L’ affetto di un genitore può essere un'arma a doppio taglio: può farti sentire protetto, ma può anche tenerti prigioniero in una gabbia dalle sbarre invisibili.
Laura lo sapeva bene. Ci era cresciuta lì dentro. Ed ogni giorno sentiva quella prigione incorporea diventare sempre più piccola e soffocante, toglierle l'aria per respirare. Aveva deciso di scappare, di partire, di trovare la serratura di quella cella mentale. La chiave era andarsene, lontano dai suoi, da quel paese asfittico dove era cresciuta, desiderando soltanto lasciarsi indietro quella sensazione insopportabile di soffocamento che la stava facendo diventare pazza.
Credeva di potercela fare, di poter guardare la preoccupazione di suo padre continuare a crescere e gli occhi di sua madre riempirsi di lacrime. Quello sguardo umido e patetico che tante volte aveva significato rinunce forzate e brucianti rimpianti. Poi però la crisi di sua madre l'aveva bloccata, come un paio di manette ai polsi. I suoi singhiozzi erano risuonati per tutta la casa, le sue preghiere, le sue suppliche. insopportabilmente melense, eppure dolorose. Era crollata; non poteva, non ci riusciva. I suoi la coccolarono e viziarono: le dissero che non c'era nulla di male ad essere deboli. Lei aveva bisogno dei suoi genitori; ne avrebbe avuto bisogno per sempre.
Sola nella sua stanza, Laura non riusciva più a controllare quella sensazione di avere una mano stretta intorno alla gola che la stava soffocando. Doveva fare qualcosa, doveva liberarsi prima che fosse troppo tardi. Loro si sarebbero occupati di lei all'infinito, uccidendola col loro amore.
Li uccise lei prima di fare quella fine: una scala ripida, la cantina buia. caddero l'uno addosso all'altro con un tonfo sordo sul pavimento in terra battuta. Era libera. Respirava finalmente. Chiuse a chiave la porta della cantina e andò a dormire; tutte quelle emozioni l'avevano spossata. Si addormentò subito, ma si svegliò di soprassalto dopo alcune ore: le era parso di sentire un delicato fruscio, come quello del palmo di una mano che accarezza una superficie liscia e levigata. La porta della sua stanza era chiusa; la chiudeva sempre prima di andare a dormire. Stava per riaddormentarsi, quando il rumore fu ripetuto nuovamente, stavolta con maggiore decisione. Tremante, Laura si alzò dal letto e aprì lentamente la porta. I suoi genitori erano lì, o meglio ciò che ne era rimasto dopo quella terribile caduta. La testa di suo padre era rigirata più volte su se stessa, penzolante sulla spalla sinistra, mentre sua madre era di spalle, ma la stava fissando; la sua mente impiegò alcuni istanti a registrare il fatto che la sua testa era ruotata come una trottola, ritrovandosi in quella posizione totalmente innaturale.
"Non posso stare senza di te " sussurrò sua madre.
"Lo so" rispose Laura. E si gettò tra le sue braccia. Non poteva stare senza di loro. Ci aveva provato, ma non ci riusciva. Lei era una brava figlia, i bravi figli tornano sempre dai genitori.