocco dello scrittore
il blocco dello scrittore
I raggi del sole pendevano dal cielo simili a spessi fili d'oro incorporei, lucenti come preziose lame d'altri tempi. Penetravano fra le chiome arancio degli alberi, accendendone i colori fiammeggianti, disegnando arabeschi luminosi sul suolo profumato di terra bagnata. Le foglie cadevano come pioggia primaverile fra i tronchi neri, snelli, slanciati degli alberi. Lo scrittore Edward passeggiava fra di essi, corrucciato, con le mani nelle tasche del suo lungo cappotto e i capelli rossi che lanciavano bagliori tutt'intorno ogni qualvolta venivano sfiorati da un raggio. Contemplava la vegetazione infuocata nella speranza che qualcosa squarciasse il cupo nulla nel quale era piombato; il blocco dello scrittore lo tormentava da un mese e un giorno. Non aveva più parole, rimaneva ore ed ore a fissare il vuoto mordicchiando una penna, sforzandosi di scrivere almeno una frase che riflettesse la sua antica abilità; il modo in cui un tempo accostava le parole era semplicemente sublime, quello che scriveva assumeva tinte armoniose e bellissime, tenui o brillanti, e produceva un suono meraviglioso, assolutamente musicale. Ora non aveva parole neanche per salutare le persone, o per scrivere le liste di ciò che doveva comprare. Per non parlare dell'inesauribile fonte d'ispirazione che costituiva per lui il mondo. Aveva scritto libri impeccabili e perfetti dopo aver visto un grumo di polvere dalla forma strana, il carattere svolazzante di una firma, un piccolo fiorellino pressato in mezzo al marciapiedi che recava impressa nel delicato tessuto del petalo una R della suola che l'aveva brutalmente schiacciato. Adesso la sua immaginazione necessitava di molto di più per essere stimolata, per questo si era recato in quel bosco avvolto nel mantello infiammato dell'autunno. Le foglie bagnate frusciavano sotto ai suoi piedi rilasciando il loro profumo di umido, funghi e terra. Edward si guardava intorno e ascoltava il silenzio, ma le parole rimanevano intrappolate nel luogo dal quale solitamente provenivano. Sospirò forte e si lasciò scivolare lungo il tronco di un albero fino al morbido suolo; tenne la testa fra le mani, stropicciando i capelli freddi con le dita. Era bloccato. Scosse la testa, mugolando piano come un bambino, arrabbiato e frustrato. E mentre respirava lentamente appoggiato al legno scuro e profumato cadde nel sonno.
Il bosco rumoreggiò per un poco attorno a lui, nella speranza di svegliarlo, ma non vi fu verso, non si mosse neppure. Neanche quando nel silenzio iniziarono a riecheggiare passi sempre più vicini Edward si riscosse. I passi appartenevano a una decina di giovani donne, bellissime e silenziose, dalle chiome scintillanti e le movenze leggiadre. Avanti a tutte camminava un uomo estremamente alto e calvo, con gli occhi di colore diverso. Profumava di fiori d'arancio. Un vecchio gufo planò fra i tronchi scuri e sparì. L'uomo interruppe il suo incedere fluido quasi all'improvviso, come fiutando che qualcosa nell'equilibrio generale si era spezzato. Si voltò verso le sue consorti e fissò lo sguardo su una di loro, dalla pelle diafana che sembrava spandere un lieve luminescenza. Lei lo guardava con occhi luccicanti, decisa ma al contempo timorosa
<<e così vuoi tirarti indietro?>> domandò l'uomo con voce melodiosa. Aveva un'espressione fredda e distaccata, ma dentro di sé stava adirandosi. Lei annuì piano
<<non puoi farlo, è troppo tardi. Quando tu hai accettato di vivere questa vita hai avuto molte occasioni per ritirarti. Adesso devi rassegnarti e seguirmi, sempre. Andiamo avanti>>. Le altre donne osservarono prima l'uomo, che si era voltato e aveva ripreso a camminare, poi la piccola ribelle, che non si muoveva, tremando appena. Le lanciarono sguardi d'avvertimento, di solidarietà, una le sorrise piano, poi si avviarono lentamente. Lei rimase ferma, lo sguardo puntato sul piccolo gruppo, le braccia lungo i fianchi, aspettava. Edward mosse appena la testa mentre sognava come un bimbo.
