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VIAGGIAR PER... SARDEGNA - Verde e mare, monti e sabbia: un tuffo nel passato. "Sardegna... quell'angolo di... Paradiso"
Quando leggo sul programma del CAI: “19?"27 Maggio Trekking in Sardegna”, alla scoperta del Gennargentu (Barbagia e Supramonte) penso ad un’occasione unica. Penetrare nel cuore della Sardegna, entrare a contatto con una natura ancora incontaminata, è un impulso che preme fortemente nelle mie vene e che non riesco a mettere a tacere. È una gran sete da saziare, è andare a ricercare in un certo modo le mie radici, poiché vivere staccati dalle proprie radici è come vivere in un mare senz’acqua.
E quando, alle 20. 30, insieme ai miei 34 compagni di viaggio, salgo sulla nave che mi porterà in questa mia nostalgica e calda isola, sento già un senso di liberazione. La mia è la sensazione di un forzato sciolto dalle sue catene e finalmente libero di correre.
La vista ed il profumo del mare, che sorbisco sempre con gli occhi, per quel fascino misterioso che suscita in me, mi dà un senso di benessere e d’euforia misto ad una triste incredulità, per quell’immensità impossibile da esplorare.
Il mattino dopo, a Porto Torres, troviamo ad accoglierci, sicuramente con una certa impazienza, viste le due ore di ritardo della nave, ma col solito calore della gente sarda, le nostre guide con i fuoristrada. Facciamo così la prima conoscenza di coloro che sarebbero stati i nostri accompagnatori per i prossimi sette giorni. Le loro facce simpatiche ci invogliano subito a familiarizzare con loro. Ecco, siamo in terra di Sardegna!
L’aria che si respira, nonostante la mattinata piovosa e grigia, è di rilassamento e di pace.
La prima tappa è il Museo Etnografico di Nuoro, aperto al pubblico nel 1976: “Il Museo della Vita e delle Tradizioni Popolari Sarde”. Il complesso rispecchia un Villaggio sardo immaginario, perché l’insieme architettonico è articolato in corpi edilizi, vialetti e cortili disposti sul pendio di un colle: vi possiamo ammirare dai costumi tradizionali ai dolci e pani tipici; dagli strumenti musicali alle armi e ai gioielli; dalle maschere dei carnevali più famosi della Sardegna ai tappeti ed arazzi dai tessuti pregiati, oggetti lignei e casse, da far gola tutti ad un fine intenditore.
Devo confessare che il nostro arrivo alla Cooperativa Turistica Enis, sul Monte Maccione, nei pressi di Oliena, mi lascia visibilmente sorpresa. Quando Michele Colonna, organizzatore del viaggio, mi disse che quest’anno, a differenza degli altri trekking, si sarebbe tornati tutte le sere a dormire nello stesso albergo, io mi aspettavo il solito anonimo albergo, che trovi in tutte le gite scolastiche. Troviamo invece una famiglia, calorosa ed accogliente. I Soci che gestiscono questa cooperativa ci mettono subito a nostro agio. Siamo accolti, per il pranzo, in “Su Pinnettu” (così chiamata la casa del pastore), locale caratteristico dove i nostri occhi sono subito allietati, e così pure la nostra gola ed il nostro stomaco, da una fila di spiedi, con infilzati diversi porchetti, posti attorno ad una brace accesa su un terrapieno, proprio davanti alle nostre tavole. Bisogna dire che pur essendo questa “entrée” uno dei piatti tipici della Sardegna, tutti gli altri pasti non ci lasciano mai con un buco nello stomaco. Ogni giorno un piatto diverso, dai ravioli di ricotta e spinaci al pane frattau, dalla pecora bollita, una piacevole sorpresa per la maggior parte dei partecipanti, agli gnocchi freschi, dalla salsiccia al pecorino, il tutto abbondantemente annaffiato da un buon cannonau che aumenta sicuramente il buonumore che trapela sempre dai nostri sguardi.
Il pomeriggio del giorno dopo, partiamo per la prima escursione, Monte Corrasi, guidata da Salvatore, esperto conoscitore della flora locale. Lecci ed alberi bellissimi, dalla folta chioma ed alcuni dal tronco direi coreografico, quasi intrecciato a bella posta da una mano fantasiosa, fanno da cornice e da tappeto a questo monte che sovrasta maestoso la struttura alberghiera che ci ospita.
E tutti i giorni è un susseguirsi di nuove scoperte e meraviglie. Verdi valli dove possiamo ammirare arbusti e piante endemiche, che mi riportano alla mente ricordi, luoghi e giochi della mia infanzia, alternate ad altipiani erbosi e passaggi dove i massi sembrano l’opera, più che del vento e della pioggia, di un misterioso scultore che si sia sbizzarrito con la sua fantasia e creatività. Così il percorso roccioso dal colore bianco-rosato alternato al rosso mattone dei costoni lungo la Valle di Lanaitto per raggiungere il Villaggio Nuragico dall’ormai famoso nome “Tiscali”, dolina carsica franata nel corso dei secoli, abitata da sardi preistorici, con le sue stalattiti e stalagmiti in continua formazione. Piacevole sorpresa durante il pranzo al sacco: in una fresca e verdeggiante radura, abbiamo come simpatici e discreti ospiti un branco di “maialini dai bargigli” che vivono allevati allo stato brado e che, pur non volendo disturbare troppo, si avvicinano con disinvoltura, aspettando alcuni bocconi che parecchi di noi offrono gentilmente, in cambio di qualche fotografia.
