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L'enigma della statuina di Faience

I
Lord Pinkerton

Ancora pochi minuti di vita per il 1899, poi il nuovo anno avrebbe fatto il suo ingresso tra il fragore dei festeggiamenti. Jonathan Newberry era lì seduto sulla poltrona del suo vecchio studio, con lo sguardo fisso sulla fiamma del lume e la mente che ripercorreva i drammatici avvenimenti di quel maledetto 1899. Per lui era solo un anno da dimenticare ma sapeva bene che non sarebbe stato facile. Aveva solo pochi giorni di tempo per organizzare il suo trasferimento dalla grande, vecchia casa di Londra all’appartamento al primo piano di una villa disabitata nella contea di Berkshire. Ma come poteva un uomo di quarant’anni lasciare il luogo in cui era vissuto per tutta la vita e cambiare da un giorno all’altro ogni sua abitudine?
Tutto cominciò cinque mesi prima. Jonathan, quel giorno era immerso nella stesura del suo ultimo romanzo. La sua penna scivolava veloce e sicura sulla carta immacolata. Era quasi arrivato alla conclusione del suo dodicesimo libro: “L’ennesimo successo "pensava-.“
I cinque rintocchi del grande pendolo lo riportarono alla realtà, di lì a poco sua moglie Elisabeth lo avrebbe raggiunto nel suo studio per il consueto tea delle cinque, in quello stesso istante il campanello dell’uscio trillò.
“Strano, -pensò Jonathan- quest’oggi non aspettavamo nessuno.” La curiosità lo spinse fuori dello studio. Dal ballatoio del primo piano si poteva vedere la sala d’ingresso del piano inferiore. Vide, infatti, la domestica correre verso l’uscio ed aprirlo. Un’alta figura d’uomo apparse quasi come uscita dalla fioca luce del crepuscolo, resa ancora più impenetrabile da una nebbia cosi fitta, da insinuarsi in casa attraverso l’uscio appena aperto. L’uomo avanzò di qualche passo poi alzò lo sguardo verso l’alto mentre con la mano sinistra si toglieva il cappello. Jonathan lo guardò ed in un primo momento non lo riconobbe, ma fu solo per un attimo, pian piano il viso dello sconosciuto lo riportò ai tempi dell’Università:
“George, -gridò Jonathan- George Pynkerton, amico mio, quanti anni sono passati dall’ultima volta?”
I due si abbracciarono commossi, poi una volta rotto il ghiaccio si diressero verso lo studio di Jonathan.
George Conte di Pynkerton era un ricco possidente dello Yorkshire trapiantato a Londra, si era laureato in lettere e filosofia e poi si era dedicato unicamente ai viaggi avventurosi nelle terre orientali, sempre a caccia d’oggetti da collezionare o di tesori leggendari. Non si era ancora ammogliato e nonostante i suoi quarantadue anni aveva ancora fama di grande e pericoloso seduttore. Amante del bel mondo e delle feste mondane, era molto ricercato negli ambienti aristocratici, dove le giovani debuttanti lo corteggiavano per la sua avvenenza e le loro madri per la sua ricchezza. George tornava, infatti, dal suo ultimo viaggio nella terra d’Egitto dove era rimasto per quasi un anno, vagando tra tombe e templi sepolti alla ricerca di fama, gloria e oggetti antichi per arricchire le sue collezioni. Quando non era in viaggio, Pynkerton, oltre alle donne ed alla bella vita era anche un accanito giocatore, anche qui molto temuto poiché pare che una volta seduto al tavolo da gioco, difficilmente ne uscisse sconfitto.

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