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QUEL SABATO POMERIGGIO
Un sabato pomeriggio come tanti, il bar, gli amici, una partita a carte. Lei era carina come sempre, i capelli biondi, un sorriso semplice e quegli occhi eternamente tristi. Da tempo, tra di noi, si era creata un’intesa, una sorta di complicità, qualche battuta, qualche complimento, cose dette, altre lasciate a metà. Era diventato normale, incrociare lo sguardo e sorridere, succedeva spesso. Di solito la cosa finiva lì, quel pomeriggio no.
Mentre l’aspettavo seduto fumando una sigaretta dopo l’altra, l’abitacolo della mia utilitaria trasformato in camera a gas, riflettevo sulle debolezze degli uomini. Il plurale mi aiutava a sentirmi meno stronzo.
La neve non smetteva di cadere da giorni, il paesaggio inusuale, sembrava una immensa cartolina natalizia, avevo parcheggiato in uno spiazzo davanti ad un ristorante chiuso da anni, accesi la radio e rimasi in attesa.
La lancetta dell’orologio sul cruscotto scandiva il tempo, non so dire se lentamente o in fretta, cambiavo umore ogni tre secondi, passando dall’impazienza, alla speranza che non venisse. L’impianto di riscaldamento non reggeva il confronto con la temperatura che continuava ad abbassarsi, misi in moto un paio di volte per evitare di restare bloccato, finalmente vidi lampeggiare una freccia, lo sportello si aprì e insieme ad una folata di ghiaccio mi ritrovai con la sua lingua bollente, sulle mie labbra “siamo ancora in tempo a non farci del male” disse d’un fiato, e riprese a baciarmi con foga.
Ho ripensato innumerevoli volte a quel momento, potrei ricostruire con assoluta certezza ogni movimento, se mi concentro rivedo il contesto con dovizia di particolari, ma non ricordo quasi nulla di quello che ci siamo detti, la rivedo scendere dall’auto, sorridermi e allontanarsi.
Un misto di esaltazione e di paura che non mi ha mai abbandonato del tutto, anche adesso a distanza di tanti anni, quei ricordi mi mettono in agitazione.
La sua vitalità era dirompente, anche se alternava momenti di grande euforia a momenti di grande tristezza. “Smettila, non sopporto quando mi guardi in quel modo.” Non rispondevo quasi mai, d’altronde, lei non aveva bisogno di risposte, aveva solo bisogno di sentirmi vicino. A volte penso che avesse bisogno di sentire vicino qualcuno, qualcuno che l’aiutasse a non sentirsi sola, inutile, vuota. Io ero passato al momento giusto.
È un pensiero duro, cattivo. Ingiusto.
A chi vuoi far male, a lei o a te?
Poi ripenso ai nostri pomeriggi sul fiume e il puzzle si ricompone. Il pensiero non rispetta la sequenza del tempo, il pensiero è libero, se ne frega della realtà, delle tue coerenze, ma nemmeno lui può vincere le tue paure, anche se non smetterà mai di combatterle.
Accesi il motore, ma rimasi immobile, continuavo ad osservare la strada, le auto che procedevano a passo d’uomo, la luce artificiale dei lampioni che squarciando il buio illuminava i fiocchi che continuavano a cadere.
Avrei voluto fermare quel momento, avrei voluto conservarlo per poterlo rivivere. Tornai a casa, lentamente, gli alberi sembravano cedere al peso della neve, qualche passante, cercava di evitare gli spruzzi di fango e acqua.
“No, ormai non siamo più in tempo” Probabilmente non lo siamo mai stati. E in ogni caso, meglio rischiare di farsi del male che sentirsi vuoti, inutili, soli.
I giorni trascorrono veloci, ti senti invulnerabile, ti abitui ad essere felice, capisci cos’è la sofferenza, quella vera, non quella che credevi di conoscere.
Guardi il cielo, è lì, ma non ti aiuta.
Ti sembra impossibile che tutto questo stia davvero succedendo. Allora aspetti, aspetti che qualcosa succeda, Succede sempre qualcosa. Succede o siamo noi a farlo succedere?
Poi, tutto passa, trascorrono i giorni, il tempo sembra si sia fermato. Continuo a non capire, se va troppo piano o troppo in fretta.
Ma questa volta non stai aspettando nessuno.
Non ti accorgi dei giorni, ma ti ritrovi a contare gli anni, i ricordi si accumulano, e nel tuo contenitore virtuale, il passato comincia ad occupare più spazio del futuro. È una sensazione strana, cerchi un lampo, un fatto, un episodio, ma alla fine non capisci quando è successo.
Ti giri, guardi indietro e non vedi nessuno; ma sai che lei c’è, non sai dove, non sai con chi, ma sai che c’è.
Ascolti i rumori, un clacson lontano, le risate di un bambino, l’abbaiare di un cane.
Fa un caldo bestia, ma tu riesci a vedere gli alberi carichi di neve. Senti delle voci, ascolti con attenzione, ti sembra di sentirla, anche se non riesci mai a distinguere le parole.
Ricordi di aver letto da qualche parte che un se e un anche, trasformano un pensiero in un rimpianto.
Non importa, nessuno potrà sottrarti i tuoi ricordi.
Nessuno.