<<hai scelto>> disse l'uomo. La sua leggera luminosità parve scomparire. Era libera.
Dal profondo del bosco si udì l'abbaiare di cani da caccia. Si avvicinavano di corsa. La giovane donna ebbe un sussulto di consapevolezza, scattò in direzione dell'albero più vicino e prese ad arrampicarsi il più rapidamente possibile, per quanto le vesti ondeggianti lo permettessero. La superficie del tronco fortunatamente non era completamente liscia ma attraversata da protuberanze legnose e rami troncati, sui quali appoggiò mani e piedi. Arrivò al primo ramo contorto proprio quando i cani si precipitavano sotto la pianta, rabbiosi, con il pelo rizzato, gli occhi maligni, e presero ad attaccare il tronco in ogni modo possibile, con le unghie, i denti aguzzi, i corpi gonfi di odio. La donna si inerpicava su per i rami fra le foglie arancio, gialle e dorate, mentre la luce del sole prendeva a giocare con i suoi capelli. Quando fu sicura di essere abbastanza in alto si fermò su un grosso ramo e diede uno sguardo in basso; i mastini ululavano rabbiosi e seguitavano ad attaccare l'albero. Il suo cuore era come impazzito e respirava affannosamente, ma almeno ora era libera. Purtroppo però d’ora in poi avrebbe dovuto condurre un'esistenza sugli alberi, perché quei mastini erano infernali e sembravano nutrirsi della paura delle loro vittime. La ragazza appoggiò la schiena al tronco rassicurante e si guardò le mani pallide, le dita che tremavano ancora.
Edward si mosse ed emise un lieve lamento; stava facendo un incubo.
Soffiò un vento gelido che portò le note leggere di una chitarra. La donna inclinò il capo; chi poteva essere? Si spostò sul ramo e allungò la testa per vedere chi fosse. Non c’era nessuno ma i cani avevano smesso di latrare. Giacevano a terra, addormentati profondamente. Com’era possibile?
<<puoi anche scendere se vuoi. Non ti daranno più fastidio>>disse una piccola voce. La giovane donna scese di qualche ramo e si affacciò; ai piedi dell’albero c’era un bambino dai capelli bianchi come la neve
<<come puoi esserne così sicuro?>>domandò la donna
<<li ho addormentati. Quando si sveglieranno saranno in pace con te e il mondo esterno>>il bimbo le mostrò la chitarra che teneva in mano<<allora, scendi o no?>>. Lei tergiversò
<<hai i capelli così bianchi…>>
<<si. Sono nato vecchio>>
<<ah….>>
<<so molte più cose di te e di quel tizio che dorme laggiù messi assieme>>indicò l’ignaro Edward
<<chi?!>>
<<non ha importanza. Non capisco perché non ti fidi di me>>
<<e se una volta scesa i cani si svegliassero e mi sbranassero? Non voglio fare una fine del genere>>
<<non ti preoccupare, non succederà. Sei appena uscita dalla tua vecchia, orrenda vita. Non ti attirerei in una trappola del genere>>. La giovane donna rimase un momento appollaiata sul suo ramo, poi si decise e scese giù. Atterrò a terra con un tonfo sordo attutito dagli strati di foglie. Il bimbo le sorrise. Lei guardò i cani terrorizzata, che sognavano muovendo appena le zampe robuste. Non accennarono a svegliarsi. Sorrise a sua volta
<<grazie>>disse
<<voglio farti vedere la mia ultima invenzione>>disse lui, estraendo dalla tasca dei pantaloni un recipiente di vetro scuro.
