Una figura, quasi immobile, nel folto del bosco.
L’abito bianco rendeva grigia la neve, ed i suoi occhi impuri gli smeraldi.
In vento fresco le carezzava la pelle morbida, facendo ondeggiare i suoi capelli castani nell’aria di dicembre, come dotati di vita propria, scoprendo due fini orecchie appuntite.
Davanti a lei, un uomo.
La sua armatura nera splendeva nella luce della luna piena, il suo mantello volteggiava dietro le sue spalle.
Tendeva una mano alla ragazza.
I suoi occhi la supplicavano dolcemente di non scappare, come se fossero loro i colpevoli di quelle azioni che l’avevano fatta fuggire.
Lei sorrise, un sorriso triste, da mille parole.
“No…” sussurrò “hai aspettato troppo, amore mio…”.
Una lacrima d’argento scivolò lungo la sua guancia, una sola, perché non le piaceva piangere.
L’uomo scosse la testa.
“ti prego… torna da me…”.
La giovane si voltò, inoltrandosi nel folto del bosco. Scomparve.
L’uomo si inginocchiò, battendo i pugni sul terreno gelato.
A terra, dove l’elfa stava in piedi, c’era un anello.
Legno ed argento. Come quello che lui portava al dito.
Era andata via. Non sarebbe più tornata. Strinse l’anello nella mano.
Le lacrime gli offuscarono la vista, e pianse tutte quelle che aveva.
Non aveva paura di piangere…