Tappa d’obbligo, le freschissime fonti de Su Gologone, sorgente carsica presso Dorgali, le cui acque danno vita al famoso fiume Cedrino, menzionato da Gabriele D’Annunzio, in una sua ”godereccia” ode al tanto gradito Nepente di Oliena (vino insulare).
Il ritorno alla base è sempre una festa, così come il percorso giornaliero a piedi e in Land Rover, allietato dall’armonica a bocca del nostro “musico” Nevio seguita dai nostri canti, ed intervallata da barzellette, risate, dalle pronte e vivaci battute di Angelo, dall’allegria e dai canti festosi di Olga: il tutto fa continuamente da cornice alle spiegazioni delle nostre simpatiche guide.
Tutto da fotografare il percorso alle Gole de Su Gorropu, canyon dai massi immensi che non posso fare a meno di scalare, in ricordo dei tempi andati, quando, adolescente, saltavo a piedi nudi da una roccia all’altra sulle costiere rocciose del mio mare, facendomi guadagnare l’appellativo di “capra sarda”. Freschissimo finale, il giorno dopo, al termine di un intenso quanto mai scenografico acquazzone, che regala meravigliosi riflessi argentei al bosco d’oleandri in cui è immerso il sentiero che porta alla spiaggia di Cala Luna nel Golfo di Orosei (e che profumo per le nostre narici!): un tuffo nelle limpide acque ed una fresca nuotata è quel che ci vuole per solleticare l’appetito che per la verità non manca mai, soprattutto dopo qualche ora di cammino. Pranzo dentro la profonda grotta e poi via, risalita per la strada del ritorno, con un panorama sottostante dai colori che nemmeno la mano del più esperto pittore saprebbe riprodurre!
Ancora bagno, il giorno seguente, a Cala Ginepro e pranzo ristoratore sotto la fresca pineta.
Ultima tappa del sabato, Orgosolo, coi suoi innumerevoli murales che riflettono la voglia di emergere, la sagacia e la ribellione del popolo sardo ai soprusi. Questa regione così povera e così orgogliosa, così calda e così ospitale, così gelosa e preoccupata di perdere la sua identità, è stata, nel corso dei secoli, continuo rifugio-saccheggio da parte di popoli di varia provenienza: Cartaginesi, Fenici, Romani, Spagnoli, Normanni che poco credo abbiano potuto depredare ad una terra così impervia, e per questo così bella, ad un popolo così tanto innamorato del suo suolo - non troppo generoso ma altrettanto spettacolare - e delle sue tradizioni.
Dal mare ai monti, dalle valli alle gole, è tutto un susseguirsi di scenari dai vari colori e dalle forme più strane. La macchia mediterranea, ricca di fichi d’India, rovi dalle more selvatiche, lentischio, cisto, mirto e corbezzolo, assenzio e poi ancora un mare di gialle ginestre, pini, querce, lecci dalle chiome foltissime, mi riporta agli anni ed ai profumi della mia infanzia.
Adesso so che, se avessi potuto, allora, penetrare più a fondo nel cuore della mia gente e della mia terra, se avessi scoperto quegli angoli di Paradiso, così come mi appaiono adesso, forse, in quel triste giorno di ottobre di tanti anni fa, non sarei più salita su quella nave del mio infelice e volontario esilio.
Non ho più voglia, come tanti altri credo, di risalire sulla nave del ritorno, ma, dico tra me e me, tutte le vacanze finiscono e poi bisogna tornare a casa.
Salutando le nostre guide, che ci hanno permesso di scoprire un pezzo di mondo veramente indimenticabile, sono assalita da un atroce dubbio: “Ma io sto tornando a casa o sto lasciando la mia casa? E dov’è più casa mia?”
Mi allontano dal gruppo, guardo il mare, saluto un ultimo gabbiano che graffia il cielo e, ricacciando indietro un pianto imprigionato da anni, salgo sulla passerella della nave che mi riporterà a Genova per far ritorno a Fossano.
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0 recensioni:
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- Vincenzo, mi lasci senza parole! Non so se merito tanto, certo è che quella frase "... e dov'è più casa mia?" Mi fa nascere nel cuore, ogni volta, una sofferenza che non si cancellerà più. L'esser partita per fuggire dall'infelicità, per ritrovarne una ancora più grande, mi sembra, se non fosse così triste, la storia buffa di chi, per lavarsi i piedi dal fango, mette i piedi in un fiume e poi affoga (questa l'ho inventata io adesso). Sì, amo tanto la mia terra e tutto quello che ho dovuto lasciare, gli affetti più cari e la mia infanzia ed adolescenza consumate tra spine pungenti.
Ciao a te, animo dolce e sensibile.
- E si sente e si percepisce molto l'amore per la tua terra, Ada. Piano piano sto leggendo tutte le tue opere, e devo dire che sto scoprendo una grande scrittrice: scrivi molto bene, pulito, senza errori, con grande proprietà di linguaggio e, soprattutto, riesci ad emozionarmi. È questo quello che io chiedo ad una persona che scrive, ed è la sensibilità, la delicatezza, la semplicità quello che mi piace in una donna.
Questo tuo racconto di viaggio possiede tutto questo, e la tua domanda finale: "Dov'è più casa mia?" è la domanda che si fanno tutti quelli (compreso me) che lasciano la propria terra per andare in un posto nuovo. Passano inesorabili gli anni, ma quella domanda diventa sempre più incalzante.
Ciao meravigliosa Ada.
- Questo non è un racconto nato dalla fantasia, è un racconto di viaggio. Amavo fare una specie di diario dei miei viaggi. E così è nato questo. In questo vissuto c'è tanta parte del mio cuore.
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