<<Man Lo!>>gridò, facendo sobbalzare la giovane donna. Si sentì il suono di passetti leggeri e veloci e dal folto degli alberi emerse una bimbetta con gli occhi a mandorla. Si fermò vicino a loro e fece un sorriso
<<eccomi! Scusa il ritardo!>>esclamò euforica. Era zuppa d’acqua ma non sembrava avere freddo.
Il bambino la guardò appena e svitò il tappo a forma di sfera del recipiente, fino a toglierlo completamente; attaccato ad esso c’era un lungo stelo in vetro più chiaro, che terminava in un cerchio sottile e cavo
<<fate attenzione>>disse con sguardo concentrato. Intinse più volte lo stelo nel recipiente e lo estrasse completamente. Sgocciolava un liquido profumato. Avvicinò il cerchio alle labbra e iniziò a soffiare piano. Da esso si formò una bolla trasparente, che si ingrandiva a poco a poco. Divenne grande come la sua testa, poi come quella della donna che li fissava entrambi rapita, poi raddoppiò, sempre di più, fino a che divenne grande abbastanza da poter inglobare la bambina. Lei, ad un breve cenno del bambino dai capelli bianchi, avvicinò la mano alla bolla trasparente, sulla cui superficie si muovevano forme lievemente colorate e si rifletteva il bosco. A contatto con essa, la mano venne inglobata, insieme al braccio e tutto quello che veniva dopo. La piccola Man Lo sorrideva da dentro la bolla e si guardava attorno entusiasta. Il bambino smise di soffiare e diede un colpo secco con lo stecco, in modo da far staccare la sfera, che volteggiò per un momento a qualche centimetro da terra e poi prese a salire molto lentamente.
<<perfetto!>>esclamò il bambino<<è riuscito! Ci vediamo su alla collina!>>. Man Lo sorrise in risposta e salutò la ragazza con la mano.
<<incredibile>>disse lei<<ma come hai fatto?>>
<<ho passato anni ed anni a fare bolle di sapone. Alla fine sono riuscito a creare un sapone tale, profumatissimo fra l’altro, da poter contenere persone di piccola taglia. Bello, eh?>>. Alla giovane donna sfuggiva l’utilità di tale invenzione ma non disse nulla
<<beh, adesso devo correre alla collina o succederà qualche guaio. Goditi la tua nuova vita!>>esclamò richiudendo il recipiente e infilandolo nella tasca
<<ciao>>disse lei un po’ perplessa, dopo un’occhiata alla bolla che si allontanava placidamente. Il bambino corse via.
Edward iniziò a russare piano.
E mentre lei pensava a che cosa avrebbe fatto adesso che si schiudeva davanti a lei una nuova vita, udì un botto enorme poco lontano. Sobbalzò violentemente, terrorizzata all’idea che i cani si svegliassero e corse a vedere cos’aveva prodotto il suono improvviso. In mezzo ad una piccola radura, immerso fra le foglie fruscianti, giaceva riverso un uomo nudo con enormi ali di piume corvine. Tremavano appena e la sua schiena si alzava e abbassava velocemente. La donna rimase immobile per qualche momento, poi si avvicinò. I suoi piedi emisero un frusciò troppo forte e la creatura si rialzò di scatto, quel movimento azzardato dovette produrre una fitta di dolore, perché si accasciò nuovamente a terra con un lamento flebile. Superati i dubbi costituiti dal suo stato di nudità, la giovane donna decise di avvicinarsi ancora. Si accucciò davanti a lui
<<hai bisogno di aiuto?>>domandò. Lui alzò piano la testa, rivelando occhi privi di iride, con la pupilla nera e piccola
<<dipende. Hai cattive intenzioni?>>chiese con una smorfia di dolore
<<no, perché dovrei?>>arrossì un po’, ma era sincera
