Amalfi, 10 novembre 2007.
Ti sottovaluti, Laura. Tu non hai compreso tardi.
Il gioco di cui parli è il nostro gioco. Nostro, sì, non solo mio.
Assurdo, certo. Crudele, a volte. Come il tentativo di strapparti alla vita a cui io stesso ti ho affidato.
Ma assurda, Laura, è anche la tua ricerca della mia amicizia.
Assurda e crudele è la tua voce al telefono nelle sere e nelle notti della tua solitudine.
Cerchi me, L. Nessun altro mai. Perchè?
Non hai bisogno di me, lo so. Non hai bisogno di me mentre corri, lavori, progetti, realizzi. Ma quando ti fermi, quando ti stanchi, quando senza paura cerchi la tua memoria, allora cerchi me, Laura, e non puoi farne a meno.
Io ti dono un sogno. Uno spazio senza tempo in cui sei libera di entrare quando vuoi. Una calda piscina dove puoi immergerti se fuori è freddo. Un prato per stenderti al sole.
Quanti anni ha ora la mia piccola? Non lo so.
Nuota nella mia piscina, ascolta la mia musica, le nostre canzoni, legge le mie poesie. Come nel tempo intatto del nostro insieme.
Nessuno, L, può sentirsi offeso, e nessuno, oltre noi, può abitare questo luogo-sogno. Solo tu ed io.
Non scappare, non pentirti. Non mentire a te stessa.
Io darò a questo sentimento il nome che vorrai. Oppure non darò nome a nulla e la tua voce sarà la tua voce, il tuo respiro solo il tuo respiro.
Io custodisco tutto questo, Laura, e continuerò a farlo.
Sarà come abitare la stessa casa, ma senza mai incontrarci.
Tu troverai là dentro le mie poesie, la mia chitarra, qualche fotografia, i miei libri. Mi lascerai le tue lettere, i tuoi pensieri, i segni della tua presenza silenziosa.
Partirai. Tornerai quando vorrai.
Ti aspetto.
A