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0 recensioni:
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Anonimo il 11/07/2011 19:04
Pensare al plurale che tutti gli uomini siano stronzi solleva anche me... e poi quel " Siamo ancora in tempo a non farci del male " l'ho già sentito... hai copiato una che conosco?
Il racconto è ben scritto e non contiene parti distrattive, bravo.
- Difficile come dirsi la verità. Sei stato Bravissimo.
Anonimo il 01/08/2008 16:48
Nostalgia, rimpianto, malinconia permeano tutto il racconto.
Brevi struggenti momenti consegnati all'immortalità del ricordo, all disanima.
Un brano chiaro e lucido che distingue il narratore capace e preciso.
"... passavo dall'impazienza alla speranza che non venisse..." chissà perchè, capita proprio così.
- Eccomi tornata a te Ivan!... e ho fatto bene!... Questo racconto è piacevolissimo!
Hai la grande dote di esprimerti con chiarezza e semplicità e di descrivere le scene con tale precisione di particolari che il lettore quasi le vede.
Il tema dei ricordi poi è a me caro..."Nessuno può sottrarti i tuoi ricordi" perchè nulla ci appartiene di più dei ricordi.
Un forte abbraccio...
- Mi è sembrato di vedere un film in bianco e nero... il fumo della sigaretta, la neve, la luce fioca dei lampioni... e poi la frase: ".. meglio rischiare di farsi del male che sentirsi vuoti, inutili, soli.." è molto triste, ma in certe situazioni si è portati a rifletterci sopra..
Davvero un bel racconto.
- molto belloanche questo, descrivi in ogniparticolare un momento importante trascorso e mi accorgo come i ricordi rimangono indelebili dentro di noi.
Potrei raccontare minuziosamente di alcune esperienze e ogni volta mi sorprendo nello scoprire che tutto è rimasto intatto dentro di me, anche gli odori.
Bravissimo Ivan
Anonimo il 25/11/2007 21:29
Bel racconto, letto tutto d'un fiato.
Con i tuoi scritti semplici ma ricchi di suggestive immagini, chiudi gli occhi e scorrono davanti alle palpebre chiuse, fotogrammi delle tue parole.
I ricordi, sono tatuaggi dell'anima che nessuno potrà cancellare, sono necessari quando attraversi selve oscure, sono come piccoli lampioni che continuano ad illuminare questa vita imprevvedibile.. Ero da un po' che non leggevo un tuo racconto, questo mi è piaciuto molto.
Ciao Ivan
Angelica
Anonimo il 23/11/2007 14:08
I sentimenti che accompagnano prima la speranza nell'attesa del futuro, poi la nostalgia nel ricordo del passato; il tutto arricchito dai dubbi del presente.
Racconto scorrevole e molto ben studiato.
Come sempre... Bravo Ivan!
- Uno scrittore che ha davanti un futuro di grandi soddisfazioni.
- Il tuo racconto è molto gradevole e invita alla riflessione. Ciao
Ignazio
- Hai ragione Ivan, nessuno potrà mai sottrarci i nostri ricordi, né dalla mente né dal cuore… belli o brutti che siano, ne faremo tesoro, perché hanno segnato il percorso della nostra vita, e ci hanno aiutato ad affrontarla…
Ti abbraccio, con un sorriso!
- Un bellissimo racconto fatto di ricordi, di memoria... per me è importante vivere le cose che ci accadono più che si può, tanto nessuno saprà mai dire se sono giuste o sbagliate, forse solo Dio. Perchè non viverle però? Sono scelte di vita anche queste. Un saluto.
- "... ma dammi indietro,
la mia seicento
i miei vent'anni
e una ragazza che tu sai..." (Vecchioni). C'erano certi momenti, mentre leggevo, che dicevo, mi sa che qualche appunto glielo devo fare. Poi alla fine con la tua penna ai rimescolato i miei ricordi, ed è sato intenso, quindi grazie.
- Ivan nelle vene hai l'inchiostro non il sangue. È bellissima, una perfetta fusione tra poesia e prosa.
Simona (tua fan numero uno)
- racconto ben scritto che si fa leggere d'un fiato ed apprezzare
le sensazioni che descrivi mi sono profondamente familiari.
- Molto ben descritta la scomparsa improvvisa di un amore, prima ancora di capire quanto fosse importante... svanisce come nel nulla e lascia questa scia di rimpianto, poi ricordo, poi rifugio che dura per sempre. È bello, anche se credo sempre meno alla consolazione dei ricordi.
- .. belli.. e tristi.. ma pur sempre ricordi.. (leggi l'incontro)
- sto leggendo questo tuo racconto con un sottofondo musicale.. quelle strane casualità che hanno un che di magico e fanno sì che la voce roca del cantante e la malinconia dei violini si sposino meravigliosamente con l'atmosfera e le sensazioni che mi hanno trasmesso queste tue parole.. mi sembrava di sentire il gelo della neve, ma anche la dimensione incantata che regala.. l'attesa, il cuore che batte, la paura di soffrire che litiga con l'energia del cuore che VIVE.. e i ricordi, angeli demoniaci che mai si separeranno da noi, nè in questa vita, nè in quelle future...
come sempre, Ivan, i tuoi film-racconti rapiscono dalla prima all'ultima sillaba
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