<<bene, allora. Per favore, aiutami ad alzarmi>>. Le tese una mano, che lei prese con riluttanza. Il suo peso che quasi la fece cadere, barcollò un po’, ma l’essere riuscì a tirarsi in piedi, appoggiandosi al suo braccio e tenendo una mano premuta sul torace. Allargò lentamente le ali enormi e fece un mezzo sorriso
<<grazie>>disse. Da lontano provenne un urlo disumano e la sua espressione mutò. Bofonchiò qualcosa fra i denti bianchissimi e scrutò fra gli alberi
<<devo andare, ma voglio ricompensarti. Che cosa vuoi in cambio per la tua gentilezza?>>
<<dove sei diretto?>>
<<devo andare ad ovest, devo seguire il sole. Sulla cima di una montagna>>
<<puoi portarmi con te? Potresti lasciarmi da qualche parte lungo il tuo percorso>>. Lui parve dubbioso. Il torace gli faceva male, ma lei sembrava leggera
<<d’accordo. Ma ti avverto, potrebbe essere pericoloso>>. Un secondo urlo più vicino squarciò l’aria
<<perché? Che cosa sta succedendo? Cercano te?>>. Lui annuì corrucciato
<<dobbiamo andare o sarà la mia fine>>mormorò. Lei assentì brevemente e lanciò un’altra occhiata dietro di sé. La creatura la afferrò per la vita e spiccò il volo, trascinando dietro di sé una scia di foglie che ricaddero lentamente al suolo.
Edward abbracciò affettuosamente il tronco al quale appoggiava, quando dal profondo del bosco emerse una lettiga trasportata da quattro uomini dal viso triste, sulla quale sedeva fra cuscini e coperte pregiate una donna grassa e furiosa, grondante di sudore e odio. L’attorniavano altri personaggi armati e crucciati.
<<se n’è già andato, sfaticati che non siete altro! Siamo riusciti a centrarlo e l’abbiamo perso perché siete dei deficienti privi di muscoli e di tenacia! Stupidi! Adesso dovrete correre per tutta la notte, non vi fermerete mai, neanche per bere, mi avete sentita, tutta la notte. E se non riusciremo a raggiungerlo prima che sorga il sole vi fustigherò a lungo fino a che stramazzerete al suolo. E ora muovetevi! Muovetevi!>>strillava così, e andò avanti a lungo, agitando in aria le mani grassocce ornate di anelli che catturavano la luce. Al suo passaggio i cani dormienti si svegliarono improvvisamente. Si guardarono intorno, si grattarono le orecchie si esaminarono a vicenda e come di comune accordo si unirono alla processione di uomini armati che seguiva la lussuosa lettiga e la sua ingombrante passeggera, che continuava a strillare insulti e lanciava di tanto in tanto qualche urlo di rabbia. Quando finalmente la sua voce si estinse a causa della distanza quella parte del bosco parve tirare un sospiro di sollievo. Un cigno in volo attraversò un raggio di luce, provocando un enorme lampo bianco che riscosse Edward. Lo scrittore aprì piano gli occhi e rabbrividì; l’umidità del terreno gli era penetrata fin dentro le ossa, con il risultato che aveva molto freddo. Si rialzò piano, lamentandosi di un dolore che stava sorgendo alla base della sua povera schiena. Scosse abbondantemente il fondoschiena dalle foglie, sospirò tristemente e si avviò verso casa.
12345
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
- Ganzo, molto interessante questa tecnica.
- hey ciao.. ale sai è veramente bellisimo rileggerlo è ancora più bello che leggerlo per laprima volta! bravissima!
- bello, molto. ha la stessa struttura dell' altro racconto: introduci una storia, la interropi per introdurne una seconda intimamente collegata alla prima. infine riprendi la prima storia che inaspettatamente continua il suo svolgimento indipendentemente dai fatti accaduti nella prima
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0